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La grande espropriazione d’Europa

Il libro dell’economista Vla­di­miro Giac­ché, Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Ger­ma­nia e il futuro dell’Europa (Impri­ma­tur edi­tore, euro 18), è un libro con­tro­cor­rente per­ché smonta, attra­verso dati uffi­ciali e testi­mo­nianze dei pro­ta­go­ni­sti, per la quasi tota­lità tede­schi, l’ideologia domi­nante che ha pre­sen­tato la riu­ni­fi­ca­zione delle due Ger­ma­nie come un dato ine­lut­ta­bile e un evento di pro­gresso e di libe­ra­zione per i cit­ta­dini della Repub­blica demo­cra­tica tede­sca, final­mente entrati nel tem­pio del libero mercato.

Giac­ché ricorda che i movi­menti di oppo­si­zione nella Rdt chie­de­vano più demo­cra­zia, ma insieme riven­di­ca­vano il man­te­ni­mento dell’indipendenza sta­tale e della natura socia­li­sta del paese. Signi­fi­ca­tivo è l’appello Per il nostro Paese del 26 novem­bre 1989, dopo la caduta del Muro di Ber­lino, fir­mato da nume­rosi intel­let­tuali e espo­nenti poli­tici, che viene letto in tele­vi­sione dalla scrit­trice Chri­sta Wolf e in cui viene affer­mato il rifiuto di sven­dere il paese ai «cir­coli influenti della poli­tica e dell’economia della Ger­ma­nia Fede­rale». Ma que­gli stessi cir­coli, al di là della reto­rica sui diritti umani e sulla demo­cra­zia, erano in realtà inte­res­sati pro­prio a impos­ses­sarsi delle ric­chezze mate­riali e umane della Rdt. Inol­tre stava cam­biando il qua­dro inter­na­zio­nale con lo sman­tel­la­mento dell’Unione Sovie­tica ad opera del gruppo diri­gente gui­dato da Gor­ba­ciov, il quale, ricorda l’autore, diede il via libera al segre­ta­rio di stato sta­tu­ni­tense James Baker all’unificazione e all’ingresso della Ger­ma­nia uni­fi­cata nella Nato. A que­sto punto la strada era spia­nata per l’imposizione dell’Unione mone­ta­ria con la con­se­guenza che «le imprese della Rdt per­sero ogni pos­si­bi­lità di com­pe­tere con quelle dell’Ovest e i loro pro­dotti anda­rono irri­me­dia­bil­mente fuori mercato».

L’istituzione a cui fu affi­dato il com­pito di pri­va­tiz­zare l’intera eco­no­mia della Rdt si chia­mava Treu­han­dan­stalt (Isti­tuto di ammi­ni­stra­zione fidu­cia­ria), detta anche Treu­hand. I costi sociali di que­sta ope­ra­zione, accom­pa­gnata dalla scom­parsa della Rdt come entità geo-politica auto­noma, furono altis­simi: la distru­zione della base indu­striale della Rdt ha distrutto, dall’89 al 1992, 3,7 milioni di posti di lavoro a tempo inde­ter­mi­nato, ha emar­gi­nato l’élite intel­let­tuale (il 90 per cento dei pro­fes­sori e ricer­ca­tori uni­ver­si­tari è stato rimosso dal suo posto di lavoro), ha abo­lito il sistema sco­la­stico uni­ta­rio e poli­tec­nico della Rdt, ha deter­mi­nato l’emigrazione interna da est a ovest di quasi 2 milioni di tede­schi orien­tali, per lo più gio­vani con qua­li­fi­che supe­riori, ha pro­vo­cato lo spo­po­la­mento delle città dell’est che hanno visto la per­dita del 20–25 per cento della popo­la­zione. Un’operazione, come ha affer­mato lo scrit­tore Ste­fan Heym, fina­liz­zata a ren­dere la Rdt «una nota a pie’ di pagina della sto­ria tedesca».

I pro­fitti con­se­guiti dal capi­tale della Ger­ma­nia fede­rale nell’acquisto sot­to­co­sto dei beni pri­va­tiz­zati ha deter­mi­nato la cre­scita mate­riale e poli­tica della Ger­ma­nia. Le imprese pri­va­tiz­zate sono dive­nute sem­plici suc­cur­sali delle case madri dell’ovest e la ex-Rdt, sostiene Giac­ché, è stata tra­sfor­mata in un enorme ter­ri­to­rio colo­niale con i tratti di un mez­zo­giorno nel cuore dell’Europa. Que­sto gigan­te­sco pro­cesso di accu­mu­la­zione tra­mite espro­pria­zione a van­tag­gio del grande capi­tale finan­zia­rio e indu­striale dell’ovest si pre­senta nella sua irra­zio­na­lità quando si pensa che a tutt’oggi il 44 per cento della popo­la­zione dell’est vive di sus­sidi. Non sarebbe stato più razio­nale e meno dispen­dioso per lo Stato (cioè per i con­tri­buenti), si chiede l’autore, soste­nere l’apparato pro­dut­tivo dell’Est?

Il modello impo­sto alla Ger­ma­nia dell’Est, sostiene Giac­ché, è per molti versi simile a quello che acca­drà poi con l’Unione mone­ta­ria euro­pea e l’introduzione dell’euro, con le pri­va­tiz­za­zioni e con il dra­stico ridi­men­sio­na­mento delle poli­ti­che di pro­gram­ma­zione eco­no­mica da parte degli stati nazio­nali impo­sto dalla Bce, la com­mis­sione euro­pea, il Fmi. La crisi mon­diale del capi­ta­li­smo scop­piata nel 2007-08 farà il resto.

Il libro riporta un son­dag­gio sulla Rdt pro­mosso dal governo tede­sco nel 2009, in occa­sione del ven­te­simo anni­ver­sa­rio della caduta del Muro. Il 49 per cento dei tede­schi dell’Est ha affer­mato che «la Rdt aveva più lati posi­tivi che nega­tivi. C’erano alcuni pro­blemi, ma si viveva bene». Un ulte­riore 8 per cento era del seguente avviso: «la Rdt aveva net­ta­mente più lati posi­tivi. Vi si viveva più felici e meglio che oggi nella Ger­ma­nia riu­ni­fi­cata». Dopo que­ste cla­mo­rose rispo­ste, com­menta Giac­ché, il governo tede­sco ha deciso di non com­mis­sio­nare più son­daggi (o non ren­derli pub­blici) su que­sto tema.

da il manifesto

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