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Ci costeranno 40 miliardi, ma gli F35 sono dei catorci

La questione è ormai nota: nonostante la crisi nera che ha affondato milioni di famiglie e giustificato il taglio senza precedenti di welfare e diritti sociali, i governi italiani proprio non ne hanno voluto sapere di cancellare l’acquisto di 90 caccia F-35. Una commessa deciso nel 2009 dall’allora governo Berlusconi che si era impegnato a comprarne addirittura 131, ridotti a ‘soli’ 90 l’anno scorso dal governo Monti: 60 nella versione A e 30 nella versione B a decollo verticale (15 per l’Aeronautica e 15 per la Marina).

‘Solo 90’ si fa per dire, perché il costo stimato per il solo acquisto si aggira intorno ai 13 miliardi di euro, l’equivalente di una manovra finanziaria vera e propria. Ma a ben vedere l’Italia spenderà molto di più, forse addirittura 40 miliardi, se si tiene conto dei costi di esercizio e di quelli di manutenzione nei prossimi anni e del fatto che l’Italia è l’unico partner europeo che ha deciso di costruire un impianto per assemblare i caccia F-35 utilizzando componenti prodotte altrove. La fabbrica chiamata Faco è stata completata nella base militare di Cameri (Novara) a spese del governo, cioè dei contribuenti. Il costo è stimato in circa un miliardo di dollari. 

Un vero affare per l’Alenia, oltre che per Selex, Aerea, Secondo Mona e Sirio Panel che producono vari componenti dell’F-35 per conto della multinazionale Lockheed. 

Ma non per i cittadini italiani, che per comperare i caccia dovranno rinunciare a scuola, ospedali, lavoro, pensioni, manutenzione ambientale ecc. E a ben vedere non si tratta di un affare neanche per le nostre forze armate, visti gli innumerevoli problemi tecnici che fanno di quello che dovrebbe essere un velivolo da combattimento all’avanguardia un vero e proprio catorcio. Problemi così gravi da aver spinto nei mesi scorsi vari paesi – Canada, Paesi Bassi, Australia e Turchia – a sospenderne l’acquisto.

L’ultima tegola sull’efficienza dell’avveneristico F35 viene dagli Stati Uniti: un recente report confidenziale dell’U.S. Defense Department testimonia infatti che esistono dei problemi nel software di gestione dei caccia, problemi che potrebbero portare ad un ritardo nell’adozione dei cacciabombardieri della Lockheed Martin da parte dell’aviazione della marina americana (i «Marines»), che inizialmente aveva in programma di adottare queste tipologie di aerei a partire dalla metà del 2015. In un report di 25 pagine venuto in possesso dell’agenzia di stampa Reuters l’Us Defense definisce “inaccettabili” le prestazioni del software di gestione dei bombardieri. Il report, consegnato al Congresso Usa questa settimana, afferma che l’aeromobile è meno affidabile e più difficile da mantenere in efficienza rispetto a quanto sarebbe necessario affinché possa essere utilizzato efficacemente.

All’inizio dello scorso anno in Gran Bretagna un rapporto del National Audit Office – organismo parlamentare indipendente che ha il compito di monitorare l’attività del governo – svelava che i nuovi caccia non sono in grado di atterrare in presenza di particolari condizioni climatiche, ossia “con una temperatura calda, umida e caratterizzata da bassa pressione”.

 A marzo un rapporto del Pentagono aveva messo invece in evidenza altri difetti dei nuovi caccia. Il problema più grave – scriveva il Pentagono – riguarda la visibilità posteriore dell’F-35, perché nei duelli aerei il pilota non riuscirebbe a vedere nulla e il pericolo di venire abbattuto sarebbe altissimo. Il display nel casco di volo, inoltre, non fornirebbe un orizzonte artificiale analogo a quello reale. Il radar in alcuni voli di collaudo si è mostrato incapace di avvistare e inquadrare bersagli, o addirittura si è spento. Per non parlare del fatto che secondo vari studi il velivolo è assai sensibile ai fulmini…

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