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Montezemolo lascia Ferrari, Marchionne prende tutto

«Con effetto il 13 ottobre prossimo a conclusione del festeggiamento dei 60 anni di Ferrari in America. La Presidenza della Ferrari sarà assunta dall’Amministratore Delegato della Fiat, Sergio Marchionne».

Montezemolo era presidente della Ferrari dal 1991, «ha portato l’azienda a conseguire risultati molto importanti sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista sportivo. Una lunga storia di grandi successi alla Ferrari dove Montezemolo ha raggiunto traguardi di assoluto rilievo, con un team di eccellenza mondiale».

La nota della Fiat-Fca ammorbidisce i toni dispetto alla brutale rottura pronunciata da Marchionne due giorni fa, ma naturalmente non cambia una decisione che viene da lontano.

Quel che la nota non dice è che una Ferrari che non vince – alla lunga – fa perdere quota al mito. La Ferrari non vince un titolo di Formula Uno da ormai sei anni, nonostante abbia due piloti considerati tra i migliori, sebbene non più giovanissimi.

E il mito ha una sua sporca influenza sul prezzo di ogni singolo veicolo venduto sul mercato. Perché è certamente vero che il marchio è “un mix di tecnologia e estetica, reutazione e manifattura artigianalizzata”, tale da rappresentare “un paradigma della cultura industriale e del saper fare italiano”; ma tutta questa eccellenza deve continuamente nutrirsi di vittorie, altrimenti diventa modernariato. A prezzi troppo cari.

Il bilancio 2013 si è chiuso in ampio attivo, così come quella della “sorella” Maserati. Ma il futuro ha un’altra dimensione. C’è da quotare Ferrari in borsa, magari a Wall Street, visto che “Fiat ormai è americana” (Luca stesso dixit); bisogna riportare dentro Exor (la scatoletta finanziaria di famiglia che controlla tutta la matrioska multinazionale) quote azionarie che dovrebbero subire un’impennata verticale con la quotazione; c’è da vedere se tutte le società del “lusso” interne o vicne a Fiat (compresa la società di Giorgio Armani) possano essere in qualche misura fuse o rese “sinergiche”, per conquistare quote più ampie di mercato dai margini altissimi.

Ma, per l’appunto, questi margini si allargano e si restringono nella misura in cui “si vince” anche sportivamente. Quindi Marchionne prende la guida anche di questa fetta di ex Lingotto e dovrà trovare un manager in grado di risollevare l’immagine sportiva del Cavallino. Fuori all sua porta si farà presto la fila, ma non è detto che sarà facile fare la scelta giusta. Ossia vincente.

E’ il capitalismo multinazionale, bellezza! Il paese d’origine vale solo come suggestione o immagine (nel lusso “made in Italy”, però, bisogna fare attenzione a non dare l’impressione che il distaco sia troppo radicale; puoi vendere la Panda anche se è fatta in Polonia, ma se pretendi 300mila euro – minimo – per una quattroruote devi tenerti anche Maranello, o gestire il passaggio con lentezza e attenzione). Suona dunque quasi patetico il lamento di Montezemolo (“ormai Fiat è americana”), spazzato da una logica ferrea che lui stesso ha contribuito a rendere strangolante (è stato anche presidente di Confindustria, non dimentichiamolo).

Si consolerà con una bella liquidazione, che potrà variare dai 14 ai 50 milioni. Non piangeteci sopra, please.

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