Il modello mercatilista impoverisce tutti i paesi che lo inseguono. Si produce per l’export, comprimendo i salari interni e schiavizzando i lavoratori. Ma così si distrugge il mercato interno, la capacità di consumo, e quindi anche quella quota – maggioritaria – di produzione destinata al mercato nazionale. Il saldo finale, per le industrie, è quindi negativo.
La riprova si è avuta stamattina, con la pubblicazione dei dati dell’Istat a proposito di fatturato eordinativi per l’industria.
La notizia potrebbe sembrare a prima vista addirittura moderatamente positiva: sd agosto 2014 il fatturato dell’industria aumenta dello 0,4% rispetto a luglio, registrando un incremento sul mercato estero (+3,0%) e una flessione su quello interno (-1,0%). Si parla in termini di valore, non solo di volumi. Ed è risaputo che i prodotti industriali destinati all’exort sono anche quelli con i prezzi più alti, perché più ricchi di innovazione tecnologica oppureperché legati al “lusso” del made in Italy. Al contrario, i consumi interni – visti i livelli occupazionali e la dinamica salariale – si orientano progressivamente verso i prodotti di fascia bassa, quelli più esposti alla concorrenza deipaesi “emergenti”.
Nella media degli ultimi tre mesi, comunque, l’indice complessivo diminuisce dell’1,1% rispetto ai tre mesi precedenti (-2,0% per il fatturato interno e +0,7% per quello estero). Quindi il dato di agosto è appena un “rimbalzino” mensile all’interno di un andamento comunque negativo.
Corretto infatti per gli “effetti di calendario” (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di agosto 2013), il fatturato totale cala in termini tendenziali del 2,3%, con andamenti opposti sul mercato interno ed estero (rispettivamente -4,4% e +1,8%). Ancora una conferma delle tendenze storiche, dunque.
Lo stesso discorso può esser fatto per i diversi comparti porduttivi. Gli indici del fatturato segnano infatti incrementi congiunturali per i beni strumentali (+2,5%), e per l’energia (+1,4%), che hanno una maggiore destinazione verso l’estero (l’Italia, per esempio, ha una grande capacità di raffinazione dei prodotti petroliferi; quindi importa greggio ed esporta prodotti raffinati). Al contrario, registrano una flessione i beni di consumo (-1,0%) e i beni intermedi (-0,2%), che dipendono più marcatamente dal mercato interno.
L’indice grezzo del fatturato cala, infine, in termini tendenziali (cioè su base annuale), del 5,2%: anche in questo caso il contributo più ampio a tale flessione viene dalla componente interna dei beni intermedi.
Per gli ordinativi totali, overo sulla produzione e breve termine futura, si registra invece un lieve incremento congiunturale dell’1,5%, con aumenti sia sul mercato estero (+2,5%), sia su quello interno (+0,7%).
Nel confronto con il mese di agosto 2013, però, l’indice degli ordinativi segna una variazione negativa del 3,2%.
Con queste variazioni, è facile concludere che non ci possono essere notizzie positive sul fronte dell’occupazione. Con o senza articolo 18.
Il rapporto completo dell’Istat:
Le serie storiche: fost1408.xls72.5 KB
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