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Giappone. La droga (monetaria) non funziona? Aumentare la dose…

Non se l’aspettava nessuno. Perché quando una cura non funziona (l’allentamento monetario o quantitative easing, in pratica stampare moneta per favorire la ripresa del mercato finanziario e di lì l’economia reale) si cerca in genere una medicina alternativa.

Ma per i mercati finanziari la “liquidità” – anzi, l’eccesso di liquidità – è una droga. E come in tutte le tossicodipendenze, quando un certo dosaggio non produce più l’effetto atteso… si aumenta la dose.

E proprio questo ha fatto la Banca del Giappone (BoJ) stamattina, provocando – oltre che il delirio di gioia della borsa di Tokyo (+4,83%) – un crollo della quotazione dello yen, sceso subito ai minimi da sei anni a questa parte, quotando in chiusura 110 per un dollaro.

La BoJ espanderà la base monetaria di altri 10mila-20mila miliardi di yen l’anno (per un totale di circa 80mila miliardi) e triplicherà gli acquisti di Etf (titoli legati all’andamento di vari indici o comparti, non solo finanziari) e trust immobiliari. Inoltre allungherà la durata media dei titoli che ha in portafoglio, rinviando dunque il momento della restituzione.

Anche il Giappone sta del resto sperimentando un inizio di deflazione, anche se non nelle dimensioni di quella europea, ma comunque al di sotto del “desiderabile” 2%. Non si è trattato però  di una decisioe unanime, Il comitato esecutivo si è espresso infatti con 5 membri a favore e 4 contro.

Sulle quotazioni di borsa hanno infliuito anche le indiscrezioni su un possibile cambio di strategia da parte del Fondo pensioni pubblico, che dovrebbe raddoppiare l’esposizione sul mercato azionario (dal 12 al 25%), immettendo a sua volta enormi quantità di soldi liquidi nel mercato borsistico e – ovviamente – mettendo a rischio le coperture per le pensioni dei dipendenti pubblici (se vai in pensione in un momento di crisi di borsa riceverai briciole invece di panini).

La decisione della BoJ qrriva mentre si stavano tirando i bilanci di quasi due anni di “abenomics”, la svolta imposta dal premier liberal-liberista-mazionalista Shinzo Abe). Negativo, e in modo anche pesante. Gli ultimi dati macro registrano infatti un calo dei consumi delle famiglie del 5,6% in un anno e un tasso di disoccupazione salito al 3,6% (ridicolo per noi o per gli Ua, ma un dramma per la società nipponica). Nemmeno l’aumento dell’Iva – misura assai contestata al momento del varo – ha risollevato la tendenza a deflazionare, anche se ha scoraggiato lo stesso i consumi.

La BoJ ha quindi scelto di incrementare la portata della stessa strategia. La conseguenza più importante, però, è sul fronte della guerra tra le principali monete mondiali. Lo yen, di fatto, subisce una svalutazione ulteriore, proprio mentre la Federal Reserve statunitense – che ha messo fine in settimana alla sua terza ondata di quantitative easing – ha preso a muoversi con circospezione in direzione opposta, scontando anche una rivalutazione del dollaro. Ma soprattutto mentre la Bce ha iniziato – con moltissima prudenza e sotto lo sguardo preoccupato di Bundesbank – una politica simile a quella giapponese.

 

 

 

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