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Nonostante l'”ottimismo” renziano, cala la fiducia

Lo scontro – nella testa di ogni persona – tra i messaggi “ottimisti” provenienti dal governo, veicolati dai media senza alcun filtro, e la realtà tangibili in cui si vive, alla fine deve veder prevalere la verifica empirica personale, anziché la propaganda.

E quindi “l’Italia sarà anche ripartita”, ma ognuno di noi non riesce ad accorgersene. O perlomeno comincia a non crederci più tanto. Lo certifica l’Istat, che ha diffuso stamattina i dati sugli indici di “fiducia” di cittadini e imprese. Si tratta dei dati meno scientifici tra quanti l’Istat pubblica come sua attività istituzionale, in quanto si tratta di cogliere “l’impressione” di molte soggettività, inevitabilmente influenzate dalla propria condizione socio-economica ma anche dall’”aria che tira”, dai messagi che arrivano.

Perché è comunque interessante questo dato, ora? Perché la comunicazione governativa è rimasta immutata, iper-ottimista; ma comincia a perdere credibilità, visto che la realtà che ognuno vive non migliora affatto. E dunque la “fiducia” cala…

L’indice relativo ai consumatori, spiega l’Istat, diminuisce a dicembre 2015 a 117,6 da 118,4 del mese precedente. Mentre quello delle imprese – costrette a fare quotidianamente i conti con fatturato e ordinativi – cala in misura maggiore: dai 107,1 di novembre a 105,8.

Il livello in entrambi i casi resta elevato (l’indice prende come base 100 il 2010), perché i due anni con Renzi al governo sono stati un turbinio di “novità”, quasi sempre disastrose in prospettiva, ma presentate come “miracolose” a breve termine. Ora si comincia a vedere che non è vero, e questo ”sentiment” può essere addirittura misurato.

“Tutte le stime delle componenti del clima di fiducia dei consumatori diminuiscono: il calo risulta maggiore per le componenti economica e corrente che passano, rispettivamente, a 152,9 da 157,9 e a 109,1 da 111,6; la differenza è invece più contenuta per la componente personale (a 104,5 da 105,0) e quella futura (a 127,3 da 128,0)”. Ed è proprio su questa differenza che si può in qualche modo misurare il peso della “comunicazione”: è ancora difficile, per le persone (“i consumatori”), mettere in relazione precisa il peggioramento delle attese in generale e la propria sorte individuale.

Sul piano generale, infatti, comincia ad esserci una consapevolezza più razionale, visto che peggiorano le stime sia dei giudizi sia delle attese sull’attuale situazione economica del Paese (a -24 da -20 e a 25 da 31 i rispettivi saldi). Nè si nutrono speranze per una diminuzione dei prezzi (che per molti intervistati sono indistinguibili dalle tariffe). Ed anche le speranze di trovar lavoro spariscono velocemente: aumenta infatti il saldo delle attese di disoccupazione (a 2 da -8).

Più ciniche e più informate le imprese. Qui il clima di fiducia sale solo nei “servizi di mercato” (a 114,3 da 113,8), mentre scende nelle costruzioni (a 114,8 da 121,4), nel commercio al dettaglio (a 109,1 da 115,0) e nella manifattura (a 104,1 da 104,4).

Possiamo scommettere su un poderoso incremento dell’ottimismo a Palazzo Chigi, per combattere quei “gufi” che crescono nelle nostre tasche vuote…

Il raporto completo:

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