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Le borse si uniscono, alla faccia della Brexit

di Claudio Conti

La Gran Bretagna si prepara alla Brexit – l’uscita anche formale da ua Unione Europea cui ha da sempre aderito con forti riserve e “esenzioni speciali” – mentre la borsa di Londra percorre la strada inversa, preparando la fusione con quella tedesca di Francoforte, dopo aver già metabolizzato le ben più modeste Milano e Atene.

Deutsche Boerse ha annuncia di aver concordato con il London Stock Exchange di andare avanti con la fusione, avendo ricevuto l’ok definitivo dal “consiglio di supervisione”. «Il nostro board ha raggiunto un’intesa sull’implementazione della fusione con il London Stock Exchange Group (Lseg) sotto l’insegna di una compagnia britannica». L’integrazione vale – solo considerando le società partecipanti, 26 miliardi di euro – ma il dato più interessante riguarda la capitalizzazione complessiva delle imprese quotate, che fa della nuova concentrazione la seconda piazza borsistica del pianeta.

Naturalmente la fusione comporterà dei “sacrifici”, visto che le sinergie dovrebbero rdurre i costi complessivi di circa 450 milioni l’anno, tramite l’eliminazione di molti “doppioni” a questo punto inutili. Basta ricordare che eventuali licenziamenti riguarderanno impiegati e funzionari di basso livello, non certo il medio e top management delle due piazze d’affari.

Ma la concentrazione è in prospettiva ancora più vasta. «Inoltre il management board e il consiglio di supervisione di Deutsche Boerse acconsentono all’introduzione di alcune misure che servono all’implementazione della fusione». Si tratta di misure proposte dall’Intercontinental Exchange (Ice), che controlla la borsa di New York.

Il nuovo gruppo sarà amministrato da un «board unitario della compagnia britannica composto paritariamente da membri dei cda di Lseg e Deutsche Boerse», e anche il presidente – Donald Brydon – resterà agli inglesi. In compenso, l’attuale amministratore delegato di Deutsche Boerse, Carsten Kengeter, ricoprirà lo stesso ruolo nella nuova società, facendo così fuori l’attuale a.d. di Lse, Xavier Rolet.

Lo scambio è praticamente alla pari, con gli azionisti del London Stock Exchange che avranno il 45,6% del nuovo gruppo mentre ai tedeschi andrà il 54,4%.

A quanto pare, le turbolenze politico-elettorali – come le angosce di David Cameron all’avvicinarsi del referendum sulla Brexit o le preoccupazioni di Angela Merkel per l’avanzata degli euroscettici di Afd – non sfiorano affatto il grande capitale finanziario. Le decisioni vere di politica economica, infatti, si prendono ad altri livelli. Dove persino i premier dei paesi più grandi contano assai poco…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The London Stock Exchange is seen during ther morning rush hour in the City of London April 11, 2011. REUTERS/Toby Melville
Claudio Conti

La Gran Bretagna si prepara alla Brexit – l’uscita anche formale da una Unione Europea cui ha da sempre aderito con forti riserve e “esenzioni speciali” – mentre la borsa di Londra percorre la strada inversa, preparando la fusione con quella tedesca di Francoforte, dopo aver già metabolizzato le ben più modeste Milano e Atene.

Deutsche Boerse ha annuncia di aver concordato con il London Stock Exchange di andare avanti con la fusione, avendo ricevuto l’ok definitivo dal “consiglio di supervisione”. «Il nostro board ha raggiunto un’intesa sull’implementazione della fusione con il London Stock Exchange Group (Lseg) sotto l’insegna di una compagnia britannica». L’integrazione vale – solo considerando le società partecipanti, 26 miliardi di euro – ma il dato più interessante riguarda la capitalizzazione complessiva delle imprese quotate, che fa della nuova concentrazione la seconda piazza borsistica del pianeta.

Naturalmente la fusione comporterà dei “sacrifici”, visto che le sinergie dovrebbero rdurre i costi complessivi di circa 450 milioni l’anno, tramite l’eliminazione di molti “doppioni” a questo punto inutili. Basta ricordare che eventuali licenziamenti riguarderanno impiegati e funzionari di basso livello, non certo il medio e top management delle due piazze d’affari.

Ma la concentrazione è in prospettiva ancora più vasta. «Inoltre il management board e il consiglio di supervisione di Deutsche Boerse acconsentono all’introduzione di alcune misure che servono all’implementazione della fusione». Si tratta di misure proposte dall’Intercontinental Exchange (Ice), che controlla la borsa di New York.

Il nuovo gruppo sarà amministrato da un «board unitario della compagnia britannica composto paritariamente da membri dei cda di Lseg e Deutsche Boerse», e anche il presidente – Donald Brydon – resterà agli inglesi. In compenso, l’attuale amministratore delegato di Deutsche Boerse, Carsten Kengeter, ricoprirà lo stesso ruolo nella nuova società, facendo così fuori l’attuale a.d. di Lse, Xavier Rolet.

Lo scambio è praticamente alla pari, con gli azionisti del London Stock Exchange che avranno il 45,6% del nuovo gruppo mentre ai tedeschi andrà il 54,4%.

A quanto pare, le turbolenze politico-elettorali – come le angosce di David Cameron all’avvicinarsi del referendum sulla Brexit o le preoccupazioni di Angela Merkel per l’avanzata degli euroscettici di Afd – non sfiorano affatto il grande capitale finanziario. Le decisioni vere di politica economica, infatti, si prendono ad altri livelli. Dove persino i premier dei paesi più grandi contano assai poco…

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