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Il gioco cinese, a lato del G20

Questa notte si è raggiunto un accordo-tregua tra Usa Cina. Si bloccano i dazi e partono negoziati fino a marzo. Obiettivo: liberalizzare le rispettive economie, soprattutto quella cinese.

Un accordo si è raggiunto per l’importazione “immediata” di prodotti agricoli, energetici e industriali americani. Il contendere è liberalizzare il capitale monopolistico di stato cinese, i colossi pubblici, la corazzata del socialismo cinese, o perlomeno togliere loro i sussidi. Inoltre permettere alle multinazionali americane di avere la maggioranza assoluta nei cda delle joint venture, smantellare cioè il sistema di Deng che non permetteva alle aziende straniere di detenere la maggioranza nelle aziende.

I cinesi hanno cominciato con la tedesca Bmw due mesi fa e hanno fatto capire di non avere problema a dare medesimo trattamento a quelle americane. In più, tema più scottante, la “roba”, la trattativa nei prossimi mesi verterà sulla liberalizzazione della finanza cinese permettendo a Wall  Street di accedere a questo mercato.

C’è da fare una precisazione: i cinesi prediligono il sistema finanziario della City londinese, che raccoglie capitali e li distribuisce in asset in tutto il mondo. Combacerebbe con la via della seta. Non a caso i cinesi parlano della relazione con l’UK come “nuova epoca d’oro”.

Wall street vuole entrare nel gioco attingendo al risparmio cinese per gonfiare gli asset finanziari e permettere al sistema pensionistico americano privato di avere buoni rendimenti per aumentare le pensioni americane e da qui i consumi. In pratica il risparmio cinese, secondo il volere americano, dovrebbe finanziare il sistema pensionistico americano e i consumi Usa.

Ora, il tasso di risparmio cinese è pari al 46% del pil, nella scorsa decade raggiungeva il 55% del pil. Stiamo parlando di cifre che superano i 100 mila miliardi di dollari. Facendo entrare Wall Street i cinesi danno una parte del risparmio agli americani ed un’altra parte ai londinesi.

Quanto? Facciamo mille miliardi a New York e mille miliardi a Londra. Per i cinesi cambierebbe poco, in cambio avrebbero via libera alla via della seta e all’internazionalizzazione dello yuan. In più, i cinesi sono propensi agli asset reali, quindi la liberalizzazione del mercato americano decisa a Buenos Aires spiana la strada al coinvolgimento cinese nel mega piano infrastrutturale americano da 1500 miliardi di dollari.

Ma per il resto le strade si dividono: se per gli Usa il pilastro sono Wall Street e il sistema pensionistico privato, per la Cina si prospetta il gioco del salario sociale globale di classe, per non dipendere dal mercato mondiale. Hanno la necessità di diminuire il tasso di investimento, ora pari al 42% del pil. diminuendo il tasso di risparmio.

Per farlo stanno studiando Le Plan francese degli anni ’50 e la riforma sanitaria della democristiana Tina Anselmi, del 1978.

Fitti sono gli incontri con il ministero della salute italiano e l’Inps per arrivare ad un mix di sistema pensionistico pubblico-privato sul modello italiano. In più i cinesi stanno studiando il sistema della formazione professionale italiano pre-delega alla Regioni: scuole serali anni ’50, salesiani ecc.

Già oggi hanno deciso che entro il 2020 ci saranno due medici ogni 10 mila abitanti. Una volta completato il quadro, perverranno al modello di welfare italiano, ancora tra i più efficienti al mondo.

Ciò permetterà di diminuire il tasso di risparmio: dal 46% si arriverebbe al 30%, la differenza è “risparmio precauzionale” dovuto ora al welfare privato cinese. La diminuzione del tasso di risparmio provoca un forte aumento dei consumi e una diminuzione del tasso di investimento e da qui il rientro dei debiti societari cinesi.

Dare qualche migliaio di miliardi a Wall Street e a Londra per i cinesi vale la pena; potrebbero avanzare verso l’obiettivo nei prossimi decenni del “socialismo con le caratteristiche cinesi”.Daranno parte del risparmio ma, almeno fino a quando ci sarà Xi, i colossi pubblici non si toccano, al più si decide la loro quotazione a New York.

Che c’è di nuovo? Avevamo anche noi banca centrale, colossi pubblici, riforma Anselmi, sistema pensionistico pubblico, banche pubbliche. I cinesi giocano su questi asset mentre noi li abbiamo smantellati. Vuoi capite la Cina? Studiati l’Italia degli anni settanta.

Certo che Dolce e Gabbana hanno scelto il momento migliore per sfanculare il mercato cinese…

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