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Il lavoro ci rende poveri? Se ne discute a Milano sabato 8 febbraio

Se il lavoro ci rende poveri” è il tema del convegno organizzato dall’Usb a Milano sabato prossimo 8 febbraio (ore 10.00 al Cam Garibaldi). Obiettivo fissare le sfide e le rivendicazioni di una nuova generazione di lavoratrici e lavoratori senza tutele. Tra gli ospiti Marta Fana, Papi Bronzini,  Carlo Guglielmi, Cosimo Matteucci, Luigi Marinelli.

Dai riders ai braccianti, dai lavoratori delle cooperative a quelli della ristorazione o agli stagionali del turismo, dalle badanti alle commesse e al tanto lavoro autonomo involontario il tratto comune è la povertà di diritti, la bassa remunerazione, l’assenza di tutele sulla salute e la sicurezza e la difficoltà ad organizzarsi collettivamente.

L’incontro ha l’obiettivo di mettere a fuoco la condizione dei lavoratori poveri, analizzare le principali misure legislative introdotte negli ultimi anni e presentare ipotesi e proposte sia sul piano rivendicativo che delle politiche del lavoro.

Tante persone, pur lavorando, non percepiscono un salario sufficiente a soddisfare le esigenze di base della propria vita, e cresce la percentuale di coloro il cui reddito mensile non supera la soglia di povertà relativa, individuata a 780€ per individuo” scrive l’Usb in una nota. “Questa condizione incide particolarmente in alcuni settori del lavoro: dai braccianti alla cura domestica, dai riders agli stagionali del turismo, dai lavoratori della ristorazione alle cooperative, senza dimenticare i tanti lavoratori costretti ad aprire una partita IVA nonostante nella sostanza siano a tutti gli effetti dipendenti. Un parziale provvedimento adottato dal governo è stata l’introduzione del Reddito di Cittadinanza, su cui è già possibile fare un primo bilancio, ma che comunque non può rappresentare la soluzione del problema”.

Già a maggio dello scorso anno in un incontro pubblico con il Presidente dell’INPS Tridico sul tema del salario minimo, l’Usb segnalava come un salario minimo a 9 euro sia ovviamente una base di partenza, che va accompagnata da altri provvedimenti come il limite al part time involontario non inferiore a 30 ore settimanali; i contratti a tempo determinato non inferiori a un anno; i controlli e sanzioni alle aziende che non rispettano i limiti di legge e praticano la discriminazione salariale sulla base di genere, etnia ed età. Tesi che erano state ribadite in sede di Audizione alla Camera dei Deputati il 24 giugno.

Il 28 giugno al tema della lotta contro il lavoro povero e per il salario minimo, era stata dedicata una giornata nazionale di mobilitazione del sindacato in tutte le città.

Per il sindacato Usb che da tempo sta sperimentando la Federazione del Sociale come “terza gamba” dell’organizzazione sindacale oltre ai lavoratori contrattualizzati pubblici e privati, occorre prendere di petto una contraddizione – il boom del lavoro povero – che è venuta aumentando pesantemente nel paese: “Non c’è soluzione a questo impoverimento se non intervenendo in maniera diretta sulle condizioni di lavoro e di salario. E questo rappresenta una sfida per USB. Occorre inquadrare bene le condizioni dei settori e individuare piani di rivendicazione condivisi, a partire dalla battaglia per il salario minimo per legge, e capire di quali forme di organizzazione il sindacato debba dotarsi per abbracciare questi settori”.

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