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I love New York e la sua polizia…

Colpi d’arma da fuoco a ripetizione, sangue, due morti, nove feriti e panico, all’ombra dell’Empire State Building, l’edificio simbolo della New York del ‘900. Una breve sanguinosa vicenda che illumina sullo stato delle cose nell’America in crisi e sulla vocazione assassina della polizia Usa. Ma andiamo con ordine.

Erano passate da poco le nove, l’ora di punta, quando ieri mattina un uomo in giacca e cravatta – come quando aveva un lavoro e quindi la possibilità di vivere – ha ucciso in strada con un colpo di pistola in pieno volto il suo ex datore di lavoro. E poi gli sparato ancora, un altro colpo, al corpo, forse due, quando la sua vittima era ormai a terra, in un lago di sangue, su un marciapiede all’angolo della Quinta Avenue: a quel punto, con passo veloce l’assassino ha tentato di allontanarsi ma, allertato dagli spari, un operaio che era al lavoro lì vicino lo ha seguito e ha avvisato due agenti di polizia che erano come sempre di presidio davanti allo storico grattacielo.

I due gli hanno intimato di fermarsi, ma il killer ha risposto alzando di nuovo la sua pistola. Gli agenti hanno aperto il fuoco e ne è nata una sparatoria, tra le urla di terrore di passanti e turisti. Nel giro di venti, trenta secondi, sull’asfalto sono rimasti l’assassino, morto, e nove persone ferite, fortunatamente non in maniera grave. Tutte sono state colpite da proiettili sparati dalla polizia, perché non c’è testimonianza che parli di altri colpi sparati dall’ex impiegato disperato.

Naturalmente la NYPD, la polizia di New York, è giunta sul posto in forze e ha sigillato «la scena del crimine», bloccando il flusso di auto sulla Quinta strada, per almeno venti isolati, in modo da “ricostruire una “scena del crimine” coerente con la propria versione.

AI giornalisti accorsi un uomo che non vuole dire il suo nome, ma afferma di aver visto tutto, «la polizia ha sparato ad un uomo che era vestito elegantemente e che aveva estratto una pistola, senza però fare in tempo ad aprire il fuoco».

Il sindaco Michael Bloomberg e il capo della polizia Ray Kelly hanno tenuto una breve conferenza stampa: hanno rivelato che l’impiegato vendicatore, il cui cadavere in quel momento giaceva ancora alle loro spalle coperto con un lenzuolo bianco, si chiamava Jeffrey Johnson, aveva 53 anni, era un designer di accessori da donna e ha sparato con una pistola calibro 0.45. Non aveva precedenti penali ed era stato licenziato un anno fa dalla sua vittima, vice presidente di una ditta di abbigliamento femminile, la Hazan Import, che poi fonti di stampa hanno identificato come Steven Ercolino, 41 anni. Kelly ha anche ammesso che i due agenti hanno sparato 14 colpi e che, «sulla base del numero dei feriti e della capacità» del caricatore della pistola del killer (una calibro 45 porta appena 7 proiettili, a causa delle loro dimensioni) alcuni dei feriti sono stati probabilmente colpiti dalla polizia.

Johnson aveva del resto sparato tre colpi contro la sua vittima, quindi ne aveva solo altri 4 a disposizione, se anche li avesse usati nel “conflitto a fuoco” con gli agenti.

Bloomberg ha dal canto suo sottolineato che «poteva andare molto peggio», e ha affermato che «New York è la città più sicura di questo Paese, ma non siamo immuni dal problema nazionale della violenza delle armi».

Solo pochi giorni fa, in piena Times Square, tra centinaia di persone, altri agenti avevano aperto il fuoco uccidendo un uomo di colore preso di mira perché stava apparentemente fumando hashish e che aveva reagito estraendo un coltello. Le riprese video fatte da alcuni passanti dimostravano chiaramente che l’uomo poi ucciso non minacciava affatto né gli agenti né i passanti; si limitava a cercare di allontanarsi.

Sul piano sociale, la crisi colpisce duro. E il “modello americano” nelle relazioni di lavoro – appena introdotto anche da noi abolendo l’art. 18 e quasi azzerando gli ammortizzatori sociali – provoca da sempre due tipi di reazione violenta al licenziamento: il suicidio o l’omicidio per vendetta verso chi ti ha licenziato. E’ questa a “coiviltà del lavoro” che hanno in testa i nostri “tecnici” piovuti da Marte…

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