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PAS o sindrome della legge di famiglia?

La Sindrome da Alienazione Parentale (PAS: Parental Alienation Syndrome) è stata descritta e studiata già negli anni ’80 dallo psichiatra statunitense Richard Alan Gardner e solo recentemente si è affacciata anche nel panorama della psicologia italiana. Secondo il suo discusso teorico, la PAS si manifesta nell’ambito dei conflitti tra coniugi che si stanno separando ed è caratterizzata dal rifiuto del bambino, alimentato dall’influenza di uno dei due genitori, nei confronti dell’altro. Il genitore che influenza il proprio figlio, aizzandolo contro l’ex-partner viene definito “programmatore“.

Ma respingendo le argomentazioni di quella parte del mondo scientifico che sostiene la validità della PAS (meglio conosciuta come Alienazione Genitoriale), un gruppo di pischiatri della APA (American Psychiatric Association) ha deciso di non includere il concetto di alienazione genitoriale nell’edizione aggiornata del catalogo dei disturbi mentali (c.d. DSM-5). Il nuovo manuale, noto come DSM-5, non sarà completato fino al prossimo anno, ma la decisione dell’APA contro la classificazione dell’alienazione parentale come un disturbo o sindrome è piuttosto decisa. Secondo il Dr. Darrel Regier “..la verità è che non è un disordine (una malattia) che coinvolge l’individuo”, bensì si tratta di un problema di  relazione tra genitore-figlio o genitore-genitore. E i problemi di relazione di per sé non sono disturbi mentali”.
Resta da vedere quali saranno le reazioni della comunità scientifica che non fa capo all’APA e che, di contro, porta avanti i concetti nati negli anni ’80 dagli studi di Gardner.

E’ stata una sorpresa per me trovare un’errata interpretazione nella definizione della PAS in testi sia  legali che di igiene mentale” aveva già detto il suo inventore Richard Alan Gardner anni fa. “In particolare ci sono molti che usano l’espressione come sinonimo di lavaggio del cervello o condizionamento da parte di un genitore. Non si fa riferimento al contributo personale del bambino alla vittimizzazione del genitore designato come bersaglio. Coloro che commettono questo errore non hanno afferrato un elemento estremamente importante che riguarda l’eziologia, le manifestazioni e anche la cura della PAS. L’espressione PAS si riferisce soltanto alla situazione in cui la  programmazione parentale si unisce alla rappresentazione da parte del bambino del disprezzo nei confronti del genitore denigrato” aveva aggiunto.

Altri sostenitori statunitensi della PAS, come Bernet, Baker, Morrison, Von Bloch Galhau, ritengono che “l’alienazione genitoriale non sia una aberrazione minore nella vita di una famiglia, ma una seria condizione mentale”. Al contrario la professoressa Carol Bruch, docente di discipline giuridiche all’Università Davis della California, ritiene che la Pas non ha “né basi logiche né tantomento scientifiche”.

In Italia gli avversari dell’introduzione della PAS nell’ordinamento giuridico italiano affermano che essa sia in realtà promossa da psicologi, consulenti e altri soggetti che potrebbero trarre profitto dal fatto che l’alienazione parentale possa godere di un formale status nelle controversie nei tribunali che si occupano di diritto di famiglia. Provvedimenti giudiziari coatti come quelli che abbiamo visto applicare al bambino di Cittadella, vengo avviati giustificandoli con l’esistenza di una sindrome di PAS. Uno dei maggiori critici della PAS e delle teorie di Gardner, il prof. Paolo Mazzeo, pone però una domanda estremamente pertinente: che malattia è quella che si cura con un provvedimento giudiziario? Un disturbo mentale può venire curato con i farmaci o con la psicoterapia, o entrambi, o non richiedere alcuna cura. Un decreto del Giudice può curare una malattia? Mai sentito nulla del genere”.

Sulla vicenda agisce poi un dato “obiettivo”. A invocare la PAS sono soprattutto i padri. Questo porta alcune a ritenere la PAS come uno strumento con una forte impronta maschilista. Il problema è che in Italia nella stragrande maggioranza dei casi i figli vengono affidati alle madri, con l’evidente conseguenza che ad invocare ed evocare la PAS siano soprattutto i genitori maschi. Una contraddizione questa a tutto tondo e che attiene sia alla sfera delle relazioni sociali e parentali che a quella della legge sul diritto di famiglia a trentotto anni di distanza da quella varata come risultato delle lotte delle donne e del mondo progressista negli anni ’70. Una legge che però non può non tenere conto dei cambiamenti intervenuti nella società italiana in questi decenni.

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1 Commento


  • antonella

    A proposito dei cambiamenti intervenuti nella società italiana dal 1975 ad oggi, giova sottolineare un passaggio del ddl 957, in discussione al Senato, che prevede l’introduzione della Pas nell’ordinamento giuridico italiano. L’articolo 316cc recita, infatti, che se anche “il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all’età maggiore o alla emancipazione” nel momento i cui “sussiste un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili”. Tale potere, che è quello esercitato nel caso di Cittadella, non è però contemplato per la madre. Allora, stiamo attent* a quando parliamo di adeguare la legge a non si capisce cosa e cerchiamo di esplicitare chiaramente a quali cambiamenti ci si dovrebbe adeguare. Il cavallo dello “svecchiamento”del diritto di famiglia è infatti magistralmente cavalcato da esponenti udc,pdl,fli,ma anche forza nuova per, di fatto, ritoccare la potestà genitoriale e riportarla alla vecchia formula di patria potestà, riconsegnando nelle mani del paterfamilias quello ius vitae necisque di cui godeva in epoca romana. E’, tutto sommato, ciò che è avvenuto nel caso del bambino trascinato a forza dalla polizia: il padre ha adottato “provvedimenti urgenti ed indifferibili”, come desiderano coloro che perorano la causa dell’adeguamento della legge ai cambiamenti sociali sopraggiunti dal 1975 ad oggi.

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