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Strage in una scuola. La “normalità” della solitudine Usa

Almeno 27 morti, tra cui 20 bambini, tra i 5 e i 10 anni: sono stati falciati da un giovane, Adam Lanza, poco più che ventenne e a quanto pare psicolabile. Armato fino ai denti, Adam ha aperto il fuoco in una scuola elementare di Newtown, un paesino idilliaco circondato da boschi nel Connecticut, ad un centinaio di chilometri da New York, dove insegnava sua madre, poi trovata morta.

«Ci sono state troppe stragi così negli ultimi anni», ha affermato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama poche ore dopo la strage, senza trattenere le lacrime in diretta tv. «Dobbiamo agire per impedire che stragi come queste si ripetano, al di là della politica», ha aggiunto, parlando alla nazione lentamente «come genitore», mentre da più parti tornava a levarsi il dibattito sulle ‘armi facili in America.

Col passare delle ore, la situazione rimane confusa. Ci vorranno ancora diverse ore prima di capire esattamente la dinamica della tragedia. Le autorità distillano le informazioni con il contagocce. Finora hanno confermato il numero dei bambini e degli adulti rimasti uccisi. Hanno solo aggiunto che c’è anche un ferito, sopravvissuto. Non hanno però confermato ufficialmente l’identità dell’assassino, nè hanno chiarito se si sia suicidato o sia stato ucciso. Neppure sono state chiarite le circostanze della morte della madre.

Un portavoce della polizia del Connecticut ha parlato di una seconda «scena» del crimine, ma non ha fornito informazioni significative. L’assassino, trovato poi morto nella scuola, potrebbe aver agito con un complice. Ma gli investigatori che hanno interrogato suo fratello Ryan, 24 anni, inizialmente sospettato di un possibile coinvolgimento, non sembrano più attribuire alcun alcun ruolo nell’eccidio a quest’ultimo, che anzi avrebbe collaborato in un interrogatorio rivelando fra l’altro presunti disturbi mentali di tipo autistico di Adam. In un primo momento lo stesso Ryan Lanza (cognome dal sapore italo-americano) era stato indicato come lo sparatore perchè a quanto sembra Adam aveva un suo documento in tasca.

Secondo la ricostruzione emersa nelle prime ore, Adam Lanza, vestito tutto di nero, con indosso un giubbotto antiproiettile come se andasse in guerra, e usando quattro pistole ha sparato all’impazzata, almeno un centinaio di colpi.: sin dall’ingresso della scuola, la Sandy Hook di Newton, dove secondo alcune indicazioni ha subito freddato la preside e lo psicologo dell’istituto.

Ma il vero massacro l’ha compiuto in una aula dell’asilo, tra i bimbi più piccoli. Un’intera classe manca all’appello: è stata cancellata, hanno riferito fonti della stampa locale, citando investigatori anonimi. Sei bimbi, in preda al terrore, si sono salvati per miracolo nascondendosi in un armadio.

La Casa Bianca ha fatto sapere che il presidente è stato sin da subito informato e poi costantemente aggiornato. E ha ribadito che Obama tornerà a rilanciare la necessità di un maggiore controllo sulle armi, in particolare sulle armi d’assalto. Forse questa volta, davanti a una delle più gravi tragedie del genere mai nella storia degli Stati Uniti e avendo già vinto le elezioni per un secondo mandato, prenderà una posizione più decisa rispetto al passato. Ma mentre come sempre in questi casi già monta la polemica sull’incontrollabile diffusione di armi da fuoco negli Stati Uniti, nel suo messaggio, Obama ha ora voluto lasciare per il momento la politica da parte.

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Fin qui le notizie, eliminando dalle agenzie le parole “obbligate” che aggiungono melassa all’orrore.
Troppo presto per impostare un ragionamento? Forse sì, più probabilmente no. Episodi di questo genere negli Usa sono diventati quasi “normali”, vista la frequenza abnorme con cui si verificano.

La libera vendita delle armi, anche da guerra, è certamente una facilitazione per chi arriva a concepire una strage come soluzione finale alla propria vita. Un moltiplicatore di vittime, non una spiegazione che vada alla radice dell’atto. Il problema non ci sembra insomma confinabile entro i limiti di una “tradizione” di derivazione western, ovviamente sponsorizzata da una lobby industriale tra le più potenti. Insomma, il discorso ottimamente concentrato da Michael Moore in Bowling for Colombine copre solo una parte dell’analisi. E non la principale.

Perché solo negli Stati Uniti queste stragi sono così frequenti?

Bisogna interrogarsi su come gli uomini e le donne vivano in quel sistema sociale, altrimenti non si capisce come sia possibile che uno “squilibrato” possa accumulare dosi di squilibrio mentale e di armi sufficiente a realizzare l’individuale follia. Tutti i protagonisti di questi episodi, vogliamo dire, vengono riconosciuti come “squilibrati” solo dopo la strage, non prima. Un matto, un folle, “il male” che compare all’improvviso, un mulinello assassino bel fluire tranquillo delle acque sociali. Una spiegazione che non spiega, che lascia le cose come stanno, in attesa della prossima strage.

Perché altrove non accade quasi mai che “un matto” agisca in questa forma (l’assalto a una scuola) e con effetti di queste dimensioni?

La facilità dell’acquisto di armi spiega le dimensioni, ripetiamo, non altro. Non siamo degli esperti di società statunitense e quindi possiamo sbagliare. Ma ci sembra proprio che il mito individualistico alla base dell’american way of life abbia il suo terribile doppio nella solitudine di ognuno di fronte al mondo. La”libertà” della personalità potente che si fa imprenditore e vince a ripetizione le sfide della concorrenza senza che “lo Stato” gli ponga limiti – oltre un limitato pagamento delle tasse – si rovescia nel suo contrario: l’impossibilità dei più di vincere qualsiasi sfida, in un sistema di valori che condanna la tua sconfitta come una “colpa”, un segno di sfavore divino. E l’assenza di “strutturazione sociale”, di welfare pubblico capillare – tra gli altri effetti negativi sul piano della giustizia sociale – rende difficile o impossibile il riconoscimento dello “squilibrio” ai primi stadi di maturazione. Rende insomma impossibile quella “cura” che solo una società non individualistica può produrre; limitando la solitudine e l’insorgere della rabbiosa impotenza di tanti singoli, segnalando i casi più gravi e potenzialmente pericolosi a servizi sanitari competenti, disinnescando un buon numero di “bombe umane senza ragione” in cento altri modi.

C’è poi anche un immaginario visivo che contribuisce a dar “forma” hollywoodiana ad ogni “scontro finale”, ma è “colore” non sostanza.

La malattia è la solitudine competitiva. Una “normalità anti-sociale” che torna come una punizione inconcepibile sui livelli di riproduzione della società stessa. Massacrando bambini. Vittime “facili”, come quelle sotto i “bombardamenti umanitari”.
Una “normalità” di sistema che ci stanno imponendo a forza di “riforme strutturali” che – anche qui – debbono lasciare soli i singoli a fare i conti con la difficoltà del vivere.
Una ragione di più per dire “no”.

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