Menu

L’università di Bergamo vara la censura totale

Che un testo del genere sia stato soltanto pensato da un consoglio di amministrazione di una qualsiasi università europea, significa solo che il punto di non ritorno verso la dittatura è stato abbondantemente superato. E che le difese culturali di una paese – stiamo parlando dell’univrsità, cazzo! – sono crollate.

Per i patiti dell'”orizzontalità” e “democraticità” garantite dai social network, invece, dovrebbe essere motivo sufficiente per tacere. Per sempre, però.

L’unico aspetto divertente della faccenda è assolutamente involontario: con un regolamento così, il “danno di immagine” per l’università orobica è decisamente incalcolabile. Il consiglio di amministrazione, perciò, dovrebbe essere immediatamente “sanzionato” con le dimissioni in blocco.

*****

 

Università: arriva il “codice bavaglio”. Stop ai commenti su facebook. Adesione ad associazioni al vaglio dei vertici.

L’Università di Bergamo approverà mercoledì 5 febbraio un Codice di comportamento che nelle premesse si presenta come un vero e proprio “Codice-bavaglio”. Dipendenti e professori rischiano di non poter più esprimere alcun tipo di affermazione, commento, dubbio, che rischi di mettere in “cattiva luce” l’Università stessa. Non solo in pubblico, ma nemmeno in privato con amici e parenti, né tanto meno su facebook o twitter. Nel mirino anche l’appartenenza ad associazioni se in odore di “conflitto di interessi” con l’Ateneo.

Un vero e proprio “codice-censura” al quale, a quanto si legge, dovrebbe essere sottoposto non solo il personale dipendente e i collaboratori a vario titolo (anche saltuari), ma persino professori e ricercatori.

Il testo è consultabile pubblicamente qui: http://www.unibg.it/struttura/struttura.asp?id_notizia=66787&cerca=avvisitutti_0

L’art. 10 comma 2 del nuovo Codice “Comportamenti nei rapporti privati” cita “In tutte le proprie attività private, ivi inclusa la partecipazione a siti web e social network, il lavoratore pone particolare cura al fine di non recare danno all’immagine dell’Ateneo”.

Si aprono scenari inquietanti sulle possibili conseguenze di una simile clausola, se interpretata alla lettera. Scenari degni di un film come “Le vite degli altri” …

Se uno studente lamenta un disservizio o una carenza dell’Università, sarà ancora permesso ad un -ricercatore condividerne il post su facebook?

Certo è che i professori e i dipendenti dell’Ateneo dovranno d’ora in poi astenersi dal commentare fatti di cronaca che coinvolgano l’Università. Attenzione: non solo in pubblico, ma persino in privato con un parente o un amico al tavolo del ristorante o al bar.

Sarà infine vietato lamentarsi genericamente su un autobus con un conoscente sul fatto che l’Università è sotto organico o ha pochi fondi per il diritto allo studio, perché si rischia di aver rivelato “segreti di ufficio” o di aver “recato danno” all’immagine dell’Ateneo …

Tutti questi gesti, apparentemente innocui e comunque tutelati dalla Costituzione (libertà di espressione), potrebbero essere causa di provvedimenti disciplinari ai danni del malcapitato. Chi deciderà se la “cura” adottata nel parlare o scrivere per “evitare danni all’immagine dell’Ateneo” sia stata o meno “sufficiente”? Chi stabilirà se il danno è stato o meno provocato e in quale misura?

Ma la pericolosità del nuovo Codice non si ferma qui. L’art. 5 infatti introduce l’obbligo di segnalare la propria adesione o appartenenza ad associazioni e organizzazioni i cui ambiti di interesse possano interferire con l’attività dell’ufficio. Le conseguenze di questa clausola sono difficilmente prevedibili.

E’ lecito appartenere ad un’associazione che opera nel campo della psicologia o del diritto, se queste sostengono tesi e idee opposte a quelle che si insegnano all’Università nei Corsi di studio di Scienze dell’Educazione o Giurisrudenza?

E’ lecito far parte di un’associazione o organizzazione che si batte per il diritto allo studio degli studenti universitari, se questo rischia di creare un conflitto con l’Amministrazione universitaria?

Insomma, il Codice in arrivo è peraltro tanto più odioso, proprio perché regola gli appartenenti alla comunità universitaria: per definizione luogo avverso a qualsiasi tipo di censura e sede per eccellenza della cultura, del dibattito e del confronto dialettico.

E’ inoltre palesemente illegittimo perché entra nella sfera privata, viola diritti costituzionalmente garantiti quali la libertà di associazione, la libertà di manifestazione del proprio pensiero (art. 21). Il Codice travalica i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici subordinati di cui al Codice civile e allo Statuto dei Lavoratori (artt. 1 e 8, sulla libertà di manifestazione del pensiero e il divieto di indagine sulle opinioni ANCHE nei luoghi di lavoro e, a maggior ragione, nelle attività private).

Il codice di comportamento deve essere adottato per declinare il testo del Codice nazionale alle varie singole realtà delle migliaia di Pubbliche amministrazioni del Paese. E’ un obbligo che l’Autorità Nazionale Anticorruzione affida alle varie Pubbliche amministrazioni per regolare i comportamenti dei dipendenti pubblici per la lotta alla corruzione.

Di corruzione nel testo dell’Università di Bergamo si parla ben poco. Così com’è invece, questo codice ci sembra sconfini molto, fissandosi soprattutto sul livello sanzionatorio, descrivendo comportamenti del pubblico dipendente che poco hanno a che fare con trasgressioni riguardanti la corruzione. Abbondano invece i provvedimenti disciplinari che nulla hanno a che fare con lo spirito del Codice.

Le RSU dell’Università hanno inviato all’Amministrazione la richiesta di sospensione del punto all’Ordine del giorno della prossima seduta di mercoledì in Consiglio di Amministrazione. L’Amministrazione ha risposto che il Consiglio di Amministrazione deciderà autonomamente: per loro la procedura formale è stata rispettata con l’avviso ai sindacati e la richiesta di inviare osservazioni al testo.

Noi non ci stiamo e invitiamo tutti gli interessati, lavoratori, ricercatori, docenti, dottorandi, assegnisti ad opporsi a quella che giudichiamo una pericolosa ingerenza nella nostra vita privata di liberi cittadini.

Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) – Università di Bergamo

Bergamo, 3 febbraio 2014

Contatti: rsu@unibg.it

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *