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Bologna dice no allo smantellamento di ospedali e poliambulatori

Ieri di è svolta a Bologna l’assemblea pubblica sui tagli alla sanità promossa da “Comitato contro la chiusura del Poliambulatorio Colombi” del quartiere Reno. 

Questo comitato, nato per contrastare una progressiva riduzione dei servizi sanitari erogati dall’ASL di Bologna nel Poliambulatorio pubblico, ha raccolto in poche settimane più di 1300 firme tra gli abitanti del popolare quartiere. 

Non solo a Bologna ma in tutta la regione stanno nascendo diversi comitati contro i progetti di riduzione e chiusura dei servizi sanitari dal parmense alla Romagna, dove sempre ieri a Comacchio si è svolta una manifestazione cittadina contro la chiusura del locale ospedale S. Camillo. 

A seguire il comunicato distribuito da Ross@ sul piano regionale sanitario:

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CONTRO IL RIORDINO OSPEDALIERO E LA PRIVATIZZAZIONE DELLA SANITA’

NO ALLA CHIUSURA DI 25 SU 61 OSPEDALI IN EMILIA ROMAGNA: CON GLI OsCO E LE CASE DELLA SALUTE LA REGIONE PRIVATIZZA LA SANITÀ PUBBLICA E DEOSPEDALIZZA IL TERRITORIO

Nella nostra regione è in corso un vasto processo di “riconversione della rete ospedaliera” che porterebbe alla trasformazione di 25 Ospedali in cosiddetti OsCo (Ospedali di Comunità). Gli OsCo sono strutture sanitarie che avviano un percorso di privatizzazione, gestite da medici di base (liberi professionisti) con infermieri che potrebbero essere dipendenti pubblici o di società private. La Regione Emilia Romagna afferma che in tal modo si eviterebbe il taglio di 2570 posti letto previsti dalla spending review e si “salverebbero” 1700 posti letto. Ma non è così. Non si salvano affatto perché gli OsCo sono strutture semi private e tali sono pure i loro 1700 posti letto. Chiunque può capire perfettamente ciò che cambia. In aggiunta si taglierebbero a livello regionale altri 1000 posti letto.

Così anziché tagliare 2570 posti letto se ne taglierebbero 2700. I posti letto dei 25 Ospedali “riordinati” (in OsCo) non sarebbero più posti ospedalieri ma “posti letto per cure intermedie”: in pratica le prestazioni post acuzie (es. post operatoria), diventerebbero deospedalizzate e affidate ai Medici di Medicina Generale cioè a privati professionisti. Colpite sarebbero in particolare le aree disagiate (montagna e periferie delle pianure).

Questa operazione si intreccia con l’attivazione delle Case della Salute presentate come “emanazione del Dipartimento delle Cure Primarie che va incontro, sul territorio, alle esigenze della popolazione”: in realtà le Case della Salute sono parte di un complesso processo di deospedalizzazione (insieme agli OsCo) nelle quali figure come Medici di Medicina Generale e Pediatri di libera scelta (liberi professionisti) giocano un ruolo decisivo nella gestione del budget di prestazioni erogate (specialistica, farmaceutica, diagnostica strumentale e di laboratorio). Limitandone l’accesso indirizzano, fatto obbligano nei casi di urgenza, alla sanità privata (attualmente circa il 30%).

L’attuale processo di deospedalizzazione non è, come afferma il Governo, “un miglioramento dell’appropriatezza organizzativa e dell’efficienza nell’uso dei nostri ospedali” ma un abbattimento del livello di assistenza e di cura per i settori popolari: il numero complessivo di ricoveri ordinari per casi acuti negli ospedali italiani, nel 2012 è diminuito quasi del 3% rispetto al 2011, il numero dei ricoveri in Day Hospital  è diminuito più del 10%.

Gli OsCo e le Case della Salute come soggetti professionali privati (Medici di Medicina Generale, Pediatri, Specialisti che assumono impiegati ed infermieri) svolgono un ruolo decisivo nel processo di privatizzazione delle prestazioni sanitarie e quindi del superamento del sistema universalistico.

Lo stesso taglio di 1.150 miliardi da parte del Governo per il personale sanitario a cui dovrebbe seguire, anche grazie alla Spending Review, un taglio di 48.000 operatori segna la via che la Regione intende perseguire.

La sanità, come le pensioni, la scuola, i servizi pubblici dello stato sociale, sono il bancomat che il governo utilizza per le proprie manovre economiche, sotto gli ordini dell’Unione Europea trasmessi attraverso i trattati europei: anche la Giunta regionale e la maggioranza politica che la sostiene si fa garante di questa logica e sta tendando di “governare” con questi strumenti un processo di smantellamento della sanità pubblica regionale.

Nel dire basta a questi piani e nell’impedire le chiusure annunciate, bisogna rompere con ogni subalternità ed ambiguità rispetto a chi ci vuole tutti “responsabilmente” rassegnati nel subire scelte politiche antisociali, opporci coerentemente alle politiche di austerity imposte dai Trattati UE, rompere con questa irriformabile Unione Europea costruendo un articolato movimento anticapitalista e conflittuale.

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