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S’avanza uno strano soldato. Montezemolo…

La convocazione dei capigruppo alla Camera era – non solo per noi, certo – la prova che “qualcosa si è rotto” negli equilibri del potere. Borghese, altrimenti sembra un ragionamento “normale”. Fra coglioni in salotto.

Nemmeno il tempo di evocarlo ed eccolo qui il candidato sostituto! Un imprenditore, naturalmente, altrimenti si perde il “format” del “candidato della società civile” che “scende in politica” (mai uno che “salga”; dev’esser vero che la politica “è una cosa sporca”; come diceva il Duce…). Uno che sceglie come location il palco del sindacato di polizia Siap. Perché a nessuno sfugga che un certo tipo di “legalità” sta nel dna di questo parvenu (della politica, sia chiaro!). E’ uno che spara frasi profonde, che restano nella mente. Tipo: “se vuoi parlare di politica devi entrare in politica”. Incredibile, non ci aveva mai pensato nessuno! Prima.

Ma per fare politica, per “offrire soluzioni”, bisogna avere un programma. E lui ce l’ha. “Con lui – Berlusconi, sia chiaro – le tasse sono ai massimi storici. Doveva fare la rivoluzione liberale, guida oggi un governo che più neostatalista e protezionista non si può”. E quindi niente “nuova Iri” (quella perniciosa industria di stato che ha tenuto in piedi anche l’impresa privata, per decenni, prima che “i privati” si facessero avanti per rilevarne gli asset e poi rivenderli al primo che passava), niente “stato azionista” in imprese tipo Parmalat.

Questo nuovo eroe si chiama Montezemolo. Naturalmente. Viene da un’azienda seria come la Fiat, naturalmente. Quella che dice “o si fa come dico io oppure me ne vado a investire altrove”. O mi date il didietro, oppure non se ne fa niente. Un vero esempio di campione dell’italianità fetente. Ha fondato un’impresa di trasporti ferroviari ad alta velocità (Ntv) che voleva applicare in contratto per ferrovieri che prevedeva salari tagliati del 50% rispetto al normale; e che poi ha ripiegato sul contratto del commercio (è ovvio: a chi somiglia un macchinista? a un commesso, no?).

Ne ha per tutti. Per i “consigli di amministrazione gonfi di politici trombati”, per chi “si limita a curare il proprio orticello”, per concludere in tono risentito e semiprofetico che “non è accettabile essere esclusi dalle decisioni sul conflitto in Libia quando siamo noi a pagare il prezzo più alto. Così come non è accettabile che le frontiere dell’Italia non siano considerate frontiere dell’Europa con tutto ciò che ne consegue sul piano dell’aiuto che dobbiamo pretendere, nella gestione dell’emergenza profughi”.

Cuore all’Eni e al futuro (a proposito: è presidente della fondazione Italia Futura); testa alla morale e alla legge. Sintesi (quasi) perfetta tra Di Pietro, Scalfari e Berlusconi. Con dietro Marchionne.

Diciamola così. Un padrone che non è nemmeno proprietario di quel che comanda.

Non ci ha convinto nemmeno un po’. Può riprovarci, certo. Probabilmente, allora, ci farà ancora più schifo. Quanto Silvio, non un grammo di meno.

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