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Napoli. “Tana per la Nato”

“Questa manifestazione ha fatto tana alla Nato” grida un intervento dal camion che apriva il corteo che stamattina è partito dalla stazione Campi Flegrei per dire nel suo striscione di apertura “Giù le mani dalla Libia, giù le mani dai migranti”.Il luogo era quello adatto. Il corteo – almeno tremila persone in maggioranza studenti universitari e giovani – si è concluso infatti davanti al comando Nato di Bagnoli presidiato da un massiccio schieramento di polizia e carabinieri. La realtà ha imposto che lo striscione di apertura venisse preceduto dallo striscione che ricordava Vittorio Arrigoni ucciso a Gaza. Di striscioni simili ce n’era più di uno lungo il corteo, a conferma di come tutto il movimento No War abbia sentito come sue la vita e la morte di Vittorio e la mobilitazione a sostegno del popolo palestinese.

Il corteo di Napoli, che l’Assemblea napoletana contro la guerra ha fortemente voluto convertire in una chiamata nazionale, ha visto la partecipazione di attivisti soprattutto da Roma, Puglia, Firenze, Cosenza, Sicilia. Una presenza nazionale riscontrabile anche dai dialetti negli interventi conclusivi che hanno elencato i vari fronti che vedono impegnato il movimento No War: dai campi per gli immigrati a Manduria alla proliferazione dei radar in Sardegna (dove oggi è prevista una manifestazione contro le nuove installazioni, la militarizzazione e l’inquinamento che ne derivano), da Roma a Firenze e poi le realtà del Meridione che la guerra in Libia ha trasformato nella linea del fronte.

Quella nel Mediterraneo è ancora una guerra sottotraccia. I sondaggi (vedi sotto) confermano che la maggioranza della popolazione italiana è contraria a questa guerra, ma le troppe “distrazioni” o addirittura la complicità con l’intervento militare della Nato che ha cooptato tutto il centro sinistra ed anche settori del movimento pacifista, non rendono facile una mobilitazione adeguata a cogliere questa contraddizione tra maggioranza reale e maggioranza politica sulla questione della guerra. Sarà perché stavolta a voler bombardare non sono i perfidi yankee ma governi europei come Francia e Gran Bretagna, sarà perché molti ritengono che Obama non è Bush, sta di fatto che l’Italia sta dentro la guerra fino al collo ma sembra non volersene accorgere. E’ di questo che si discuterà nell’assemblea nazionale di domani mattina a Napoli. Appuntamento alle 9.30 all’università orientale (Palazzo Giusso).

I risultati del sondaggio Ipsos sulla guerra reso noto il 14 aprile

L’Ipsos informa che il sondaggio è stato effettuato online per Gran Bretagna USA e Francia; e con interviste telefoniche assistite da computer (CATI) per l’Italia. Si tratta cioè della quattro maggiori potenze della nato coinvolte nella guerra in Libia. L’Istituto precisa che sono state realizzate rispettivamente: 1016 interviste in Gran Bretagna, 1105 negli USA, 1017 in Francia e 757 in Italia. Tutti i campioni sono rappresentativi della popolazione di età compresa tra 16 e 64 anni (18 in Italia e negli USA) nei rispettivi Paesi in un periodo di tempo tra il 4 e il 7 aprile scorsi.

Alla domanda se siano favorevoli o contrari all’intervento militare del proprio paese in Libia, hanno risposto di essere favorevoli (tra molto e abbastanza) il 40% degli italiani, il 50% degli inglesi, il 55% degli statunitensi e il 63% dei francesi. Dunque il 60% degli intervistati italiani e la metà degli inglesi sono molto o abbastanza contrari all’intervento militare. Diverso il dato francese dove l’oltranzismo di Sarkozy sembra aver raccolto il senso comune revanscista della maggioranza della popolazione. Ma la delusione per Sarkozy arriva alla domanda successiva quando si chiede all’opinione pubblica se sia soddisfatta di come il proprio capo di stato abbia gestito la crisi libica. Qui i consensi di Sarkozy scendono di ben 13% punti e si accavallano esattamente a metà (il 50%) tra contenti e scontenti.  Il dato più basso tocca ovviamente a Berlusconi che vede ben il 70% degli intervistati dichiararsi insoddisfatti di come ha gestito la guerra in Libia. Insoddisfatti anche la maggioranza degli inglesi e degli statunitensi ma con percentuali meno clamorose di quelle italiane.

Solo la maggioranza dei francesi (il 64%) sembrano ritenere che le potenze della Nato abbiano obiettivi chiari nella guerra in Libia, mentre nel caso di Italia e Stati Uniti questa chiarezza la vedono solo tra il 44%, percentuale che sale al 49% tra gli inglesi che, come la Francia, hanno visto il loro governo scegliere l’oltranzismo interventista fin dall’inizio.

Le preoccupazioni economiche sulla crisi fanno però dire ad una maggioranza che oscilla tra il 79% degli inglesi e il 62% degli italiani, che “data la situazione economica…non ci possiamo permettere un intervento in Libia”. Anche qui unica eccezione i francesi che per il 50% pensano di potersi permettere anche la guerra sull’altra sponda del Mediterraneo.

Sugli scenari futuri, i più ottimisti e i più pessimisti sembrano essere gli italiani. Infatti per il 34% ci sarà un governo eletto democraticamente in Libia, mentre per il 55% il conflitto si protrarrà a lungo. Un po’ meno fiduciosi e meno pessimisti i francesi: il 30% ritiene che ci sarà un governo democratica per la Libia del dopo Gheddafi mentre gli inglesi appaiono più pessimisti: solo il 17% pensa che arriverà la democrazia sulle sabbie libiche, al contrario il 31% pensa che il conflitto si protrarrà nel tempo. Scarse le quotazioni sul mantenimento del colonnello Gheddafi al potere. Anche qui i più possibilisti sono gli inglesi (il 14%) e i più perentori gli italiani (solo il 4%).

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