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Il Pdl si inventa un segretario: Alfano

Come impedire che il risultato delle amministrative si traduca in una implosione di un “partito” proprietario? Dove lo sfregio all’immagine del capo è di solito immediato segnale di “rompete le righe”)

Per ora la risposta è davvero deboluccia: qualche spostamento di poltrona, con astri in discesa (il Cosentino accusato di essere referente del clan dei Casalesi e fino a pochi mesi fa nientepopodimeno che sottosegretario al ministero dell’economia, per la gioia di Tremonti) e Angelino Alfano che lascia lo scranno di ministro della giustizia e diventerà il segretario politico del Pdl. Ma gli attuali coordinatori del partito (Verdini e La Russa, che si opponevano a questa scelta; Bondi si era già dimesso) rimarranno l loro posto, sia pure un po’ ridimensionati. Niente rivoluzioni, insomma, non ce n’è la forza.

Entro giugno, il Consiglio nazionale del Pdl (un organismo puramente formale e senza alcun potere deliberativo che non corrisponda alla volontà del “capo”) formalizzerà il suo nuovo ruolo e quindi costringerà Alfano a dare le dimissioni da ministro.

Ovvia lotta per la successione, come se il governo avesse venti anni davanti. Fabrizio Cicchitto sembra abbia fatto “volontariamente” un passo indietro, mentre restano in corsa un riluttante Maurizio Lupi e addirittura tale Elio Vito, ex radicale cui a un certo punto è stato imposto di non andare mai in televisione perché il suo modo di presentarsi faceva perdere più voti della Santanché.

Al termine della riunione dell’ufficio di presidenza Silvio Berlusconi ha improvvisato una conferenza stampa: uno dei motivi della sconfitta elettorale sarebbe da addebitare a trasmissioni come Anno zero, «trasmissioni micidiali che hanno dato una visione distorta della realtà di Milano e delle città in cui si votava. Ci impegneremo in Parlamento affinché questo non possa più accadere». Il premier ha poi annunciato il definitivo tramonto della formula 30-70 come ripartizione degli incarichi fra ex An ed ex Fi nel Pdl. E sul prossimo candidato premier ha risposto con un sostanziale no comment: «Decideremo».
La promozione di Alfano a nuovo segretario politico del Pdl implica anche un problemino istituzionale interno al Pdl. La carica, infatti, non è prevista dallo statuto e dovrà essere provvisoriamente introdotta dal Consiglio nazionale della prossima settimana, in attesa della ratifica congressuale (in realtà era semplicemente impensabile, prima, che ci potesse essere un “segretario politico” che non fosse Berlusconi stesso).

Se il Cavaliere pensa di spegnere così il malessere che cova tra i molti “colonnelli” che sentono la disfatta alle porte dovrà probabilmente fare i conti con una situazione complicata.
Franco Frattini, Claudio Scajola e Roberto Formigoni masticano amaro. Il governatore lombardo per esempio, ha subito rilanciato le primarie: «Alfano farà certamente bene al partito – ha detto – ma il problema, per quanto riguarda i cambiamenti, è trovare il modo dopo 3 anni di coinvolgere la gente; ecco perché insisto con le primarie».
Gli ex An, tanto per cambiare, sono divisi. La linea portata avanti da La Russa – affiancare ad Alfano un «vice» ex An – non è stata appoggiata neppure dagli ex colonnelli di via della Scrofa e soprattutto dal sindaco di Roma Gianni Alemanno e dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (cui viene ormai attribuito il disegno di organizzare una corrente interna autonoma).

La Russa rimarrà coordinatore, ma solo con la delega per la propaganda (non proprio il suo forte), mentre a Denis Verdini rimane l’organizzazione.
Niente di clamoroso, come si vede. E quando a un tracollo strutturale si cerca di rispondere con una “romanella” senza pretese, il destino della casa è segnato. Anche se non dovesse arrivare il quorum ai referendum di domenica prossima.

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