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Controffensiva israeliana e reazionaria sulla kermesse in Duomo

MILANO
La kermesse Unexpected Israel promossa dal governo Netanyahu e patrocinata dal Comune di Milano – con delibera del 6 maggio della giunta Moratti – si farà in piazza Duomo. Strano. Anche il ministero degli Interni aveva espresso qualche preoccupazione circa l’ubicazione dell’evento (una struttura espositiva di 900 metri quadrati in piazza Duomo dal 13 al 23 giugno) tanto che si era parlato di uno spostamento al Castello Sforzesco, sede ugualmente prestigiosa ma più facile da controllare. Perché se è vero che il governo israeliano ha il diritto di farsi ospitare da un «paese amico» per far conoscere le sue bellezze naturali, la sua cultura e la sua tecnologia, è vero anche – come dice Piero Maestri del Comitato No all’occupazione israeliana di Milano – che è altrettantto «legittimo contestare e smascherare pacificamente l’operazione di ripulitura della politica israeliana».
Il ripensamento del ministero di Maroni complica le cose. Prima di tutto al questore di Milano, poi anche a Giuliano Pisapia, che nei prossimi giorni dovrà affrontare la sua prima grana da sindaco. In città non c’è luogo meno militarizzabile di piazza Duomo, è aperta su tutti i lati, è attraversata da migliaia e migliaia di persone di giorno ed è deserta di notte. Toccherà blindarla 24 ore su 24 e potrebbe non bastare, perché tutti sanno che per alimentare il clima isterico che si sta creando attorno a questo evento basterà un nonnulla, una scritta, una parola di troppo, forse anche qualche provocazione, tanto che oggi sono gli stessi organizzatori filo palestinesi della protesta a sentirsi minacciati. «Ora la provocazione è massima – spiega Filippo Bianchetti del Comitato – e siamo noi a sentirci minacciati, temiamo per una sorta di strategia della tensione».
L’unico a essere veramente minacciato è Giuliano Pisapia. Basta leggere la surreale dichiarazione di Savino Pezzotta (Udc), uno dei tanti che si stanno unendo al coro contro «l’arroganza intollerante di chi non vuole sentire le ragioni dell’altro» (come scrive Battista sul Corriere della Sera): «Pisapia garantisca il pacifico svolgimento della rassegna», dice Pezzotta. Saggio consiglio che sarebbe meglio dispensare in via Fatebenefratelli, non essendo Pisapia né questore né un esponente di Hamas. Ma non è il coro degli amici di Israele a creare grattacapi a Pisapia, è quel retropensiero nemmeno troppo sottaciuto che se a Milano dovesse succedere qualcosa, beh… tanto peggio per il nuovo sindaco «amico» dei centri sociali e degli «islamici» (ricordate?).
Per non rischiare di rimanere incastrato in una trappola preparata da altri, e non potendo fare altrimenti, Pisapia sta cercando di dispensare ragionevolezza a destra e a manca. «Milano è una città accogliente e ospitale e non può in alcun modo diventare la sede in cui si riproduce una scontro che da troppo tempo non trova una soluzione positiva e pacifica». E ancora: «Milano è gemellata con Tel Aviv e con Betlemme e deve continuare ad essere un punto di incontro tra culture, popoli e civiltà. Anche per queste ragioni la nostra città ospiterà Expo 2015 e continuerà a lanciare messaggi di pace e dialogo». C’è anche una promessa, che non può non far piacere alle associazioni che manifesteranno contro la kermesse israeliana. «Milano ospiterà, come previsto, la manifestazione Unexpected Israel e proporrà nei prossimi mesi una iniziativa perché venga conosciuta la realtà attuale della Palestina. Siamo protagonisti in queste settimane dell’avvio di una stagione di cambiamento e di stimolo per nuove opportunità di rilancio della nostra città e della nostra visione pacifica e cooperativa delle relazioni internazionali».
Il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, e quello della comunità di Milano, Roberto Jarach, sono soddisfatti per come si stanno mettendo le cose. «Vogliamo esprimere apprezzamento per il comportamento fermo e coerente tenuto dal sindaco di Milano e dal questore Alessandro Marangoni». La conferma di piazza Duomo, secondo loro, dimostra che «la civiltà non china il capo di fronte alle minacce» e «la democrazia non è imbelle e tollerante con i violenti». Di minacce e violenti per ora non c’è traccia, se il riferimento è al Comitato che sta preparando il corteo del 18 giugno. «Noi faremo di tutto – spiega Piero Maestri – perché le nostre proteste siano visibili e pacifiche, ma mi sembra che dall’altra parte ci sia qualcuno che ha intenzione di soffiare sul fuoco».
da “il manifesto” dell’8 giugno 2011

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