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41%! Il quorum è vicino, andate a votare!!

Il ministero degli interni ha diffuso i dati ufficiali sull’affluenza dei votanti alle 12. Ricordiamo che le operazioni di voto cominciavano alle 8,00 in ritardo rispetto alle altre tornate elettorali e referendarie. L’ennesimo trucchetto, per abbassare l’affluenza ad un’ora mediaticamente decisiva, dopo i Tg che hanno “sbagliato” ad informare sulla data della consultazione dando persino previsioni meteo pettinate per invitare gli italiani ad andare al mare. La comparazione con i precedenti referendum, ci riferiamo solo a quelli dove si votava in due giorni, mostra risultati veramente ottimi. Nel ’90, quando il referendum sulla caccia si fermò al 43,4 nella giornata di lunedì’, la domenica alle 12 i votanti erano il 5,0/5,1 per cento. Il referendum costituzionale del 2006, (che non aveva quorum e fu svolto praticamente a luglio e in pieni mondiali) si attestò sul 53,8 di votanti dopo che alle 12,00 della domenica aveva votato il 10,1 degli aventi diritto.
Anche se è meglio evitare un ottimismo sfrenato (la comparazione con il referendum ’87, con un dato simile ad oggi, l’11,9 che portò ad un afflusso di votanti al lunedì del 65,1) e aver ben chiaro che parliamo di periodi storici, e compartamenti sociali, che cambiano possiamo dire che il quorum è davvero a portata di mano. Fino ad oggi mai nella storia d’Italia un referedum con una prima affluenza simile è arrivato sotto il 50 per cento. E’ l’ora quindi di moltiplicare gli sforzi, portare al seggio anche chi non ha mai votato perchè un grande obiettivo storico, di emancipazione e di libertà è a portata di mano.

Non un passo indietro e soprattutto uno in avanti!

(red)

 

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Per capire l’aria che tira vi allegiamo anche questa illuminante cronaca tratta da “il Corriere della Sera” on line di oggi.

 

Affluenza alle 12? Più o meno…

In un seggio di Milano, rilevati i dati ben prima dell’ora stabilita

MILANO – Ore 11,30, sono al mio seggio nella scuola di via Gentilino a Milano per votare e, mentre presento i documenti, chiedo alla scrutatrice  se l’affluenza era stata, fino a quel momento, alta o bassa. Mi dice di leggerlo io stesso alla lavagna perché hanno già fatto la rilevazione delle 12,00. Vero è che siamo nell’Italia del “fare”, ma mi è sembrato un “mettersi avanti”  un po’ inappropriato, visto che c’era una lunghissima fila al seggio e che quella mezz’ora – se ha un senso fare le rilevazioni ad orario – sarebbe stata certamente significativa. Chiedo alla scrutatrice il perché di quell’anticipo e mi risponde che era già passata la persona addetta al rilevamento. Chiedo al Presidente di seggio se è prassi che il dato delle 12,00 venga richiesto con così largo anticipo e mi risponde che non sa, lui non c’entra.

PERCHÈ PRIMA? – Si sa che un giornalista è curioso per mestiere e, uscendo, chiedo – prima ad un poliziotto poi ad un vigile urbano – come mai la rilevazione delle 12.00 sia fatta non sulla base di chi alle 12,00 ha effettivamente votato, ma prima. A questo punto viene coinvolto anche un altro signore dell’ufficio elettorale (come mi viene detto) e spunta un documento, che “intraleggo” dalle loro mani, secondo il quale entro le 12 i dati devono essere trasmessi alla prefettura. Ovvio – mi dicono  – che se si devono trasmettere entro le 12.00 vanno rilevati prima. In effetti è ovvio e chiedo, allora, se il “prima” è codificato così precisamente come l’orario dell’invio oppure è a discrezione (di chi?). Il signore dell’ufficio elettorale mi dice che senz’altro sarà precisamente codificato, ma lui non ha questa informazione e mi invita a rivolgermi all’ufficio elettorale di via Messina. E qui concludo la mia “indagine”, perché tutto sommato l’informazione precisa avrebbe dovuto interessare più lui che me. Racconto la mia esperienza alla persona – Marina Varriano – che per oltre 10 anni ha presieduto il seggio al quale  voto, che mi dice che non le è mai capitato di dover fornire i dati di affluenza con tanto anticipo, ma “al massimo 10 minuti prima degli orari di rilevamento”.

SAREBBE MEGLIO DOPO – Ma al di là della più o meno libera interpretazione del “quanto tempo prima” rilevare i dati, quello che mi chiedo – perché l’informazione che ci viene fornita possa avere un senso – non sarebbe più logico che la raccolta dei dati di affluenza alle 12,00 avvenisse dopo le 12 cristallizzando (questo è possibile) il numero di votanti a quell’ora e svincolandosi così dal tempi che ragionevolmente servono per raccogliere i dati al seggio? E se questo fosse troppo anche per l’Italia del “fare”, quando il Viminale  trasmette i dati di affluenza ai momenti predefiniti dicesse francamente che sono dati rilevati, più o meno, all’ora indicata.

Maurizio Tucci
12 giugno 2011

 

***** anche perché…

Le analisi Gli esperti di flussi e i dati storici sulle affluenze

I sondaggisti e la soglia chiave – «Questa sera non sotto il 40%»

L’altro snodo è il dato delle 12: con meno del 10% quesiti a rischio. L’affluenza alle urne non è un flusso costante

 

(Fotogramma)
(Fotogramma)

ROMA – Le formule matematiche del giorno prima a poco servono per cristallizzare l’affluenza alle urne e, dunque, per tentare di prevedere il superamento del quorum (50 per cento più uno) capace di rendere valido il risultato dei referendum abrogativi. Tuttavia, dalle serie storiche ripescate in archivio dalla Direzione centrale dei servizi elettorali del Viminale emergono due costanti: dal 1974, il quorum alle 15 del lunedì è scattato solo quando l’affluenza dei votanti aveva superato il 10% alle 12 della domenica (con tre eccezioni nell’87, nel ’91 e nel ’93) e aveva scavallato la soglia di sicurezza del 45% la domenica sera. Occhi puntati, dunque, sui dati che il ministero dell’Interno diffonderà oggi alle 10 e alle 22 perché già su quelle percentuali nazionali sul tasso di astensionismo potrebbe giocarsi la validità dei quattro referendum.

E seguendo questa griglia c’è anche il caso del 1990, quando non fu raggiunto il quorum per sette punti (43,4%). Il 3 e il 4 giugno di quell’anno si votò per abolire la disciplina sulla caccia: alle 12 della domenica aveva votato il 5,1% ma la sera alle 22 si era recato alle urne il 31,5% degli italiani. Un dato che aveva fatto sperare (inutilmente, si è visto il giorno dopo) il fronte referendario.

Renato Mannheimer, sondaggista alla guida dei ricercatori dell’Ispo, dice che è molto difficile fare previsioni: «Certo, sotto la soglia del 10% dei votanti alle 12 della domenica sarà molto difficile centrare l’obiettivo del quorum anche se non possiamo considerare l’affluenza alle urne come un flusso costante…». Ha più certezze Roberto Weber (Swg di Trieste) che sposta, anche se di poco, la soglia di accesso al quorum: «Io direi che alle 12 della domenica ci vuole almeno il 12-13% mentre alle 22 bisogna raggiungere il 37-38%». Mannheimer segnala che sarà determinante il Sud (nel Mezzogiorno, storicamente, si vota di meno) mentre Weber mette l’accento sulla «quota crescente di elettori leghisti che hanno dichiarato di volersi recare alle urne».

Il fattore climatico (tempo bello, astensionismo alto) «non avrà un peso determinante» dice Maurizio Migliavacca, l’esperto di flussi elettorali del Pd: «Il 10% alle 12 della domenica è una soglia storicamente significativa per il raggiungimento del quorum. Meglio però l’11 o il 12% che sarebbero un segnale positivo. E poi, considerando che il lunedì mattina vota tra il 10 e il 15% degli elettori, la domenica sera l’affluenza utile per il quorum non dovrebbe essere inferiore al 35-40%».

Più cauto Peppino Calderisi (ex radicale oggi deputato del Pdl) che, non sottovalutando il fattore di una domenica di sole capace di tenere lontani dalle urne gli italiani, preferisce non ancorarsi a regole rigide: «Il 10% alle 12 domenica è un buon segnale per i referendari? Non credo in queste formule perché, a mio parere, il quorum si può raggiungere anche se la domenica mattina va a votare meno del 10% del corpo elettorale». E così, vale pena ricordare che al primo turno della amministrative 2011 ha votato il 68,58% (12,85% alle 12 di domenica, 49,67% alle 22) mentre al secondo turno l’affluenza è scesa al 60,12% (12,85% alle 12, 43,51% alle 22).

Dal 2003, infine, c’è una nuova variabile che il Viminale ha contabilizzato con pignoleria. Il voto degli italiani residenti nella circoscrizione estera, dove quasi nessuno compila la scheda, «pesa» sul dato di affluenza definitivo (Italia+Estero) in misura variabile: nel 2003 (reintegrazione lavoratori legittimamente licenziati, quorum non raggiunto) la media italiana di affluenza fu del 25,9% ma all’estero scese al 23,1%. Risultato Italia+Estero, elaborato dal Viminale, 25,7% (-0,2%). Più «pesante» è stato l’apporto negativo sull’affluenza nel 2005 quando, senza successo per il quorum, si sono svolti i quattro referendum sulla procreazione medicalmente assistita: allora il differenziale Italia (26%) Estero (20%) ha portato a un dato di affluenza del 25,6%.

Dino Martirano

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