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Val di Susa. I padroni festeggiano

Da La Stampa

Abbattuto il muro dell’illegalità

LUIGI LA SPINA

Un muro è stato abbattuto: quello dell’illegalità che cingeva d’assedio il cantiere di Chiomonte, impedendo l’inizio dei lavori per la costruzione della linea di alta velocità Torino-Lione. Un altro muro si è innalzato: quello tra i valsusini contrari all’opera e i gruppi di violenti che hanno assalito con una pesante sassaiola le forze dell’ordine, utilizzando grosse pietre, estintori, balle di paglia incendiate. Il prezzo dello straordinario esempio di addestramento e di controllo dei nervi dimostrato da poliziotti, carabinieri e finanzieri è stato alto e amaro, perché ben 62 sono stati feriti, ma il loro comportamento ha evitato che lo sgombero del primo cantiere provocasse più gravi conseguenze. Così, alla fine di una giornata di grandissima tensione in tutta la valle, il bilancio «politico» dell’operazione d’avvio dei lavori si può considerare sostanzialmente positivo.

Si deve dare atto a tutti i responsabili del ministero dell’Interno di aver pianificato le mosse delle forze dell’ordine con grande abilità tattica e con accorto senso di responsabilità. L’uso dei lacrimogeni ha reso impossibile lo scontro diretto con le frange violente dei «no Tav».

D’altra parte, non si è verificato il fenomeno più temuto, quello che nel 2005 aveva provocato gravissimi incidenti e il forzato blocco dei lavori, cioè la partecipazione massiccia degli abitanti della valle alle azioni di protesta dei manifestanti più estremisti. Certo l’apertura del cantiere avvenuta ieri non deve illudere, perché i violenti non rinunceranno ai loro metodi di lotta e molti valsusini resteranno contrari al progetto. Ma l’esito della giornata, almeno, non ha confermato quelle fosche previsioni che, alla vigilia, molti avevano avanzato.

Un contributo alla riflessione, nelle prossime settimane, potrà avvenire quando saranno esaminate, con maggior approfondimento e meno emotività propagandistica, le risposte che la nuova versione del progetto alta velocità Torino-Lione ha cercato di offrire alle tre principali obiezioni di coloro che lo osteggiano. L’ultima variante del percorso, infatti, quasi dimezza il costo dell’opera; non prevede più cantieri nella bassa valle; individua una serie di tappe per l’intera realizzazione della nuova linea.

Per chi è ideologicamente contrario all’Alta velocità o per chi cerca un pretesto per una generica lotta contro lo Stato e, quindi, non è interessato veramente a entrare nel merito dei problemi, questa correzione in corsa non cambierà sicuramente le intenzioni più bellicose. Ma per la grande maggioranza degli abitanti valsusini, quella che si interroga, con timori comprensibili, sulle conseguenze concrete dei lavori per la loro vita, forse le nuove proposte attenueranno le preoccupazioni fondamentali. Anche perché è più difficile parlare di «devastazione della valle» se si valutano con attenzione le modifiche previste. Inoltre, se davvero i flussi di traffico non dovessero crescere fino a quei livelli che costringerebbero a rifare l’intera linea, l’utilizzo di parte di quella «storica» potrebbe essere confermato. Una flessibilità, dunque, che non esclude una revisione del progetto alla luce delle diverse condizioni che si dovessero presentare in futuro.

C’è, infine, un altro elemento confortante da registrare al termine della giornata. L’inizio dei lavori a Chiomonte dà un primo segnale positivo agli ultimatum dell’Unione europea per il rispetto dei tempi da parte italiana. E’ evidente che il rischio di perdere gli oltre seicento milioni di euro stanziati da Bruxelles per il tragitto italiano della Tav non è fugato da un atto quasi simbolico quale si è compiuto, ieri, in Valsusa. Il cantiere esplorativo della Maddalena dovrà andare avanti e gli altri, previsti dal progetto, dovranno essere aperti alle scadenze programmate. I primi commenti, anche informali, registrati negli ambienti comunitari fanno capire che l’Europa guarda con un certo scetticismo e con immutata apprensione al faticosissimo avvio dell’opera. Ma un ulteriore ritardo non sarebbe stato certamente tollerato. L’ottimismo non è prudente e, forse, neanche consigliabile, ma non è proibito. Per ora, accontentiamoci.

Da IlSole24Ore

Così sta partendo il cantiere della Tav, dopo gli scontri e i lacrimogeni

di Maria Chiara Voci

 

CHIOMONTE (Torino) – Dopo le barricate, gli scontri e i lacrimogeni, utilizzati in grande abbondanza, nel tardo pomeriggio, sulla strada che conduce al presidio Clarea di Chiomonte, fra le coltivazioni a vite dell’Avana (o vino del ghiaccio), del movimento no Tav non restano che i segni della lotta.

Centinaia di carabinieri e forze di polizia da ore presidiano l’area, che è stata immediatamente recintata e dove sono si sta montando la base, che resterà operativa 24 ore su 24, a garanzia di chi lavora. Gli operai della Italcoge e della Martina (le due aziende valsusine, incaricate da Ltf di recintare e realizzare le opere di accesso al cantiere) lavorano a pieno ritmo per creare lo svincolo che, dall’autostrada del Frejus scenderà direttamente all’area di scavo del cunicolo esplorativo della Maddalena. Per realizzare la galleria serviranno 36 mesi.

Le barriere antirumore sono già state rimosse e le ruspe iniziano a sbancare e spianare la strada. L’A22, interrotta da questa mattina fra Avigliana ovest e Bardonecchia, proprio per permettere lo svolgimento delle opere, sarà riaperta forse già in nottata. Dopo giorni di attesa, allarmi ripetuti e smentite, la prima opera della Torino-Lione sul versante italiano sta, dunque, prendendo il via. Come aveva richiesto l’Unione europea, entro il 30 giugno: comunque in ritardo di mesi, rispetto al cronoprogramma iniziale.

L’accesso all’area di cantiere è blindato: sono pochi i giornalisti autorizzati a entrare, il via libera è solo ai contadini, che alla spicciolata, nel pomeriggio, hanno cercato di raggiungere le proprie vigne per verificare i danni subiti. «Il problema – raccontano due dipendenti della azienda agricola Clarea, quella che qui raggruppa la maggior parte dei coltivatori – sono i lacrimogeni. Sono stati utilizzati in grande abbondanza, proprio a fianco dei capannoni dove abbiamo le botti per l’invecchiamento del vino in barrique. Decine di litri, che ora rischiano di andare sprecati. Senza contare che, ora, al presidio non c’è acqua. Qualche mezzo deve aver danneggiato una tubazione».

Sull’asfalto, camminando verso la baita abusiva, simbolo del Movimento No Tav, sono evidenti i segni della lotta. Nelle palizzate divelte, barriere difensive organizzate con transenne, reti metalliche, carrelli, pietre e mezzi di fortuna, per impedire l’ingresso delle forze dell’ordine, che ora giacciono abbandonate ai lati della strada. Nell’asfalto, bruciato. Nei bossoli, copiosi, dei lacrimogeni, utilizzati dalla polizia in gran quantità: forse l’espediente che ha evitato la tragedia.

«Abbiamo immediatamente recintato l’area – racconta un carabiniere -. Ora stiamo allestendo la base. Resteremo qui a turni di sette ore. Per garantire la tranquillità di chi deve lavorare. Controlleremo tutti i punti sensibili». Qui dove fino a ieri l’atmosfera, in attesa degli scontri, era quella della festa di paese, ora è un fermento di organizzazione tra chi intende difendere il sito. Per terra, negli angoli, ciò che ancora resta del campo tendato organizzato dai No Tav, che per tre settimane hanno davvero gestito la Maddalena come una piccola repubblica indipendente.


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