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Verona. Tardiva condanna dei criminali nazisti

Ha dovuto attendere 67 anni, per il processo di primo grado che si è concluso con nove ergastoli la giustizia per una serie di eccidi nazisti, con almeno 350 le vittime civili, che la divisione tedesca «Herman Goehring» ha commesso sull’Appennino tosco-emiliano nel 1944. Nel tentativo di stroncare la Resistenza, il corpo di spedizione tedesco distrusse almeno cinque paesi: Monchio, Costrignano e Susano nel modenese, Caervarolo nel reggino e Vallucciole ad Arezzo. Dopo alcuni scontri avvenuti nel marzo 1944 tra formazioni partigiane e truppe nazifasciste scattò la rappresaglia degli uomini della «Goehring» che, dopo averli bersagliati con l’artiglieria, passarono letteralmente al setaccio e senza alcuna pietà i cinque paesini coinvolti nella vicenda. I tedeschi entrarono nelle case, razziarono tutto uccidendo sul posto donne, bambini ed anziani mentre gli uomini abili, prima di essere falciati con le mitragliatrici, furono costretti a trasportare i loro beni, cibo e bestiame, nei centri di raccolta allestiti dai tedeschi.

Ieri il Tribunale militare di Verona, con collegio presieduto da Vincenzo Santoro ha accolto le richieste dei Pm Luca Sergio e Bruno Alberto Bruni. L’ergastolo è stato inflitto a Ferdinand Osterhaus 93 anni, all’epoca sottotenente, Alfred Luhmann, 86 anni (caporale), Fritz Olberg, 89 anni (sottotenente), Wilhelm Karl Stark, 90 anni (sergente), Helmut Odenwald, 91 anni(capitano), Hans Georg Karl Winkler, 88 anni (sottotenente), Erich Koeppe di 91 anni (tenente), Karl Friedrich Mess di 89 anni e Herbert Wilke 92 anni. La corte ha deciso il «non luogo a procedere» per altre tre persone perchè nel frattempo sono decedute ma ha previsto il risarcimenti per i parenti delle vittime, l’Anpi, i comuni interessati, la Provincia di Modena e la Regione Emilia Romagna. Una sentenza accolta nel silenzio assoluto da parte dei parenti delle vittime che sono giunti numerosi a Verona.

I processi contro molti crimini nazisti commessi in Italia durante la guerra, come in questo caso, sono arrivati tardivamente e non si sono celebrati affatto. La documentazione su questi crimini era stata occultata sin dal dopoguerra, fino a quando nel 1994, per puro caso, il procuratore militare Antonino Intelisano, che in quel periodo si  occupava del processo contro l’ex ss Erich Priebke, trovò un armadio, rimasto per anni con l’apertura rivolta verso il muro, all’interno del quale c’erano dei documenti, archiviati provvisoriamente 34 anni prima, che provavano quelle atrocità. “L’armadio della vergogna” , come viene definito in un libro memorabile da Franco Giustolisi, era in uno sgabuzzino di Palazzo Cesi, in via degli Acquasparta a Roma, nella cancelleria  della procura militare. Esso conteneva i falconi con una sequela sconvolgente di atrocità compiute dai nazisti nel nostro paese: da Acerra a Trieste, nei confronti di detenuti politici, partigiani, ebrei, anarchici, antifascisti, gente comune e popolazione inerme. L’armadio conteneva infatti  il promemoria “Atrocities in Italy” (atrocità in Italia), che portava stampigliato in chiara evidenza il timbro secret. L’elenco proveniva dal comando dei servizi segreti britannici, venuti a sapere dei fatti durante la campagna d’Italia. “Gli inglesi – spiega lo storico Mimmo Franzinelli – avevano raccolto le denunce presentate dai parenti delle vittime e le avevano integrate con accertamenti e istruttorie sommarie, sufficienti però ad identificare gli elementi principali di ogni singola vicenda. Quando consegnarono il materiale ai giudici italiani, questi pensarono bene di rendere pubbliche solo le denunce contro ignoti, mentre si optarono invece per “l’impropria giacenza” in quei casi dove le denunce consentivano di individuare i militari, e non solo tedeschi, colpevoli degli eccidi».

L’occultamento e la copertura dei responsabili furono, secondo Franzinelli, un fenomeno dovuto alla continuità dell’amministrazione della giustizia tra fascismo e democrazia, condizionata da magistrati che si erano formati professionalmente e culturalmente sotto la dittatura. Lo storico riproduce nel libro “Le stragi nascoste” molti documenti, le foto delle esumazioni dei martiri di Fossoli, l’elenco delle atrocità  nascoste, comprendente luogo, data e una sintesi dei fatti, e un utilissimo indice dei nomi e dei luoghi. Ripercorre l’iter giudiziario della strage del campo di Fossoli, dove vennero uccisi 67 internati e conclusosi con l’archiviazione e pubblica la sentenza di condanna contro il boia di Bolzano, Michael Seifert. Il ritrovamento tardivo dei fascicoli ha fatto sì che la maggior parte dei criminali nazisti responsabili rimanessero impuniti e al contempo ha ostacolato la ricostruzione storica di quei crimini.

Gli ex nemici di una volta – la Germania – erano diventati alleati per la guerra fredda contro l’Urss che si stava combattendo in Europa. Non si poteva dunque mettere in imbarazzo il nuovo alleato germanico (in prima linea contro i paesi del patto di Varsavia) con richieste di rinvio a giudizio di suoi militari. Anche perchè altri paesi, dall’altra parte della cortina, paesi come la ex Jugoslavia facevano pressione contro gli alleati per mandare sotto processo i militari italiani responsabili di crimini di guerra, soprattutto nei Balcani. Emblematico è anche il fatto che il processo contro i criminali nazisti si sia tenuto a Verona, la città che rappresenta tuttora il “cuore nero” di questo paese.

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