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Fuori dal tunnel dell’eterna emergenza

VENAUS

È indifferente al contesto, spreca il denaro pubblico, non esprime le necessità di una comunità ma solo le esigenze del potere economico. Indovinare di cosa si tratta è più semplice di quanto si pensi. La risposta è: grande opera «inutile e dannosa». A chiarire il concetto ci ha pensato il meteorologo Luca Mercalli, al primo giorno, venerdì, del Forum interamente dedicato al tema, che si sta svolgendo in Val di Susa. «Opere come il Tav – ha spiegato – dovrebbero essere sottoposte, prima di ogni decisione, a critiche rigorose. Invece si dice, manu militari, che bisogna dare la parola alle ruspe perché è necessaria. Se è necessaria, dimostratelo con le cifre».
E numeri significativi li ha snocciolati ieri, nella seconda giornata, Dario Balotta, presidente dell’Onlit (Osservatorio liberalizzazioni infrastrutture e trasporti) presentando i dati di Cargo Fs, che dimostrano il «crollo del trasporto merci ferroviario» in Italia: 8 mila carri merci e 256 locomotive in meno dal 2008 al 2009. «Pessime performance gestionali»: 7% la quota di trasporto su ferro in Italia rispetto al 12% europeo (Francia al 14 e Svizzera al 64). «Prima di ponti e trafori avremmo bisogno di arrivare agli standard europei». È calato del 72% (dal 2000 al 2009) il traffico merci verso la Francia, -42% quello passeggeri (+16% verso la Svizzera). «Si tratta, quindi, di una direttrice non strategica come vogliono far credere i promotori della Torino-Lione. La vera urgenza – ha sottolineato – non è raddoppiare il tunnel del Frejus, ma adeguare e rilanciare la rete esistente per accogliere le migliaia di tir che arriveranno in treno dal Nord Europa nel 2016 con l’apertura del nuovo tunnel del Gottardo e far proseguire ai container il viaggio su ferrovia anziché su strada come avviene oggi».
Nella mattinata, a Liceo di Bussoleno, si sono alternati comitati italiani ed europei che lottano contro grandi opere ritenute inutili, dalla Germania alla Francia, dalla Spagna all’Abruzzo e alle Marche. Mega-gasdotti, stazioni interrate, aeroporti faraonici, linee d’alta velocità. Non un’opposizione tout-court, ma motivata da analisi e studi. Nel pomeriggio si è svolta una lunga tavola rotonda. Per Domenico Finiguerra, sindaco Cassinetta di Lugagnano fondatore del movimento stop al consumo di territorio, bisognerebbe contrapporre «a poche grandi e dannose opere una miriade di piccole opere utili per risanare il dissesto idrogeologico», ancor di più in questa fase di crisi economica: «Se crolla il tetto del tuo garage, non ti compri una Ferrari, ti sistemi il tetto e ti tieni la Punto. Chi propone opere come il Tav si autoproclama moderato e ci taccia come sovversivi. Estremisti sono, invece, loro che non hanno coraggio di mettere in discussione un modello di sviluppo non più sostenibile». Il mito della crescita infinita ha fallito: «Ogni anno, in Italia, vengono coperti dalla ‘crosta repellente di cemento e asfalto’, come la definiva Antonio Cederna, 500 chilometri quadrati di suolo, 62,5 metri quadrati al minuto».
È, poi, intervenuto Sergio Ulgiati, docente di Scienze ambientali a Napoli: «È fondamentale capire se l’impatto ambientale e i costi energetici e sociali sono accettabili se paragonati ai benefici e, pure, chi paga i costi (anche quelli occulti) e chi gode dei benefici. Le comunità che vogliono ‘controllare il conto’ non stanno difendendo il loro giardino ma i diritti e lo stile di vita di popolazioni lontane colpite da uno sviluppo di cui non godranno mai i benefici». Ivan Cicconi, direttore di Itaca (Istituto per la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale) ha, invece, inquadrato le caratteristiche della grande impresa post-fordista impegnata a realizzare grandi opere: «Strutturata come un’enorme ragnatela, è orientata solo al mercato e ormai priva di innovazione tecnologica. Scarica la competizione verso il basso alimentando il lavoro nero. L’unico prodotto che può consentire a questo modello di impresa virtuale di massimizzare i profitti è la grande opera che ha un valore solo per il presente, prescinde dal passato e dal futuro». Oggi, a Bussoleno, ancora dibattito (con Gianni Vattimo, Alessandra Algostino ed Elena Camino) e l’assemblea finale.

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Una mappa di vere mostruosità e grandi cattedrali nel deserto
Mille cantieri faraonici su territori spesso a forte rischio sismico

Se si nascondesse il nome di ogni grande opera e si provasse a comparare il modello persuasivo utilizzato per convincere le popolazioni degli ipotetici benefici e anche le contestazioni, sarebbe difficile riconoscere di quale progetto si tratta. Linee d’alta velocità o gasdotti? Poco cambia. Al Forum tematico contro le grandi opere inutili, che si sta svolgendo tra Bussoleno e Venaus (organizzato dal movimento No Tav e patrocinato dal comune di Venaus e dalla comunità montana), è emersa una mappa sotterranea di «opere mostro» che mangiano suolo, sprecano denaro pubblico e non rispondono a nessuna domanda reale. Negli interventi dei tanti comitati presenti sembra di sentire un’unica storia. Prima un progetto faraonico e una propaganda astuta ma completamente indifferente ai dati scientifici. Poi, un’opposizione vivace ma non sempre così ampia come nella mobilitazione in Valsusa. E, ancora, una repressione sistematica e una distorsione informativa da parte dei media mainstream. Non solo in Italia, ma anche in Francia, Germania e Spagna.
Unendo i punti sulla cartina, si va da Stoccarda alla regione della Loira, da Barcellona a Brindisi passando per Sulmona, arrivando a Bologna e al Piemonte (aggiungendo il ponte sullo stretto di Messina si avrebbe un primo quadro della situazione). Stuttgart 21 è il progetto della nuova stazione ferroviaria dell’altavelocità nel cuore sotterraneo di Stoccarda. «Imposta anche con la violenza e contro il volere delle popolazione» ripete il movimento che si oppone all’opera. Cade (Collettivo di Associazioni in Difesa dell’Ambiente) è il movimento No Tav dei paesi baschi francesi cofirmatario della Carta di Hedaye, un vero e proprio manifesto di lotta a livello europeo contro la Tav, dove la Valsusa fa scuola di lotta. A Notre-Dame-des-Landes la popolazione si batte, invece, da tempo contro la costruzione di un mega aeroporto: «Un progetto – denunciano – vecchio di 40 anni e in grado di divorare 2000 ettari di terreni agricoli». A Barcellona è quasi completata la galleria della linea ferroviaria ad alta velocità contro cui hanno lottato diverse associazione.
Arrivando in Italia, ecco il mega-gasdotto di 700 chilometri della Snam da Brindisi Minerbio. I No Tubo si battono contro la costruzione di questa devastante grande opera sulla dorsale appenninica: «Il percorso peggiore. Alle porte de L’Aquila, in un territorio fragilissimo dal punto di vista sismico». E, ancora, a Firenze la lotta contro il sotto-attraversamento della città con stazione e binari della Tav interrati: «Inutile e costosissimo». Consentirà l’altavelocità? «Nemmeno, le curve a 90 gradi permetteranno una velocità massima di 70 chilometri orari». Infine, la tangenziale ovest di Asti e quella Est di Torino (scollegata con la città): due cattedrali nel deserto. Mega progetti figli di nessuna programmazione. Tornando alla mobilitazione sul campo, è notizia di ieri che Giorgio, 33 anni esponente dell’Acrobax di Roma è ora agli arresti domiciliari. Lo ha deciso il gip di Torino, Federica Bompieri. Era stato arrestato durante gli scontri con le forze dell’ordine intorno al cantiere della Maddalena di Chiomonte.

da “il manifesto” del 28 agosto 2011

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