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«Noi non siamo in debito, non faremo ancora sacrifici»

Subito in attività?

Beh, andiamo un po’ di corsa, ma la situazione ha subito una forte accelerazione. Già domani ci vediamo, perché c’è la giornata del 6 settembre (lo sciopero, ndr) da preparare. E anche l’appuntamento del 10, che inizialmente doveva essere una grande riunione di delegati di varie situzioni nazionali assume connotati un po’ diversi.
Ci sono già idee in campo?
Quella di rimanere in piazza, il 6, se la sera ci sarà ancora la discussione in Parlamento sulla manovra. Eventualmente anche l’assemblea del 10, prevista nel deposito occupato di S. Paolo, diventerebbe un incontro fatto in piazza. Un’occasione per guardare alla giornata del 15 ottobre.
Di cosa si tratta?
Una giornata europea di mobilitazione contro l’austherity, le banche, l’Europa, proposta dai giovani spagnoli; se n’era cominciato a parlare a Genova, negli «Stati generali della precarietà». Quelli di Barcellona hanno promosso un’assemblea di tre giorni – 11,12, e 13 settembre – proprio per preparare la giornata europea, L’idea è di lanciare un appello, già domani, per cominciare a praticare questo percorso, fino a una manifestazione nazionale a Roma.
Soggetti promotori e settori sociali?
La proposta è stata raccolta da tantissimi. Delegati sindacali, di base ma non solo; (ci saranno anche esponenti Fiom e pezzi di Cgil che non condividono l’accordo del 28 giugno (il «patto sociale», ndr), delegati autoconvocati senza tessera. E poi i territori, dai No Tav ai No Ponte, Terzigno, i movimento di lotta per la casa (Firenze, Bologna, Roma, ecc). Dal Cantiere di Milano a Atenei in rivolta, No Expo, ecc. Ci aspettiamo almeno 6-700 delegati.
Come si lotta contro questa manovra?
Noi diciamo due cose: noi non siamo in debito, semmai in credito. Inutile quindi che ci parlino di coesione, di «stare tutti sulla stessa barca», di «essere responsabili». In questo senso, parliamo da «irresponsabili»: la crisi non è colpa nostra e quindi non possono chiederci altri sacrifici, in uno spirito da difesa nazionale. La seconda è che non ci interessa sottostare alla logica dei «saldi finali», come se non fosse importante chi è che paga. Anzi, secondo noi il debito non andrebbe ripagato. Magari facendo come in Islanda, dove sono stati spiccati mandati di cattura per i dirigenti delle banche che speculando avevano fatto fallire il paese. Per questo è fondamentale creare uno spazio indipendente di mobilitazione,
Sapete anche voi che per far fallire una «manovra», ossia un governo, serve una mobilitazione sociale notevole. Ben al di là di un «soggetto indiopendente»…
Mi sembra che ci siano tutte le condizioni per allargare lo spazio sociale. La questione dell’«indipendenza» non attiene a un mondo specifico o «separato», ma è legata tutta alla piattaforma di lotta. Se unconiamo un mondo largo, che costruisce il percorso vero il 15 ottobre e che dice «noi il debito non lo paghiamo», invece di dire solo «lo devono pagare i ricchi», è una cosa interesante. Se sull’accordo del 28 giugno in tanti diciamo che non va riconosciuto e rispettato; se il sindalismo conflittuale si allarga… questo intendiamo per «indipendente». Anche le «incomprensioni» tra la Cgil e il Pd ci sembrano significative. E trovo atroce e irresponsabile che sia stato utilizzato Boccuzzi (l’unico sopravvissuto nel rogo della Thyssen, oggi deputato Pd, ndr) per aprire una polemica nei confronti del sindacato.

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