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I contractors italiani in Libia: “Ci specializziamo in Israele”

Il loro rimpatrio è avvenuto dalla Libia, via Malta, dove i tre erano giunti via mare. Il volo di linea dell’Alitalia (AZ887) è atterrato due giorni fa alle 15.45 all’aeroporto «Leonardo da Vinci». In Boero, Cataldo e , Carella, al loro arrivo non hanno parlato con i giornalisti, dopo aver ritirato i bagagli hanno lasciato lo scalo a bordo di un’auto dei carabinieri. Secondo quanto si è appreso, i tre verranno ascoltati nelle prossime ore dalla procura di Roma. “Abbiamo una formazione militare, seguiamo dei corsi di specializzazione in Paesi come Israele. Alcuni di noi hanno già fatto esperienze sul campo” riferisce il blog del settimanale Panorama. I tre contractors affermano di essere stati contattati per un servizio nel settore della sicurezza per conto di “qualcuno in Europa”, ma non si spiegano meglio. Sembrano provati e soprattutto inquieti. Non vogliono essere fotografati. Quando chiediamo come mai in Italia la loro scomparsa era passata inosservata, rispondono “nel nostro mestiere è normale, le famiglie sono abituate”. A proposito dei tre contractors italiani arrestati in Libia e liberati dai ribelli, il ministro degli Esteri Frattini ha affermato che “neanche la Farnesina conosceva della presenza dei tre italiani, né cosa stessere facendo”. ”Dopo la cattura di questi tre italiani, nessuno neanche le famiglie o le aziende da cui evidentemente dipendevano, se dipendevano da un’azienda, ha segnalato che erano scomparse tre persone”. E questo è’ avvenuto sebbene ”sembra che siano state detenute in questo carcere per un mese”, nonostante di solito le famiglie di connazionali spariti chiamano la Farnesina ”già la mattina dopo”. Alla domanda se i tre italiani non siano agenti di intelligence Frattini ha risposto: ”Assolutamente no. Non hanno niente a che fare con gli apparati dello stato dello Stato”.

Dopo la notizia che Antonio Cataldo, uno dei tre italiani liberati in Libia dai ribelli dopo essere stati catturati dai fedeli del colonnello Gheddafi, si sarebbe addestrato in un campo militare a Scandicci, alle porte di Firenze, la procura del capoluogo toscano ha deciso di aprire un fascicolo sulla struttura.
I pm vogliono sapere se le attività svolte nel campo sono ludiche, come sostengono i gestori, o pure paramilitari, ipotesi adombrata dalle parole dei Cataldo. Agli investigatori della capitale, che indagano sulla vicenda dell’arresto dei tre italiani, Cataldo, Luca Boero e Vittorio Carella hanno detto di essere andati in Africa per lavorare in Tunisia come sorveglianti privati.
Il campo di addestramento sulle colline fiorentine si chiama VII Rai (Reparto assalto e interdizione). Sul sito la struttura si presenta come sede di un’associazione sportiva dilettantistica per lo svolgimento di softair (il gioco della guerra simulata) ma anche per l’addestramento militare. Il proprietario, Claudio Naldoni, ha detto di non poter sapere se Cataldo sia passato dalla sua struttura, escludendo che chi esce dai suoi giochi possa essere pronto per un vero teatro di guerra.

La vicenda dei tre mercenari – secondo Indymedia legati al giro di Paolo Simeoni e all’organizzazione paramilitare fascista di Gaetano Saya – continua ad essere avvolta da una cappa di piombo di silenzi. E’ l’ulteriore conferma che gli “uomini neri” esistono e sono ancora attivi.

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1 Commento


  • Arjuna

    Le conclusioni giornalistiche sono di una demenzialità sconcertante.
    Non faccio riferimento a “giornale comunista online” ma al giornalismo in generale.
    La capacità, l’intelligenza e la conoscenza degli argomenti trattati sono oramai diventati requisiti assolutamente inutili per fare informazione ed essere giornalisti.
    Fanno ahimè sorridere certe affermazioni a senso unico, che agli occhi di chi conosce la materia, gli autori paiono giocare a chi si espone di più al pubblico ludibrio.

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