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Una manovra impecettata

Salve le feste del Primo maggio,
25 aprile e 2 giugno

Le tre feste civili non saranno più accorpate alla domenica. Resta la festa del patrono di Roma

MILANO – Salve le feste del Primo Maggio, del 25 aprile e del 2 giugno ma non le feste patronali. È quanto prevede un emendamento alla manovra approvato dalla Commissione Bilancio del Senato. Lo riferisce Vincenzo Vita del Pd a margine dei lavori a Palazzo Madama. Le tre feste civili non saranno più accorpate alla domenica. L’emendamento era del Pd ed è stato accolto dal relatore. Resta l’accorpamento alla domenica per le feste patronali, con l’eccezione della festa del patrono di Roma, San Pietro e Paolo, che è tutelata dal concordato.

ACCADEMIA DELLA CRUSCA – Ma non è l’unica novità. Sono salvi dalla soppressione gli enti di ricerca e gli enti culturali sotto i 70 dipendenti. Lo prevede un emendamento bipartisan alla manovra approvato all’unanimità dalla Commissione Bilancio del Senato. Sono salvi quindi piccoli enti come l’Accademia della Crusca e l’Accademia dei Lincei.

GOVERNO BATTUTO – Nel corso dei lavori il governo è stato anche battuto su un emendamento che impone alle pubbliche amministrazioni la certificazione dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese. Il governo aveva dato parere contrario ma Forza del Sud ha votato con l’opposizione e l’emendamento è passato.

LE NOVITÀ – Novità positive anche per gli statali, nel caso di mancati risparmi dei ministeri. Non saranno i dipendenti a pagare con un rinvio della tredicesima ma i dirigenti responsabili con un taglio del 30% dei premi di risultato. Salvi anche i Fas regionali, non pagheranno al posto dei dicasteri che non risparmieranno. Sulle cooperative si è messa in moto anche la macchina degli emendamenti al Senato e sia il Pdl che la Lega hanno presentato un sub-emendamento fotocopia all’emendamento fiscale di Tremonti-Azzollini per salvaguardare dalla stretta sulle agevolazioni almeno le banche del credito cooperativo. In cambio si chiede un imposta di bollo sulle rimesse all’estero, salvaguardando le persone fisiche, e quindi i lavoratori immigrati in Italia. La proposta dovrebbe essere esaminata dalla Commissione sabato. I senatori si incontreranno alle 9.30 per esaminare gli emendamenti dall’articolo due in poi. La manovra approderà in Aula martedì.

Redazione Online Corriere della sera

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«Ogni giorno le proposte della manovra economica al vaglio del Parlamento italiano appaiono e spariscono, sembrano usate come ‘palloncini sondà per le difficoltà di Berlusconi di venire a patti con la sua coalizione. Inoltre il premier deve fronteggiare le critiche dell’opposizione e dei sindacati». È quanto scrive l’International Herald Tribune sottolineando che «tutto ciò una volta sarebbe stato il solito teatrino della politica italiana, ma con il futuro del’euro in gioco i leader politici europei stanno diventando sempre più preoccupati da questo scompiglio». Sul fronte interno, aggiunge il quotidiano, anche Confindustria manifesta tutta la sua preoccupazione, definendola «debole e inadeguata». Il quotidiano passa in rassegna le varie misure prima annunciate e poi rimosse dalla manovra, per concludere sulla ipotesi dell’aumento dell’Iva. «Un’altra manifestazione della confusione generale – sottolinea l’International Herald Tribune – Berlusconi dopo aver detto che come extrema ratio poteva salire dal 20 al 21%, sette ore dopo riferiva ai giornalisti a Parigi che sarebbe potuta aumentare al 22% per tre mesi, se necessario»

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Dubbi della Ue sulla stretta anti-evasori
Tremonti assicura: «Manovra solida»

Sul condono: una misura una tantum che non ci sarà

MILANO – Non prevede alcun condono la manovra messa a punto dal governo con il pacchetto di emendamenti presentato giovedì. Lo assicura Giulio Tremonti. L’Europa intanto esprime i primi dubbi sul provvedimento economico italiano e il ministro dell’Economia risponde assicurando che «la manovra è totalmente solida nei saldi di copertura».

IL GIUDIZIO DELL’EUROPA – La Commissione Ue ha fatto sapere di guardare «con preoccupazione» alla rilevanza data nella manovra alle misure anti-evasione. Un «eccessivo affidamento», ha spiegato il portavoce del commissario per gli Affari economici e monetari Onli Rehn, il cui impatto sui conti pubblici «è difficile da quantificare». Al contrario, il governo tedesco ha detto di avere «piena fiducia» nel governo italiano e nel fatto che, anche con i recenti cambiamenti alla manovra, l’esecutivo approverà le misure necessarie a rispettare il risparmio previsto per arrivare agli effetti attesi sul bilancio pubblico». Lo ha detto a Berlino Steffen Seibert, il portavoce della cancelliera Angela Merkel, in occasione di una conferenza stampa.

LE RASSICURAZIONI – Tremonti, da parte sua, risponde ai dubbi europei rassicurando che la manovra «è totalmente solida nei saldi di copertura». «In Italia l’evasione fiscale e contributiva è enorme» e il testo in discussione prevede «un radicale cambiamento nella strategia di contrasto all’evasione fiscale» si legge in una nota diffusa nella serata di venerdì. Si tratta di un comunicato del Tesoro che riporta i contenuti di una conversazione intercorsa nella stessa giornata tra Tremonti e il commissario Rehn. «Negli ultimi tre anni per effetto del contrasto all’evasione è già stata effettivamente incassata una cifra pari a circa 25 miliardi di euro – si legge ancora nella nota -. La manovra attualmente in discussione al Senato prevede un intervento di recupero da evasione pari a circa 700 milioni di euro nel 2012, pari a circa 1,6 miliardi nel 2013, incremento che sarà effetto di un radicale cambiamento nella strategia di contrasto all’evasione fiscale». La lotta cioè, «non si svolgerà più solo dal lato della repressione ma anche dal lato della prevenzione: dal coinvolgimento sul territorio dei Comuni, alla trasparenza bancaria fino alla riforma delle sanzioni penali». Quindi la convinzione che «l’obiettivo di entrata non solo sarà solo centrato ma ampiamente superato».

IL CONDONO – In precedenza, Giulio Tremonti aveva confermato «l’intenzione di non procedere a nessuna misura di condono, poiché si tratterebbe di un intervento una tantum che genera introiti di cassa ma che non modifica l’assetto della finanza pubblica». Lo si legge nel resoconto dell’intervento tenuto giovedì in Commissione Bilancio al Senato dal titolare del via XX Settembre. «Sussiste l’esigenza – ha osservato Tremonti in Commissione – di evitare interventi singoli di rimpatrio di capitali che forniscano un gettito solamente una tantum procedendo pertanto con attenzione e prudenza». Quanto alle relazioni con la Svizzera relative alle controversie fiscali, il ministro ha fatto rilevare che «la posizione italiana è da sempre quella di rispettare il quadro normativo dell’Unione europea e di procedere in armonia con quanto previsto da altri partner europei» .

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Un tombino sul condono

Giulio Tremonti ha precisato che nella manovra non ci saranno condoni «poiché si tratterebbe di un intervento una tantum che genera introiti di cassa, ma che non modifica l’assetto della finanza pubblica». Evviva. Niente di più condivisibile per chi, come noi, ha sempre criticato duramente la disastrosa politica delle sanatorie. Ma qui, inutile nasconderlo, il problema della credibilità che sempre accompagna simili impegnative dichiarazioni è ancora più grande. Da settimane si rincorrono le voci di un nuovo condono che potrebbe spuntare accanto al tremendissimo (forse) giro di vite sull’evasione fiscale con tintinnio di schiavettoni. Non servono soldi, tanti e subito? E poi, non fu così che andò anche all’inizio degli anni Ottanta, quando alla sanatoria tombale fu accoppiata la legge (pressoché inutile) sulle «manette agli evasori»?

La dichiarazione di Tremonti, semmai, desta anche una legittima preoccupazione: che il partito del condono, agguerritissimo in Parlamento, sia già al lavoro. Convinto, magari, di non incontrare troppa resistenza.

I precedenti la dicono lunga. Ricordiamo che cosa è successo otto anni fa, quando il governo Berlusconi, contrario a parole, si arrese immediatamente all’offensiva parlamentare sfociata non in una, ma in un diluvio di sanatorie. E non possiamo non rammentare come lo stesso ministro dell’Economia, che in quella occasione aveva confessato di essersi dovuto piegare suo malgrado alla ferrea legge dei numeri e dei denari necessari a tenere a galla i conti pubblici, tornando nel 2008 al governo avesse garantito che l’epoca dei condoni era definitivamente sepolta. Salvo poi varare un nuovo scudo fiscale consentendo a evasori che avevano illecitamente esportato capitali di regolarizzarli pagando un ventesimo di quanto versano i cittadini onesti.

Tante volte si è detto di come i condoni abbiano profondamente compromesso la tenuta morale di un Paese dove già le tasse non sono mai state troppo popolari. L’hanno corrotta al punto che c’è chi li utilizza perfino per gabbarli, dimostrando che non sono credibili nemmeno le sanatorie. Quanti hanno chiesto di aderire al condono fiscale per poi dichiararsi falliti e non pagare? E quanti dopo aver pagato la prima rata, poi smettono di pagare, confidando magari in un’altra sanatoria, e poi in un’altra, e un’altra ancora? Non è un caso che al gettito previsto per il benevolo perdono del 2002 manchino almeno 4 miliardi di euro.

Oggi, poi, c’è un dettaglio in più che chiama in causa la credibilità. Ed è il modo con cui sta procedendo la manovra d’agosto, presentata in pompa magna in una conferenza stampa ufficiale a Palazzo Chigi, e smontata nel giro di due settimane (il contributo di solidarietà per i redditi più elevati? Abbiamo scherzato… Il taglio delle Province? Abbiamo scherzato… L’accorpamento dei Comuni più piccoli? Abbiamo scherzato…). Quindi rismontata nuovamente il giorno dopo un vertice politico «decisivo» dal quale il governo, che aveva promesso di non toccare le pensioni, ne era uscito con l’idea bislacca di colpire i riscatti previdenziali per la laurea e il servizio militare. Perché mai dovremmo credere proprio questa volta che non ci metteranno sotto il naso l’ennesimo maleodorante condono?

Sergio Rizzo

 

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«Misure anti-evasione sconcertanti»

 

Sconcertati. È questo il commento che arriva da Confindustria di fronte alle misure decise dal governo per contrastare l’evasione fiscale. L’obiettivo è giusto e condivisibile: e il comunicato diffuso ieri dalla confederazione sottolinea che il mondo delle imprese ha «da tempo» condiviso l’impegno per una «seria ed efficace» lotta all’evasione fiscale e contributiva. Ma l’emendamento del governo non va: è approssimato, non coerente tecnicamente e le misure dovranno essere necessariamente riviste.

L’analisi sulle norme fiscali arriva ventiquattro ore dopo la riunione del direttivo da dove è emersa una durissima critica a tutta la manovra. «Debole e inadeguata», l’ha bollata il vertice di Confindustria, aggiungendo che «serve altro». Sul fisco è arrivata una seconda bocciatura: «Le misure presentate risentono della fretta e dell’approssimazione con cui è stato predisposto l’emendamento, non sono coerenti sul piano tecnico e dovranno necessariamente essere riviste». Inoltre sono anche «poco efficaci» rispetto all’obiettivo di una seria lotta all’evasione». Ed hanno un’altra controindicazione pesante: «rischiano di penalizzare le imprese corrette con il fisco».

Nel testo su fanno due esempi, per tutti: innanzitutto la norma che considera presuntivamente società di comodo le imprese in perdita per tre anni consecutivi. In questa fase di crisi economica, sottolinea Confindustria, sono molte le aziende che si trovano in questa situazione e che non possono essere ulteriorimente penalizzate, considerandole a priori società non operative. Per quanto riguarda le misure in materia di reati tributari, in particolare quelle previste per l’infedele dichiarazione, per sanzionare penalmente questa condotta l’illecito va rapportato all’effettiva entità dell’evasione e al dolo specifico, «altrimenti si rischia solo di ingolfare ancora di più una giustizia già lenta e appensantita, generando crescente incertezza per tutte le imprese». Il comunicato della confederazione conclude: «Siamo stupiti che il governo non abbia preso in considerazione misure più efficaci di contrasto all’evasione, come la nostra proposta di abbassare la soglia per l’uso del contante a 500 euro».

La prossima settimana la manovra approderà in aula. Confindustria continuerà il pressing perchè venga cambiata, consapevole che «i sacrifici debbano essere distribuiti tra tutti», come è scritto nel comunicato di mercoledì, sottolineando che gli imprenditori «non si tireranno indietro di fronte ad ulteriori impegni e sacrifici». Rapida la reazione del ministro Roberto Calderoli: «La prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo. Credo che ne raccoglieremo molte, nella logica delle richieste che a parole la Confindustria ha sempre rivolto al governo». (N. P.)


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