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Ultima dalla manovra: tassiamo le rimesse dei migranti

Ma non è l’unica follia di giornata.

Un elenco più dettagliato, anche se forse incompelto, dai giornali di oggi.

 

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da Repubblica

 

Una tassa sulle rimesse degli immigrati e recupero coatto per il condono 2002

Il voto finale previsto in settimana, ma il governo esclude il ricorso alla fiducia. Continuerà oggi in commissione l’iter delle proposte di modifica del decreto. Emendamento Lega sugli stranieri senza matricola Inps o codice fiscale

di LUCIO CILLIS

Un colpo di mano della Lega impone una nuova tassa sui trasferimenti di denaro all’estero da parte di cittadini stranieri che non hanno matricola Inps e codice fiscale. Questo emendamento alla manovra, approvato in commissione Bilancio al Senato, interessa varie centinaia di migliaia di stranieri sconosciuti ai database della previdenza e del Fisco. In pratica, clandestini o immigrati sfruttati (i lavoratori “regolari” non saranno toccati), in assenza dei due requisiti, pagheranno a caro prezzo l’invio di soldi al di fuori dei nostri confini: la tassa (ufficialmente è un’imposta di bollo) è parametrata sul 2% di ogni transazione, con una soglia minima di 3 euro. Ad esempio, per un bonifico di 300 euro effettuato in uno dei tantissimi money transfer sparsi in Italia, gli stranieri sborseranno 6 euro mentre la soglia minima al di sotto della quale sarà meno conveniente inviare denaro, è teoricamente fissata a 150 euro (costo 3 euro). Le rimesse all’estero degli stranieri ammontano a 6,7 miliardi di euro mentre la nuova “imposta di bollo” potrebbe portare in cassa circa 100 milioni.

Ma dal Senato arrivano anche cattive notizie per gli italiani che hanno dichiarato e “dimenticato” di pagare il condono tombale del 2002. Agenzia delle Entrate ed Equitalia, potranno imporre il pagamento delle somme non versate “anche dopo l’iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento”. Entro 30 giorni dall’entrata in vigore partirà una ricognizione e il mese successivo

Equitalia potrà avviare azioni “coattive” volte al recupero delle somme entro il 31 dicembre prossimo. In caso di mancato pagamento le sanzioni salgono al 50% di quanto dovuto. Non solo: in questo caso Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, entro il 31 dicembre 2012, potranno passare al setaccio le posizioni dei contribuenti a partire dal 2002. Inoltre, dal 2015 le maggiori entrate dalla lotta all’evasione andranno a ridurre la pressione fiscale.

Tra le principali correzioni approvate in commissione vanno poi ricordati il salvataggio delle feste laiche, che non saranno più differite alla domenica più vicina (quelle patronali spariranno dal calendario), il paracadute offerto ai piccoli istituti di ricerca e enti culturali, l’addio al blocco delle tredicesime per gli statali. Aumenteranno, invece, le imposte comunali. È stato infatti approvato un emendamento del Pdl in base al quale “per assicurare la razionalità del sistema tributario e la salvaguardia dei criteri di progressività, i Comuni possono stabilire aliquote dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito, differenziate in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge”. Bocciato, invece, l’emendamento delle opposizioni che prevedeva l’asta competitiva per le frequenze televisive nel passaggio al digitale.

I lavori proseguiranno oggi per chiudere e dare l’ok alla manovra mentre il voto, come conferma il presidente del Senato Renato Schifani, resta fissato per la prossima settimana: “Non vi è alcun rallentamento nei tempi. Il dibattito parlamentare non sarà strozzato in Aula dalla fiducia che impedirebbe ai parlamentari di confrontarsi con correttezza e senso di responsabilità come stanno facendo”. Anche il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ribadisce il “no” della maggioranza e del governo alla fiducia e annuncia “una convergenza sia con il Pd che con l’Api: noi diremo sì ad un tema caro al Terzo Polo sulla riforma della giustizia e a un emendamento importante del Pd sulla spending review” in base al quale il ministero dell’Economia avvierà una ridefinizione dei fabbisogni standard di spesa delle amministrazioni dello Stato.

 

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dal Sole24 Ore

 

Salvi Fas regionali, tredicesime statali e feste civili

ROMA. Salvataggio per le tredicesime degli statali, i fondi Fas regionali, le festività civili e gli enti di ricerca e culturali con meno di 70 dipendenti, a cominciare dalle Accademie della Crusca e dei Lincei. Sono queste le principali modifiche alla manovra approvate ieri sera al Senato in commissione Bilancio, spesso con intese bipartisan e non senza qualche sorpresa. Come quando il Governo è stato battuto su un emendamento di Forza del Sud, votato da tutte le opposizioni, con cui si impone alle pubbliche amministrazioni la certificazione dei debiti accumulati nei confronti delle imprese.

Sempre sotto la spinta di Forza Sud, e trasversalmente di quasi tutti i deputati meridionali, è stata decisa l’esclusione dei fondi Fas regionali dall’ambito di applicazione dei tagli ai ministeri in cui rientrano ancora i Fas nazionali. Il tutto mentre in commissione non si spegneva l’eco del confronto sui saldi della manovra coperture e sull’eventualità di ricorrere a nuovi interventi (l’Iva) dopo la presentazione dell’emendamento che ha rinviato all’attuazione del pacchetto anti-evasione la copertura del mancato gettito derivante dalla cancellazione del contributo di solidarietà (statali e pensionati esclusi). Ma già a metà pomeriggio la strada imboccata il giorno prima con l’accordo trovato in commissione dal ministro Giulio Tremonti veniva considerata l’unica percorribile.

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Lo stesso ministro dell’Economia in una nota serale è tornato a ribadire che la copertura della manovra «è totalmente solida». E questa garanzia è stata data da Tremonti anche al commissario europeo Olli Rehn. Tra l’altro, Tremonti giovedì in commissione Bilancio aveva anche affermato che in manovra non ci sarà alcun condono perché si tratterebbe di una misura una tantum e non produrrebbe effetti ai fini dei conti pubblici. E, rispondendo ad alcuni rilievi, aveva anche sottolineato che «non c’è un eccessivo squilibrio della componente fiscale rispetto alla decurtazione della spesa».

Gran parte della maggioranza resta però ancora convinta che non si potrà rinunciare all’aumento di uno o due punti dell’aliquota Iva del 20 per cento. In particolare avanza l’ipotesi di ricorrere per l’Iva a un decreto autunnale ad hoc (quindi dopo l’approvazione della manovra) da agganciare alla delega fiscale e alla legge di stabilità. Intanto il Pdl punta a migliorare l’emendamento riguardante il pacchetto fiscale. L’ipotesi più gettonata è quella di cancellare l’obbligo di pubblicazione dei redditi online. Non a caso il vicecapogruppo Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello, ha invitato a valutare con attenzione le conseguenze di questa misura anche sulla base delle osservazioni già formulate dal Garante sulla privacy. Un sub-emendamento in questa direzione dovrebbe essere approvato oggi. Un altro correttivo con molte possibilità di approvazione è quello su cui convergono, con due analoghi sub-emendamenti, Lega e Pdl per escludere dalla stretta sulle agevolazioni fiscali per le coop almeno le banche del credito cooperativo: in cambio si chiede un’imposta di bollo sulle rimesse all’estero, salvaguardando le persone fisiche, e quindi i lavoratori immigrati in Italia.

Destinati all’approvazione sembrano essere anche alcuni ritocchi della maggioranza sulla contrattazione (articolo 8) per estendere l’efficacia «erga omnes» degli accordi siglati a maggioranza. Quasi sicuro di passare, seppure in parte rivisitato, è poi l’emendamento proposto dal Pd sulla spending review per contenere le spese della pubblica amministrazione. E anche con il concorso dell’opposizione potrebbe ottenere il via libera la modifica sul recupero delle morosità del condono tombale del 2002. In questi ultimi due casi, dunque, si profila un’approvazione bipartisan, in linea con quanto già accaduto oggi in commissione. Il ripristino delle feste civili (2 giugno, 25 aprile e 1° maggio), ma non di quelle patronali (unica a salvarsi quella dei santi Pietro e Paolo a Roma) nasce da un emendamento del Pd, che ha anche votato per il salvataggio dei fondi Fas regionali.

Quanto agli statali, nel caso di mancati risparmi dei ministeri non saranno più i dipendenti pubblici a pagare con un rinvio delle tredicesime ma i dirigenti responsabili con un riduzione del 30% dei bonus di risultato. La commissione ha dato anche l’ok a un emendamento che salvaguarda la specificità delle Regioni a statuto speciale. Commissione che questa mattina riprenderà i lavori con l’obiettivo di chiudere in giornata (al massimo domani), grazie al convogliamento dei ritocchi proposti dalla maggioranza in soli quattro emendamenti del relatore. Il testo, come previsto, approderà così martedì in Aula a Palazzo Madama per ottenere il disco verde prima della fine della settimana e poi passare alla Camera.


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da il manifesto

La Lega tassa le rimesse degli immigrati

ROMA
In commissione Bilancio al senato la manovra va avanti. I lavori proseguiranno anche oggi, domenica, pur di arrivare martedì in aula senza voto di fiducia. Lo annuncia il segretario del Pdl Angelino Alfano, lo auspica il presidente del senato Renato Schifani, lo chiede soprattutto il Quirinale. Velocità, confronto civile, un minimo di compattezza e che il dio delle borse ce la mandi buona.
Non accadrà. La manovra viene discussa senza troppe scosse. L’unica modifica di rilievo la introduce la Lega con un emendamento approvato a maggioranza. Dal giorno dopo la conversione del decreto, tutti i lavoratori stranieri irregolari (cioè privi di matricola Inps e codice fiscale) che trasferiscono denaro all’estero tramite banche o agenzie «money transfer» dovranno pagare il 2% del trasferimento. Un balzello fortemente contestato dal Pd. Un altro emendamento, stavolta del Pdl, lascia mano libera ai comuni, che potranno aumentare in modo progressivo la propria addizionale Irpef purché sia collegata agli scaglioni decisi dallo stato. In serata, infine, passa un comma che obbliga l’Agenzia delle entrate a recuperare, entro il 2011, le rate mancanti del condono fiscale tombale del 2002. Una cifra abnorme, che si aggira intorno ai 4 miliardi di euro di cui almeno 600 milioni sembrerebbero esigibili e quasi «dimenticati». Insomma, dopo 9 anni, lo stato non è ancora in grado di prendere agli evasori quel poco che gli è dovuto.
La maggioranza comunque esclude rallentamenti o modifiche davvero campali. Sia il ministero dell’Economia che Alfano escludono, «per il momento», la necessità di un condono fiscale.
Ma è chiaro a tutti che la quinta manovra dell’anno è dietro l’angolo. Il capogruppo del Pdl alla camera Fabrizio Cicchitto conferma la possibilità di una finanziaria robusta entro dicembre. «Adesso, a borse chiuse, non possiamo fare a meno di rilevare che tutto il quadro finanziario internazionale rimane assai grave e che di conseguenza alcune delle proposte avanzate nel corso del confronto per elaborare la manovra economica, dalla riforma strutturale delle pensioni all’Iva, all’aumento di 2 punti Irpef oltre i 200mila euro avevano una loro validità. Lo ricordiamo – aggiunge alludendo alla Lega – anche a coloro che oggi polemizzano sull’eccessivo peso dei tagli sulle regioni e sui comuni: in effetti dovrebbero rivolgersi a chi ha molto insistito per scartare le altre misure».
In parallelo alle misure economiche, la maggioranza si divide sulle strategie politiche. La nuova furia anti-evasione fiscale di Tremonti non convince l’entourage di Berlusconi. E secondo il Corriere della sera di ieri – smentito in mattinata da Palazzo Chigi – più d’uno nella maggioranza vorrebbe «spacchettare» le competenze del ministero dell’Economia per limitare almeno in parte lo strapotere di Tremonti su entrate, uscite, guardia di finanza e nomine nelle partecipazioni statali. Un disegno tanto ambizioso quanto irrealistico.
Più seria, per Pdl e Lega, sembra la lotta degli enti locali contro la manovra. Regioni, province e comuni si preparano alla «battaglia finale»: domani, alla vigilia dell’avvio della discussione in aula al senato, si ritroveranno di nuovo a Roma per una mobilitazione unitaria. Prima incontreranno i capigruppo parlamentari, poi, dopo la riunione, saranno accolti a Palazzo Madama dal presidente Schifani. L’obiettivo è quasi disperato: azzerare i tagli da 4,2 miliardi imposti alle autonomie e ridefinire le riforme taglia-enti e poltrone.



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