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Articolo Ling8


«Dato quel che ci serviva»

FRANCOFORTE
«Quello che ci serviva ci è stato dato». L’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne incassa quel che di peggio il governo ha fatto nella manovra, l’articolo 8 che fa saltare il contratto nazionale di lavoro, e lo rivendica senza peli sulla lingua. «La mossa che è stata fatta adesso dal ministro Sacconi – dice Marchionne al Salone dell’auto di Francoforte – con l’articolo 8 è importantissima e comincerà a dare non solo alla Fiat, ma a tutti quelli che vogliono investire in Italia la certezza che consente di gestire». «La manovra di Sacconi ha risolto tantissimi problemi» ed «è di una chiarezza bestiale: se la maggioranza dei lavoratori è d’accordo con una proposta questa va avanti, così riusciamo a gestire qualcosa».
L’ad della Fiat non fa prigionieri, considerando che la manovra è stata pesantemente criticata non solo dall’opposizione, ma anche dalla Confindustria di cui il presidente della Fiat John Elkann è vicepresidente. Marchionne se ne sbatte di tutto e di tutti e la controprova è quanto sta accadendo dall’altra parte dell’Atlantico nella trattativa fra il sindacato dei metalmeccanici Uaw con la sua Chrysler, oltre che con General Motors e Ford. A Detroit, il contratto nazionale scade oggi, non è derogabile per legge perché l’amministrazione Obama non è il governo Berlusconi e va rinnovato entro la mezzanotte di mercoledì (ore 6 di giovedì in Italia). «Non è concluso e non ho un contratto ancora. Non siamo vicini», ha confermato ieri Marchionne, evidenziando lo scontro in atto, in particolare nella Chrysler da lui controllata. Perché il sindacato chiede un aumento di 2 dollari l’ora per gli operai assunti dopo la bancarotta del 2009 che, a parità di lavoro, oggi guadagnano la metà dei loro colleghi con più anzianità di servizio. Questa e altre concessioni (come la rinuncia allo sciopero fino al 2014) erano state firmate da Uaw perché Marchionne potesse provare a salvare la Chrysler. Ora che le cose vanno meglio, il sindacato vorrebbe un segnale da parte dell’azienda, ma il muro è più alto proprio nella Chrysler, dove i neoassunti sono molti.
Il plauso di Marchionne alla manovra e al suo ministro Sacconi hanno spinto il segretario della Fiom, Maurizio Landini, a chiedere al Presidente della repubblica di non firmare questo atto. «L’art. 8 della Finanziaria è un attentato ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori perché consente ai contratti aziendali o territoriali di derogare ai Ccnl e alle leggi», accusa Landini, «è un tentativo eversivo di sconvolgimento del diritto del lavoro e della nostra Costituzione. Presenta anche diversi aspetti di incostituzionalità e per questo è necessario che venga stralciato e non sia convertito in legge». Poi l’appello al Quirinale: «Ci rivolgiamo al Presidente della repubblica affinché, in quanto garante della nostra Carta Costituzionale, non firmi una legge in contrasto con i principi costituzionali».
«L’articolo 8 della manovra è dichiaratamente incostituzionale e rappresenta un palese attacco ai diritti dei lavoratori. È grave, quindi, che Marchionne lo esalti in questa maniera. Quando parla della ‘chiarezza bestiale dell’operazione fatta dal governò, l’amministratore delegato della Fiat evidentemente non sa che tutti gli accordi interconfederali dal 2008 ad oggi e tutti i contratti nazionali firmati dal ministro Sacconi, da cui derivano quelli di Mirafiori e Pomigliano, non sono stati votati dai lavoratori», rilancia il responsabile lavoro e welfare dell’Idv, Maurizio Zipponi. Accusa il senatore Pd, Achille Passoni: «Ha ragione Marchionne: l’articolo 8 è di una chiarezza bestiale – commenta il senatore componente della Commissione lavoro – . Così come ha ragione a ringraziare il governo per la ‘marchetta’ ricevuta con quella norma. Purtroppo per i lavoratori, che si vedono messi in discussione e forse cancellati diritti giuridicamente acquisiti e tutele sancite in contratti collettivi, e per la stragrande maggioranza delle imprese che vogliono competere in un quadro di regole certe e valide per tutte e non in una situazione di possibile dumping industriale, la realtà non è quella descritta dall’ad di Fiat».

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Il governo mette la fiducia, e l’opposizione si divide sull’art. 8

Poco dopo Mezzogiorno di ieri, il governo ha posto la fiducia sulla manovra. Lo aveva già annunciato il premier Silvio Berlusconi, venti minuti prima della comunicazione del ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito, uscendo dall’incontro con il presidente del consiglio Ue, Herman Von Rompuy a Bruxelles.
La giornata è stata dominata dalla pregiudiziale di incostituzionalità posta dall’idv, respinta però unanimemente non solo – come era prevedibile – dalla maggioranza, ma anche da Pd, Udc e Fli (solo 23 i voti a favore, 562 contrari e un deputato astenuto).
«Meglio una cattiva manovra che nulla – ha dichiarato nel suo intervento il leader dell’udc, Pier Ferdinando Casini – Se come ipotesi la pregiudiziale dovesse essere approvata, questo determinerebbe l’immediata caduta della manovra e l’Italia si troverebbe come la Grecia. La pregiudiziale è incongrua e irresponsabile, esprimo l’indignazione del mio gruppo: l’opposizione non può essere considerata parte di un disegno antinazionale».
«Consideriamo questa manovra sbagliata e per certi aspetti dannosa ma riteniamo un grave errore la presentazione della pregiudiziale», ha detto Benedetto Della Vedova (Fli). «Siamo contro questa manovra e voteremo no, ma non vogliamo offrire una sponda alla speculazione», ha aggiunto Michele Ventura (Pd).
Intanto il dibattito alla Camera si è incrociato, inevitabilmente, con l’endorsement al governo offerto dall’ad dela Fiat Sergio Marchionne, che ha lodato l’esecutivo per la «chiarezza bestiale» con cui ha dato all’azienda «quello che chiedeva», cioè appunto l’articolo 8, che rende retroattivi gli accordi di Pomigliano e Mirafiori. Tra i punti di incostituzionalità contestati alla manovra dall’Idv, piano di rilievo ha certamente l’articolo 8.
E se, ironicamente e contro il super manager dell’auto, il senatore del Pd Achille Passoni nota che «ha ragione Marchionne: l’articolo 8 è di una chiarezza bestiale, così come ha ragione a ringraziare il governo per la “marchetta” ricevuta»; dall’altro lato l’Idv proprio su questa base attacca il Pd: «C’è chi predica bene e razzola male: Passoni ha parlato dell’articolo 8 come di una “marchetta” che il governo ha concesso a Marchionne, peccato però che lo stesso Pd alla Camera abbia votato contro la pregiudiziale di costituzionalità dell’Idv: serviva un atto di responsabilità nei confronti dei lavoratori e invece quello che è accaduto è stato soltanto un aiuto al governo che ha deciso di ridurre i diritti senza che serva a fare cassa. È solo una misura ideologica: peccato che il Pd non se ne sia accorto».
Intanto, mentre la Fiom con Maurizio Landini chiede al presidente Giorgio Napolitano di rinviare la manovra alle Camere per la gravità dell’articolo 8, la Cgil sceglie di non seguire questa linea: «Non tireremo il Presidente per la giacchetta – ha spiegato il segretario Cgil Fulvio Fammoni – Chiederemo a tutte le parti sociali la sua non applicazion e siamo pronti a fare ricorso alla Corte Costituzionale».

da “il manifesto” del 14 settembre 2011
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