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Six Pack: I sei punti del governo unico delle banche entrano in vigore

L’Ecofin informale di venerdì scorso in Polonia ha dato il via libera all’accordo di compromesso tra Consiglio e Parlamento Europeo dopo mesi di battibecchi tra tecnocrati e governanti. Da quanto ho avuto modo di leggere in questi giorni non ci dovrebbero essere ulteriori ostacoli all’entrata in vigore ( forse da gennaio ) del meccanismo di governo ultraliberista che inizierà a macinare il popolo ancora con più ferocia di quanto stanno facendo oggi i governi. Per gli stati che non si adegueranno all’austerity, scatteranno multe europee pesantissime che, a seconda dei casi, sono nell’ordine dello 0,2% o 0,1% del Pil. Volete sapere per caso quanto sarebbe in Italia una multa del genere? 30 miliardi di euro circa, miliardo più miliardo meno. Cioè una finanziaria pesantissima. Insomma, una rivoluzione autoritaria che dà alla Commissione europea poteri di controllo preventivo sulle politiche di bilancio nazionale, che stabilisce anche criteri comuni per le politiche fiscali tanto dei 27 quanto dei 17 paesi dell’Eurozona. Questo pacchetto di norme introduce meccanismi per la prevenzione e la riduzione degli squilibri, impone alcuni standard comuni per le statistiche e quindi interviene in maniera ancora più pesante sulla sovranità economica degli stati già compromessa dai ricatti della BCE. I parlamenti sono di fatto espropriati delle loro funzioni di indirizzo e le finanziarie saranno decise altrove. E’ questo un pacchetto di norme che facendo riferimento al deficit fiscale, al debito pubblico e non al debito privato, all’inflazione favorisce di fatto le esportazioni ( della Germania ) massacrando i paesi periferici. Il nuovo autoritarismo monetario, che i tecnocrati chiamano “governance” o ‘six pack’, introduce la sorveglianza sul debito, un meccanismo devastante soprattutto per l’Italia. In poche parole un organismo superiore, senza che nessun popolo lo abbia deciso, ha il potere di imporre ai paesi che hanno un rapporto debito/Pil superiore al 60% – in Italia è del 120% – l’obbligo di ridurlo ogni anno del 5% (un ventesimo della parte eccedente). Non ho tempo per fare i conti ma raggiunto il pareggio di bilancio nel 2014 con lacrime e sangue, dovremo poi ridurre il debito con finanziarie pesantissime impostate su questi indici.
Dal punto di vista tecnico il ‘six pack’ è un pacchetto di provvedimenti composto da una direttiva e cinque regolamenti.

L’Ansa ci elenca i punti qualificanti dei sei provvedimenti:

1) Rapporto Wortmann-Kool (Ola, Ppe): rafforza la prevenzione sugli squilibri di bilancio, la Commissione può lanciare allarmi nel caso in cui uno stato membro non adotti politiche prudenti. Istituzionalizza il cosiddetto ‘semestre europeo” cioè l’omologazione delle politiche economiche dei governi su obbiettivi che saranno stabiliti in comune accordo. L’accordo raggiunto prevede che, quando la Commissione rileva un motivo di allarme, lanci uno ‘warning’. Che viene adottato immediatamente se il Consiglio lo approva a maggioranza qualificata (12 su 17). Se non lo approva, o se anche lo ‘ignora’ ed il comportamento persiste, dopo un ‘cooling period’ di un mese la Commissione ripropone un ‘final warning’ che avvia automaticamente la procedura di sanzione contro uno dei 17 paesi dell’Eurozona. Il Consiglio può bloccare la procedura solo a maggioranza semplice contraria (9 su 17). Lo stato coinvolto non ha però diritto di voto. Ma è ben poca cosa dato che sarà ben difficile avere una maggioranza contraria. Di fatto si da alla commissione europea un potere enorme e si svuota definitivamente la sovranità economica degli stati periferici che saranno costretti a pesantissime misure lacrime e sangue.

2) Rapporto Vicky Ford (Gbr, conservatori): riguarda la direttiva che introduce più trasparenza e indipendenza per gli istituti nazionali di statistica. Non ci saranno ancora identici criteri di bilancio tra i 27, ma vengono definiti canoni comuni e standard qualitativi che permettono una omogeneità di dati.

3) Rapporto Elisa Ferreira (Por, S&D): sul regolamento per la prevenzione degli squilibri macroeconomici tra i 27 paesi Ue. Stabilisce regole e procedure per i controlli. In particolare introduce il concetto di ‘simmetrià per cui la Commissione deve valutare non solo i deficit, ma anche i surplus. In pratica, possono essere richiamati non solo Spagna o Grecia, ma anche Germania e Olanda perchè hanno consumi interni troppo ridotti.

4) Rapporto Diogo Feio (Por, Ppe): sul regolamento che introduce nel Patto di Stabilità e Crescita il controllo sul debito, imponendo agli stati che hanno un rapporto debito/Pil superiore al 60%, la riduzione del 5% annuo per la parte eccedente.

5) Rapporto Carl Haglund (Fin, Alde): sul regolamento che definisce le sanzioni per gli squilibtri macroeconomici. Si parte da un deposito fruttifero pari allo 0,1% del Pil, che – in caso di mancato rispetto delle raccomandazioni della Commissione da parte del governo nazionale – diventa prima deposito infruttifero poi si trasforma in multa pari allo 0,2% del Pil.

6) Rapporto Sylvie Goulard (Fra, Alde): sul regolamento che definisce le sanzioni per la fase correttiva delle politiche di bilancio prevista dai rapporti Wortmann-Kool e Feio. In questo caso si parte da un deposito fruttifero pari allo 0,2% del Pil, che – in caso di mancato adeguamento – si trasforma prima in deposito infruttifero, quindi in multa con incameramento progressivo di ‘fettè di tale deposito. Inoltre stabilisce una multa pari allo 0,2% del Pil per le frodi statistiche.

Questi sei punti rappresentano di fatto il colpo di stato monetario che in sordina i poteri forti hanno portato avanti senza di fatto nessuna discussione pubblica. La responsabilità della socialdemocrazia europea, che tardivamente ed in maniera scomposta solo nelle ultime settimane ha capito di aver annaffiato per decenni l’albero in cui si è impiccata è enorme. Sia in campo nazionale che continentale. La destra euroliberista e i poteri forti si sono così trovati oramai in mano uno strumento di governo economico autoritario le cui basi sono state costruite dai socialdemocratici in grado di riscrivere l’intero impianto dei diritti del lavoro e del welfare a favore del profitto. La ristrutturazione a guida Franco Prussiana nella crisi si chiude così con la completa e progressiva cancellazione dei diritti sociali in nome della competitività liberista, i primi a farne le spese saranno i lavoratori dei paesi periferici. Altrettanto critica deve essere mossa verso i sindacati europei che di fronte a questo attacco non sono riusciti a produrre uno sciopero continentale in grado di contrapporre a questa sfida la forza del mondo del lavoro. Tralascio il ritardo che in Italia anche la sinistra ha avuto nel comprendere la portata delle decisioni che si stavano prendendo in Europa. E’ stata allora l’autorganizzazione sociale a muoversi assieme ai movimenti e alla sinistra anticapitalista individuando un appuntamento comune di mobilitazione.

Il 15 ottobre,  da questo punto di vista rappresenta la prima tappa della lotta che verrà, per la destrutturazione dell’Europa che è oramai irriformabile e per la costruzione di uno spazio pubblico nel quale le intelligenze collettive possono ricostruire un progetto che lega democrazia, beni comuni, e giustizia sociale. Davanti a noi anni difficili, di lotta e resistenza sociale in uno spazio politico inedito che parte da piazza Tahirir ed arriva a Londra. Niente altro dobbiamo fare che rompere le catene che i potenti della terra hanno legato al collo dei lavoratori e delle lavoratrici dell’Euromediterraneo.
Alla loro crisi, la nostra lotta.

* coordinatore della newsletter www.controlacrisi.org

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