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Il governissimo delle banche prende corpo

Per capire quali sono gli interessi in campo, un buon criterio è vedere da quale parte pendono gli industriali associati. Quasi sempre quel che loro desiderano è l’esatto opposto di quel che a noi – lavoratori con qualsiasi tipo di contratto – conviene.

E quindi proviamo a fare questo giochino.

L’ipotesi di un governo affidato a Mario Monti risponde all’appello delle imprese per un governo nazionale di emergenza. Lo ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che giudica invece «un fatto molto negativo» far passare il tempo necessario per andare alle elezioni.

Serve «la nascita di un governo di emergenza nazionale, che veda un’ampia maggioranza parlamentare, con l’obiettivo molto chiaro di fare le riforme che ci sono state chieste dall’Europa e che sono necessarie per ripristinare fiducia e credibilità nel Paese».

Quanto all’ipotesi di andare al voto, per la leader degli industriali «una campagna elettorale di alcuni mesi in questa situazione sarebbe un fatto molto negativo». «In questo momento il Paese è in grave difficoltà: la situazione sui mercati finanziari che abbiamo visto ieri, e che in parte c’è anche oggi, perchè lo spread resta su livelli molto alti, è un grave problema per il Paese». Un rendimento dei titoli di Stato «al 7% è un qualcosa che il Paese non può sostenere a lungo».

Bene. E a livello politico come vanno le cose? Sentiamo ancora cosa scrive Daniele Bellasio nel suo blog su Il Sole 24 Ore.

«Poche certezze, fino a domenica sera, forse addirittura notte. Anche se l’ideale – e questo al Quirinale ma non solo, lo sanno bene – sarebbe presentarsi all’inizio della prossima settimana sui mercati con un nuovo governo o comunque con un chiarimento politico, perché come ha spiegato la tosta direttrice del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, l’incertezza nuoce. Tutto però dipende dai partiti e in particolare da uno, il Pdl.

Nelle preconsultazioni aperte dalla nomina del professor Mario Monti a senatore a vita iniziano infatti a delinearsi alcune posizioni chiare.

Primo, come detto, la Lega starà all’opposizione perché “è bello”, come ha chiarito Umberto Bossi.

Il Terzo polo vuole il governo Monti, come ha spiegato stamattina il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e come anticipato ieri da una dichiarazione del capogruppo del Fli alla Camera, Benedetto Della Vedova. Più negoziale è il sostegno allo stesso governo da parte dell’Udc, ma anche Pierferdinando Casini, ieri su Twitter, è stato tra i primi, forse il primo, a commentare la nomina di Monti a senatore a vita con un “splendida notizia”.

Il Pd non è nella migliore delle posizioni, perché il segretario Pierluigi Bersani sarebbe tentato dall’andare alle urne, dalle quali probabilmente uscirebbe come vincitore almeno alla Camera, ma il corpaccione del partito, il senso di responsabilità e le pressioni dei cosiddetti oligarchi vanno nella direzione del sostegno al governo Monti. Antonio Di Pietro, in posizione netta e speculare a quella della Lega, ha già detto chiaramente che non sosterrà un esecutivo con un programma simile alla lettera della Banca centrale europea all’Italia.

Dunque, ancora una volta, decisivo resta Silvio Berlusconi e il Pdl. Il partito – lo ammettono quasi tutti candidamente – ribolle di linee, proteste, suggerimenti, mal di pancia, addirittura di ipotesi di azioni clamorose come le dimissioni in gruppo dal Parlamento. In un primo momento Berlusconi – lo aveva detto in televisione chiaramente – puntava dritto alle urne, come gli consigliava e gli consiglia il direttore del Foglio Giuliano Ferrara. Nelle ultime ore,però,  anche per le pressioni di una parte dei (rimasti) fedelissimi, il Cav. sembra non escludere più un sostegno al governo Monti. Bisogna vedere però se a questa scelta seguiranno rischi scissioni. Come spesso capita, Berlusconi dirà la sua all’ultimo momento utile.

Due considerazioni, comunque la si pensi, balzano agli occhi. La prima: dopo le dimissioni di un governo i sostenitori del ritorno alle urne diminuiscono sempre come numero e intensità rispetto a prima. La seconda: un governo tecnico-politico con larghe intese in Parlamento crea quasi inevitabilmente crepe nel bipolarismo così com’è ora. La foto di Vasto (Bersani-Di Pietro-Vendola) è per esempio già rotta.

Anzi, c’è una terza considerazione: vedere Pd e Pdl, anche ascoltando quel che dicono i loro esponenti nei talk show (che purtroppo, salvo eccezioni, si occupano soprattutto di formule politiche piuttosto che di misure d’emergenza da varare) – appoggiare lo stesso governo è cosa ardita. Ma forse indispensabile. Vedremo».

Ci sembra tutto molto chiaro, ahinoi. C’è un “governo della governance” che sarà fondato sul programma Bce-Ue-Fmi. Sarà composto da “tecnici-politici” (a partire da Maio Monti, appositamente nominato senatore a vita per togliergli quella polvere da “tecnico” sulla taghetta) armati di forbici, scure e se necessario sega a motore. Sarà sostenuto da una masnada di “volonterosi” di tutti i partiti, con qualche eccezione: la Lega (forse) in toto, Di Pietro (forse) con metà dei suoi, gli ex An del Pdl (forse) con Sacconi e qualche altro “non ricollocabile”.

Berlusconi lo sosterrà (almeno per un po’) pur di non essere messo da parte e “aggredito dalla magistratura” (contando su un occhio di riguardo per la sua nuova “tenuta da responsabile”). Poi, in vista della scadenza di legislatura, magari si rimetterà all’opposizione (gli argomenti populisti non mancheranno davvero) per provare a rimontare in sella. Chi lo voleva morto gli siederà a finaco e sorriderà con lui. Anche Il Fatto e Repubblica abbasseranno i toni…

Quello messo peggio è ancora una volta il Pd, da sempre autentico “asino tra i suoni”: o sostine un governo insieme a Berlusconi, per “senso di responsabilità nazionale”, oppure è fuori da tutti i giochi futuri (il “partito centrale delle banche e della imprese” non sa che farsene dei cacadubbi). Ossia si frantuma tanto quanto e forse più del Pdl.

Il “cemento sarà costituito da un fantasmagorico “pattuglione di responsabili” pronti a tutto pur di non uscire dal Parlamento prima della scadenza del 2013. Scilipoti, un uomo che vedeva lontano…

E “il compagno Vendola”? Non è che si perde anche lui nelle brume extraparlamentari?

Niente paura. “Un governo di emergenza non può che essere a tempo e con un immediato obiettivo: fronteggiare l’emergenza dei conti con una patrimoniale vera, che non colpisca i cittadini che stanno già pagando gli effetti nefasti della recessione, e restituire la parola agli italiani con il voto”. La nota è stata fatta uscire dalla segreteria di Sel – un organo di cui fin qui non si era avuta mai notizia certa – e non dalla sua viva voce. Ritrattabile, dunque, secondo l’uso populista-berlusconiano dell’ultimo ventennio. Ma è il segnale che dice: “E va bene, non romperò le scatole, ma fate presto e bene, così poi andiamo alle primarie e torno anch’io in campo”.

Pare di vedere le facce di quelli della Trilaterale: “what’s primarie?”. Bye bye Nicky, il meglio della tua carriera si è già consumato…

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