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Arrestato giudice anti-ndragheta

E invece…

Un giudice del tribunale di Reggio Calabria e un’altra decina di persone sono state arrestate oggi nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano con l’accusa di aver favorito la ‘ndrangheta.

Vincenzo Giglio – presidente di Corte d’Assise e docente di diritto penale – è stato arrestato con l’accusa di corruzione e favoreggiamento personale nei confronti di un esponente di un clan, come dicono le fonti, con l’aggravante di aver commesso i reati al fine di agevolare le attività della ‘ndrangheta.

Secondo l’accusa Giglio avrebbe favorito la criminalità organizzata in quanto presidente della sezione del Tribunale reggino che si occupa di misure di prevenzione. Tra gli arrestati ci sono anche un componente del consiglio regionale della Calabria, Francesco Morelli (Pdl), accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio e corruzione; Vincenzo Minasi, avvocato di Palmi con studi legali a Milano e Como, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio e intestazione fittizia di beni, aggravati dalle modalità mafiose, e Luigi Mongelli, maresciallo-capo della Guardia di Finanza, accusato di corruzione.

Risultano tra gli arrestati, riferiscono le fonti, anche Vincenzo Giglio, medico di Reggio Calabria e cugino del magistrato Giglio, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa; Giulio Giuseppe Lampada, accusato di associazione mafiosa, corruzione, concorso in rivelazione di segreto d’ufficio e intestazione fittizia di beni; Raffaele Ferminio, per il quale l’accusa è associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, e Leonardo Valle, capomafia dell’omonima cosca, accusato di associazione mafiosa e corruzione.

E’ invece indagato per corruzione, fanno sapere le fonti, il gip del tribunale di Palmi Giancarlo Giusti, che è stato raggiunto da un avviso di garanzia. Secondo l’ipotesi accusatoria, Giusti avrebbe beneficiato di viaggi e escort offerti dal clan Valle. E naturalmente vale per tutti la presunzione di innocenza. Ma se è vero…

Dicevamo che sembra quasi una trama da film, ma in realtà è assai comune, anche se ovviamente poco pubblicizzata (se non attraverso film e romanzi, appunto, che “distanziano” molto l’osservatore dalla “banale” realtà quotidiana).

L’infiltrazione delle associazioni mafiose tra magistrati e “forze dell’ordine” segue le stesse logiche e le stesse dinamiche del suo opposto (le infiltrazioni all’interno delle associazioni mafiose). Ma sono identiche anche alle tecniche di  infiltrazione e disorientamento, tramite propri agenti, dei movimenti politici antagonisti e/o delle organizzazioni rivoluzionarie. Nel caso del magistrato balordo, si allontanano da sé i sospetti iscrivendosi alla corrente della magistratura che più duramente si applica nella lotta antimafia. Similmente, gli infiltrati nei movimenti sono sempre “ultra-rivoluzionari”. In entrambi i casi l’obiettivo è lo stesso: avere il massimo di informazioni sul “nemico” simulando la partecipazione alla stessa lotta. Ma se non ci si fida delle apparenze e si osservano bene le cose, come nel caso del giudice anti-anti, alla fine li si scopre…

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1 Commento


  • angelo

    e nemmeno di chi si autocertifica “compagno” senza mai spiegare perché si è accompagnato per decenni a spie notorie…

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