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Manovra, allacciate le cinture!

Non è venuto fuori molto di più dal gito di “comunicazioni” che Monti ha avuto con i leader dei cari partiti presenti in Parlamento. “Pesante, come una “medicina amara”, è la merafora scelta da Pierferdi Casini, vecchio paracarro della politica democristiana cui va bene sempre tutto, purché ci sia un posto a tavola per i poteri che rappresenta (e stavolta, tra Cattolica e banche vicine alla Curia, hanno fatto il pieno).

La seconda precisazione è arrivata da Pierluigi Bersani, che si ricorda solo in certi casi di avere un bacino di voti popolari cui rendere conto.

Il carico della manovra deve essere «attenuato» nei confronti delle fasce più deboli,  ha detto al termine dell’incontro a palazzo Chigi con il premier, Mario Monti. Evidentemente la portata di questo “carico” deve averlo spaventato abbastanza. «Nessuno più di noi conosce la gravità della situazione – ha premesso Bersani al termine di due ore e mezzo di colloquio con il premier – l’Italia si trova nel punto più esposto della crisi. Conosciamo l’esigenza di intervenire anche in maniera dolorosa – ha aggiunto – ma abbiamo portato le nostre proposte. In particolare sui grandi temi sociali». La richiesta del Pd, ha spiegato Bersani, è quella di una maggiore «tutela maggiore dei pensionati e dei pensionandi e dei redditi più bassi». Il peso della manovra dunque, ha sottolineato, «va attenuato» nei confronti dei pensionati e delle fasce più deboli.

l contrario, èer quanto riguarda l’evasione fiscale «le misure ipotizzate e che abbiamo letto e percepito secondo noi non sono sufficienti alla bisogna e abbiamo avanzato una serie di proposte».

Non vi sembra indicativo che il nuoco governo – imposto da Bce-Ue-Fmi al posto del deleterio (sotto tutti i punti di vista) Berlusconi – parta esattamente dalla stessa politica del precedente? Compressione del salario e dei redditi delle fasce popolari, salvaguardia dei patrimoni e persino dell’evasione fiscale. Un bel programmino davvero…

La questione da tener presente è che non stiamo vivendo una “malattia oggettiva” chiamata crisi, che per essere curata richiede “medicne amare” secondo la povera fantasia casiniana. Qui si sta determinando una ristrutturazione sociale che parte dalle difficoltà del profitto e dell’accumulazione, cui – a livello globale, ma soprattutto a livello europeo – si risponde con l’impoverimento drastico delle popolazioni (in Italia come in Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, ma anche Francia e Germania, sia pure più lentamente) e dall’altro con una concentrazione mai vista di ricchezza, potere, appropriazione.

Non c’è nulla di “oggettivo” in questa ristrutturazione. L’unico dato oggettivo è la crisi. Ma la risposta è politica, ovvero una decisione che risponde a interessi precisi di alcuni settori sociali contro quelli della maggioranza. Un risposta “di classe” si sarebbe detto un tempo.

In attesa di conoscere i dettagli veri della manovra – non ne possiamo più, come voi, di “ipotesi” lasciate traèelare di proposito – scorriamo insieme le ultime “novità” seminate dai politici che ieri hanno ricevuto da Monti limitate comunicazioni su quel che intende fare.

 

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Il riassunto delle ipotesi proposto dall’Ansa.

 

 

Potrebbe saltare l’aumento Irpef per i redditi tra i 55.000 e i 75.000 euro. E sarebbero in arrivo maggiori detrazioni per figli a carico. La parola chiave per comprendere l’ultime modifiche alla manovra è «famiglia». Si vuole limitare l’impatto, che sarà certamente pesante, sui nuclei familiari. Il governo accelera e le grandi linee della manovra sembrano oramai definite. Gli interventi, che serviranno a reperire i 20 miliardi per correggere l’andamento di conti, sono ora sottoposti a modifiche per la ricerca di equità. Così potrebbe anche non arrivare il rincaro Iva, che avrebbe pesato su tutti i cittadini a prescindere dal reddito, e il blocco dell’indicizzazione delle pensioni potrebbe non riguardare le pensioni minime e solo in parte quelle fino a 1.000 euro. Ecco i principali capitoli di intervento.

PIÙ IRPEF SU REDDITI ALTI…: L’aggravio di 2 punti percentuali toccherebbe solo i redditi più alti. Se, come annunciato dal capogruppo al Senato del Pdl, Maurizio Gasparri, non ci sarà l’aumento per i redditi tassati ora al 41%, certo è il passaggio dal 43 al 45% sopra i 75.00 euro.

-…MA ATTENZIONE A FAMIGLIA: è previsto un aumento delle detrazioni per i figli a carico. L’obiettivo è quello di sterilizzare, in tutto e in parte, l’aggravio per le famiglie.

– NO TASSAZIONE IVA: Sembrerebbe saltata l’ipotesi di un aumento di due punti dell’aliquota «normale» del 21%, che poco più di due mesi è già stata aumentata: il valore sarebbe stato di 6 miliardi. Per il governo, comunque, questa potrebbe essere un’arma da utilizzare più tardi, quando con la delega fiscale si eviteranno i tagli orizzontali alle agevolazioni fisco-assistenziali.

– RENDITE CASA, +15%: È una delle misure utilizzata per fare cassa. Gli estimi catastali saranno rivaluti del 15%: darebbe subito attorno a 1,3 miliardi. Il vero nodo è però quello della diversificazione degli estimi tra le diverse aree territoriali, spesso ingiustificatamente diversificate. A questo servirebbe la delega con la quale si riordinerebbe la base impositiva degli immobili, sulla quale si applicano le imposte.

– RITORNA L’ICI: Ritorna l’Ici sulla prima casa ma potrebbe cambiare nome. Di fatto l’ipotesi è quella di anticipare al 2012 la nuova «imposta municipale», Imu, che il precedente governo aveva previsto a partire dal 2014. I comuni chiedono una manovrabilità delle aliquote e potrebbe essere espressamente prevista una applicazione differenziata, più bassa, per la prima casa. Più difficile che si possa modulare l’imposta per i redditi, ma certo, come avveniva per la vecchia Ici, sarà possibile esentare a fini sociali le famiglie con i redditi più bassi.

– PATRIMONIALE: È uno dei capitoli più spinosi sul piano politico. L’ipotesi che sembra farsi largo è quella di una tassazione del 2 per mille sui patrimoni superiori a 1 milione di euro.

– SGRAVI IRAP E NUOVA DIT:. Le imprese dovrebbero poter contare anche su un alleggerimento dell’imposta regionale sulle attività produttive così da poter abbattere il costo del lavoro: l’entità dello sconto è però legata alle risorse disponibili. Arrivano poi incentivi per la capitalizzazione delle imprese. Varie le ipotesi allo studio: da interventi sull’Ires, alla reintroduzione di una Dit di nuova generazione o un sistema in cui convivano sia l’Ires, l’imposta sul reddito delle società e l’Ace, l’Allowance for Corporate Equity.

– BLOCCO ADEGUAMENTO PENSIONI: È tra le misure che servono a produrre gettito immediato per abbattere il deficit. Sarebbe previsto il blocco della rivalutazione, legata all’inflazione, per il prossimo anno. Le ultime indiscrezioni sembrano ipotizzare la salvaguardia sia delle pensioni minime, che non sarebbero toccate, sia di quelle pari al doppio, con una sterilizzazione dell’inflazione ridotta.

– VIA FINESTRA MOBILE, MA QUOTA 42. Potrebbe essere cancellata dopo meno di un anno la «finestra mobile»che di fatto ritardava la possibilità di andare in pensione. Gli anni di contributi necessari per l’accesso alla pensione indipendentemente dall’età dovrebbero essere aumentati a 42: adesso il requisito è a 40 ma a questo va aggiunto un anno di ‘finestrà per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi.

– AUMENTO CONTRIBUTIVO AUTONOMI: Si va verso un aumento di due punti delle aliquote contributive per gli autonomi, ora ferme al 20-21%. L’incasso previsto è di 1,2 miliardi.

– CONTRIBUTIVO PRO RATA: Dal 2012 il contributivo si applicherà per tutti: si estenderà così il meccanismo «pro-rata» a coloro che hanno cominciato a lavorare prima del 1978.

– AUMENTO ETÀ VECCHIAIA DONNE PRIVATO: si ragiona su un anticipo dell’aumento dell’età di vecchiaia delle donne nel settore privato. Al momento il percorso per arrivare da 60 a 65 anni Š fissato tra il 2014 e il 2026 ma si punta a partire nel 2012 per arrivare a 65 nel 2016 o al massimo nel 2018.

– TAGLI SANITÀ E TICKET: Il taglio di 2,5 miliardi al fondo sanitario nazionale, previsto per il 2013 sarebbe anticipato all’anno prossimo. Alle regioni il dovere di ridurre i costi o quello di aumentare i ticket richiesti.

– TASSA SU POSTI BARCA. Il governo starebbe valutando una tassa per i ‘diritti di stazionamento delle imbarcazionì. La nuova imposta riguarderebbe non il possesso di una imbarcazione ma il suo stazionamento in un porto turistico.

– BONUS RICERCA. Arriva un credito di imposta ‘per attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentalè: varrà il 12% dei costi sostenuti fino a 1 milione di euro.

– BONUS 55%. ‘Le detrazioni dall’imposta lorda per interventi di efficienza energeticà vengono prorogati anche negli anni 2012-2013 e 2014.

 

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da Il Sole 24 Ore

 

Pensioni, niente stop per le minime. Fino a mille euro non scatta il blocco della rivalutazione

 

Le pensioni più basse saranno esentate dal blocco della della perequazione. A salvarsi dallo stop dovrebbero essere gli assegni superiori a due volte il minimo (900-1.000 euro mensili), minori chance per quelli tre volte più “elevati” (circa 1.400 euro al mese).

La decisone di rinunciare a un blocco totale della rivalutazione dei trattamenti sulla base dell’inflazione sarebbe stata presa nelle ultime ore dal Governo Monti, che sta apportando le ultime limature al piano-Fornero per riformare le pensioni in vista del varo della manovra. Non sono comunque da escludere del tutto nuovi ripensamenti prima del via libera di lunedì.

Punto fermo del pacchetto messo a punto dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero, resta l’immediata adozione del contributivo pro-rata per tutti, mentre sul superamento dei pensionamenti di anzianità rimangono ancora in campo due ipotesi: meccanismo flessibile di uscita o quota 100 (nella somma tra età anagrafica e contributiva) entro il 2015. Con il trascorrere delle ore la prima ipotesi è quella che sta diventando più gettonata. Molto probabile è anche la stretta sui pensionamenti anticipati ancorati al solo canale contributivo (a prescindere dall’età anagrafica), che dovrebbe salire dagli attuali 40 anni +1 (per effetto della finestra unica) a 41+1, quindi 42 anni di contribuzione. Questa, se il Governo come sembra non opterà per un accelerazione dell’attuale dispositivo delle quote, dovrebbe restare l’unica via per utilizzare i pensionamenti di anzianità. Il nuovo sistema flessibile prevede anzitutto l’abbandono dell’attuale sistema di uscite con l’addio, dopo appena un anno, del meccanismo della finestra mobile, o finestra unica, ideato dall’Esecutivo Berlusconi per ritardare di fatto di un anno i pensionamenti.

L’accesso al pensionamento verrebbe ancorato ad un’unica, via: la soglia di vecchiaia, che salirebbe subito per gli uomini da 65 a 66 o 67 anni. Un requisito, quest’ultimo, al quale dovrebbero adeguarsi le donne nel 2016 o nel 2018 con un percorso d’innalzamento molto rapido che scatterebbe già il 1° gennaio 2012 partendo da aumento secco dell’età di uscita da 60 a 63 anni. I pensionamenti verrebbero così consentiti nell’ambito di una forbice compresa tra i 66-67 e i 70 anni, anche se resterebbe possibile uscire prima, ma non con meno di 63 anni di età e con il trattamento penalizzato (disincentivi).

I soli a mantenere una corsia preferenziale dovrebbero essere i lavoratori impiegati in attività usuranti (gli addetti che cumulano un certo numero di turni di notte, o impiegati alla catena di montaggio, i minatori, gli autisti di mezzi di trasporto pubblico e via dicendo) ai quali verrebbe garantita la possibilità di uscire facendo leva sull’attuale meccanismo della quota, che da 94 salirebbe però a 97.

Un’altra misura certa è l’aumento alle aliquote contributive dei lavoratori autonomi (commercianti e artigiani): a regime l’incremento dovrebbe essere di 1-2 punti ma il percorso sarebbe graduale con ritocchi dello 0,2 o 0,4% ogni sei o dodici mesi. Non è ancora del tutto escluso un intervento sui fondi speciali Inps, che fino ad oggi hanno goduto di trattamenti privilegiati e presentato un bilancio in rosso (telefonici, dirigenti e via dicendo): tra le ipotesi un mini-contributo di solidarietà.

Almeno nella prima fase il piano sulle pensioni dovrebbe garantire 5-6 miliardi di risparmi, la metà dei quali arriverebbero dal blocco parziale delle perequazioni. Ma a produrre i maggiori effetti a regime dovrebbe essere il superamento dei pensionamenti di anzianità combinato all’adozione del metodo contributivo, nella forma pro rata, a tutto campo. Il contributivo per tutti, che sarà adottato anche dal Parlamento, dovrebbe essere esteso anche alle alte cariche dello Stato.

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Per 55mila lavoratrici l’assegno di vecchiaia slitterà di tre anni

di D.Col. e M.Rog.

 

Se si vuole sapere quante sono le lavoratrici che potrebbero vivere con ansia estrema queste ore di vigilia del maxi-decreto bisogna andare alle fonti ufficiali. Il casellario degli attivi dell’Inps indica quest’anno 77.370 iscritte con 60 anni d’età. Di queste nate nel 1951, ben prima delle «ragazze del baby boom», circa 55mila hanno già doppiato la boa dei vent’anni di versamenti contributivi e, quindi, a gennaio avrebbero potuto presentare domanda per la pensione. Loro sanno già che prima di incassare l’assegno Inps dovranno lavorare ancora un anno per via della finestra unica, ma già avere in tasca il riconoscimento dei requisiti per il pensionamento rende leggeri gli ultimi 12 mesi in fabbrica o in ufficio. Il rischio ora è che si allontani di qualche anno anche il certificato Inps. Se verrà confermata l’ipotesi che vuole un allineamento del requisito d’età per la vecchiaia ai 66-67 anni degli uomini entro il 2016 o il 2018, è altamente probabile che un gradino scatti già a gennaio (si parla di tre anni). Se il nuovo «scalone» arriverà davvero, quelle 55mila lavoratrici dei settori privati iscritte all’Inps si unirebbero alle circa 6.350 dipendenti pubbliche che, invece, hanno già messo il cuore in pace, visto che, per loro, il passaggio al nuovo requisito di pensionamento di vecchiaia (65 anni) è già certo e, a questo punto, a sua volta, suscettibile di aggiornamento al rialzo.
Ieri su questo tassello della manovra pensionistica si sono appuntate le attenzioni dell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, per una volta allineato con la segretario della Cgil, Susanna Camusso. «È necessario evitare – ha detto Sacconi – innalzamenti troppo drastici dell’età minima obbligatoria, magari coniugati con un anticipo del calcolo contributivo, perché l’effetto per molte donne sarebbe quello di un’attesa nella disoccupazione di una pensione di entità inferiore a quella programmata». Il paradosso che potrebbe verificarsi – ha fatto notare Sacconi ma un avvertimento analogo è arrivato anche da Giuliano Cazzola, vicepresidente della Commissione Lavoro alla Camera ed esperto di previdenza – è che le donne vengano portate nei fatti a raggiungere la pensione più tardi degli uomini per il diverso grado di accesso all’anzianità contributiva, visto che le loro carriere lavorative sono più discontinue. Un paradosso che, per la verità, potrebbe essere superato con la stretta annunciata ai requisiti per la pensione anticipata.

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L’aumento dell’Irpef sui redditi oltre i 55mila euro peserebbe al 70% su lavoro e pensioni (studio Lef)

L’aumento delle aliquote dell’Irpef sui redditi oltre i 55 mila euro allo studio del governo colpirebbe soprattutto il lavoro dipendente, rendendo il sistema fiscale più iniquo. È quanto emerge da un rapporto di Lef, associazione per la legalità e l’equità fiscale, sulla struttura dell’Irpef nel periodo 2003-2009.

 

Il peso del lavoro dipendente e delle pensioni sull’Irpef – sottolinea il rapporto – resta dominante anche nelle classi di reddito più elevate che potrebbero essere interessate da un aumento delle aliquote attualmente al 41% e al 43% che riguardano rispettivamente i redditi da 55.000 a 75.000 euro e quelli oltre i 75.000 euro. In particolare nella classe di reddito attualmente colpita dall’aliquota al 41% le due componenti ammontano a circa il 70% con il lavoro dipendente al 51% e le pensioni al 19%, mentre oltre i 75.000 euro e fino a 200.000 il peso scende al 60% con il lavoro dipendente al 50% e le pensioni al 10%.

«Un aumento delle aliquote Irpef – afferma Lef – anche se limitato agli scaglioni di reddito più elevati finirebbe per aumentare l’iniquità del sistema in quanto graverebbe in larga parte sui redditi di lavoro dipendente e di pensione per la sola ragione che non risecono a sfuggire al fisco mentre lascerebbe indisturbati quanti hanno accumulato patrimoni anche grazie all’infedeltà fiscale».

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Una correzione dei conti pubblici per quasi 75 miliardi di euro. Tanto vale l’ammontare delle manovre economiche varate nel corso del 2011. Una cifra che supera di gran lunga la manovra varata dal Governo Amato nel 1992, un intervento da 48 miliardi (96 miliardi di vecchie lire) ma con impatto immediato sui conti, diversamente da quanto avviene per le manovre di oggi, che sono cambiate e hanno un impatto triennale. Tradotto: ce ne accorgeremo anno dopo anno, quando entreranno in vigore norme furbescamente rinviate al dopo la data che Berlusconi presumeva fosse quella delle elezioni.

Il decreto Berlusconi-Tremonti varato a inizio settembre aveva un valore di 54,2 miliardi, con impatto sul 2013.

A questo vanno aggiunti i 20 miliardi della ‘correzione’ che si appresta a varare il nuovo Governo tecnico guidato da Mario Monti.

Per un totale per il 2011 di 74,2 miliardi di euro.

Nel complesso, negli ultimi 20 anni, i conti pubblici hanno subito una correzione per quasi 460 miliardi di euro. Dopo la manovra di quest’anno, la seconda per entità è quella varata da Amato nel 1992, seguita da quella di Tommaso Padoa-Schioppa nel 2006 (oltre 35 miliardi). Mentre nel 1996, l’ anno dell’ eurotassa per centrare l’ ingresso nell’euro, la manovra varata valeva 32 miliardi (62.500 miliardi delle vecchie lire).

Ecco una tabella con l’entità indicativa delle manovre (in miliardi di euro) con la data del varo dal 1991 al 2011:

Anno Governo Finanziaria ———————————————

1991 Andreotti 29

1992 Amato 48

1993 Ciampi 16

1994 Berlusconi 25

1995 Dini 16 1996

Prodi 32 1997

Prodi 13 1998

D’Alema 7 1999

D’Alema 8 2000

Amato 0 2001

Berlusconi 17

2002 Berlusconi 20

2003 Berlusconi 16

2004 Berlusconi 24

2005 Berlusconi 27

2006 Prodi 35

2007 Prodi 15

2008 Berlusconi 13

2009 Berlusconi 11

2010 Berlusconi 13

2011 Berlusconi 74

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1 Commento


  • LUCIANO

    BASTA CON QUESTE MANOVRE OGNI VOLTA CHI NE SOFFRE SIAMO SOLO NOI POVERI CITTADINI PERCHE NON VANNO A LAVORARE CON LE PROPRIE AUTO COSI PROVINO A FAR CARBURANTE CON LE PROPRIE TASCHE.DOVE BATTONO I DENTI SEMPRE SULLE PENSIONI PENSASSERO A DARE UN PO DI SVILUPPO :SOLO SE UNA PERSONA LAVORA POTREBBE PAGARE LE TASSE .E POI SULLA ETA PENSIONE PENSASSERO BENE SE UNA PERSONA A60 O65 ANNI POTREBBE LAVORARE NEI CAMPI O NEL SETTORE EDILE…………………………………………………….

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