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Manovra. Tagli sanguinosi, ma non per i parlamentari

 

“Escludo che da parte del Parlamento ci possa essere un’azione dilatoria nei confronti di quello che inappropriatamente il governo ha inserito nel decreto, la riforma delle indennità, uniformando il trattamento economico dei parlamentari italiani alla media europea”. Parola di Fini, che sottolinea come “sia doveroso per il Parlamento essere trasparente e dare luogo a una riforma delle indennità”, che verrà realizzata in un’apposita commissione.

E’ giusto, insomma, spiega il presidente della Camera, che l’operazione venga realizzata in modo assolutamente trasparente con una riforma in cui si spieghi in base a quali criteri la riforma stessa viene realizzata e uniformando comunque “il trattamento dei parlamentari italiani a quello della media degli altri paesi europei”.

In un altro momento, con calma, magari allungando i tempi fino alla fine della legislatura in modo che le conseguenze delle (eventuali) riduzioni ricadano sui parlamentari subentranti.

Il tasso di dignità personale di questo parlamento, fatto quasi per intero di “nominati” al servizio dei “capi-bastone”, è al minimo livello della sua non eccelsa storia recente. Da quando c’è stato “l’ingresso in politica della società civile” – sull’onda del “bipolarismo coatto” e di leggi elettorali sempre più obbliganti a scegliere tra due candidati che non ti rappresentavano proprio, il degrado è stato costante e con moto accelerato.

E’ stata poi nominata dallo stesso Fini una “commissione” che dovrà occuparsi di definire il livello di “trattamento europeo”.
“Nel decreto del governo la norma era scritta male, nel senso che non è possibile – ha evidenziato Fini – intervenire per decreto nell’ambito di questioni che sono di competenza esclusiva delle Camere. Ma di questo il governo è perfettamente consapevole e la norma sarà corretta”.

Naturalmente sul piano strettamente statutario ha ragione. Ma la protervia egoista mostrata dai singoli deputati è tale da mostrare al paese che il vero motivo del rinvio – si poteva benissimo prendere il testo proposto dal governo e farlo approvare dal Parlamento in coincidenza della discussione sulla manovra – è soltanto “privato”. Questi personaggi miracolati dal servilismo non sono disposti a vedersi ridurre gli emolumenti bnormi che percepiscono.

La giornata di ieri era stata caratterizzata dalla ribellione di peones e vecchi marpioni davanti a una norma comparsa nel decreto legge con cui le indennità dei parlamentari venivano equiparate a quelle degli europei. “Viola l’autonomia del Parlamento”, fanno sapere da Montecitorio e Palazzo Madama.
L’indennità di un deputato italiano oggi ammonta a 11.704 euro, ovviamente al netto della diaria (la cifra supplementare per ogni presenza in aula). La media delle retribuzioni nell’eurozona è di circa 6mila euro in meno (per la precisione 5.339) Cifre a cui guarda come modello il governo con l’obiettivo di ridurre i costi della politica. Cifre che farebbero venire un colpo ad Alessandra Mussolini, che al settimanale “A” ha dichiarato: “Togliere il vitalizio è istigazione al suicidio”. Signora, per così poco… Le fosse venuto in testa per il cognome che porta avrebbe auto anche la nostra solidarietà.
I parlamentari preferirebbero invece adeguarsi a i trattamenti riservati a chi va a Strasburgo: un eurodepuato guadagna infatti quasi 6mila euro netti mensili, ma al netto dei generosi benefit, e i collaboratori sono a carico del Parlamento. I tecnici di Montecitorio hanno fatto due conti e hanno scoperto che l’adeguamento all’Europarlamento farebbe quasi raddoppiare i costi della “casta” anziché ridurli.

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