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Casapound: “contro di noi un complotto”. La solidarietà di Freda

«La disponibilità di Pape Diaw, portavoce della comunità senegalese di Firenze, a incontrare me e gli esponenti locali e nazionali di CasaPound Italia va sicuramente nel senso di un superamento dell’odio, quindi va valutato in modo positivo». Suona incredibile e offensiva l’affermazione dei dirigenti di Casapound Firenze. All’indomani dell’assassinio da parte di Giancarlo Casseri di due cittadini senegalesi – Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni – l’organizzazione neofascista è impegnata in una vera e propria offensiva mediatica e di immagine per dimostrare che non ha nulla a che fare con la violenza e che il cinquantenne killer di Firenze era solo un frequentatore occasionale della loro sedi. Una versione smentita ampiamente già ieri, visto che Casseri frequentava abitualmente le sedi di Pistoia e Firenze ed era arrivato fino in Lombardia per partecipare all’inaugurazione di una sede del movimento.

Il che non ha fatto desistere Iannone e camerati dal continuare a descrivere la loro organizzazione come dedita allo sport, alla solidarietà e al volontariato (!), manco fosse un gruppo di boyscout.

Alla rete di circoli neofascisti è arrivata ieri la ‘pesante’ solidarietà di Franco Freda. «È nota la nostra distanza dall’ottimismo sociale di Casa Pound» ha esordito l’esponente neofascista, processato (e assolto) per la strage di piazza Fontana. «Ma l’affronto di queste ore contro Casa Pound – ha aggiunto – è grave». «Non è possibile – scrive Freda – continuare a veder imperversare la menzogna antifascista, che tutto nasconde, anche l’oggettiva costanza di questo movimento nel suo impegno sociale, la sana complessità dei suoi riferimenti, la vastità degli orizzonti cui guarda (…) E non è follia – ha concluso – questa, tentare ancora di nascondere il marcio che inquina l’aria, di stravolgere la verità, di abbarbicarsi, ancora, sul fronte della Resistenza che fu? Non è follia? Omicida? Suicida?». 

Chiaro no? Intanto le note di CPI riprese in maniera acritica da molti media compiacenti o distratti ricordavano che i neofascisti hanno espresso il proprio dolore all’ambasciata del Senegal in Italia e che incontri con la comunità del paese africano sono stati chiesti nei prossimi giorni, in alcuni casi ottenendo risposte positive. Incontri Casapound li avrebbe chiesti anche ad altre comunità immigrate – ad esempio quella cinese a Roma – da sempre al centro della aggressiva propaganda razzista e violenta dei suoi ragazzotti.

La tesi è quella del complotto, e Iannone fa la vittima ogni volta che qualcuno glie ne fornisce l’occasione (l’intervista sdraiata di Pappagallo su Radio Rock oppure quella realizzata da Lucia Annunziata la sera stessa della strage, ad esempio).  Al sindaco di Firenze Matteo Renzi e alla comunità senegalese Iannone ha chiesto «un incontro privato o pubblico, per confrontarci con rispetto e, per quanto possibile, con serenità» (!!!). «È in atto un tentativo osceno di dare una matrice politica a questo folle gesto – ha recitato Iannone – si sta aprendo una nuova stagione di caccia alle streghe. Soffiando sul fuoco, il timore è che partiranno nuovi attacchi, si farà scorrere altro sangue. Per questo ho dato ordine ai militanti e agli iscritti di CasaPound di mantenere il sangue freddo e gli occhi aperti». Quando qualche giornalista gli ricorda che un dirigente di CP di Roma, Alberto Palladino, è in carcere per aver aggredito e pestato alcuni militanti del PD, Iannone non fa una grinza: fa tutto parte del complotto contro “i volontari impegnati in missioni di solidarietà in Kosovo e Birmania”. A sostenere Iannone e i suoi durante la conferenza stampa tenuta ieri a Roma c’erano anche alcuni esponenti del Pdl, come il senatore Francesco Aracri, e il consigliere comunale di Roma Ugo Cassone, pronti a dichiarare la bontà delle azioni dell’organizzazione. Un sostegno – a maggior ragione in un momento così difficile – che smentisce l’immagine di una piccola associazione di volontariato ingiustamente accusata e assediata. D’altronde CPI ha potuto contare in questi anni su un sostegno politico ed economico crescente non solo nell’estrema destra, ma anche nel partito di Silvio Berlusconi. Oltre che sulla benevolenza di tanti esponenti del centrosinistra che hanno fatto a gara a sdoganare i camerati: da Paola Concia del PD a Sansonetti quando ancora era direttore di Liberazione.

L’organizzazione neofascista potrebbe già contare su 4000 iscritti, su decine di sedi (alcune ufficiali, altre mascherate da circoli ricreativi, locali e addirittura pub), e su alcuni rappresentanti istituzionali, eletti a vari livelli o direttamente sotto l’effige del ‘fascismo del terzo millennio’ o in alcuni casi sotto mentite spoglie nelle liste della destra in doppiopetto. Non sfugge a nessuno che Iannone può contare su una massa consistente di denaro, che gli permette di moltiplicare le sedi e di colonizzare sempre più territori con un attacchinaggio di manifesti massiccio e quotidiano. Quella che qualcuno ha descritto come una vero e propria ‘fabbrica’ ha potuto contare non solo su aiuti nell’ombra, ma anche sull’appoggio pubblico ed esplicito di importanti uomini del centrodestra. Il sostegno di Alemanno a Roma – 12 milioni di fondi pubblici per acquistare la sede a due passi da Termini – e quello del presidente della Provincia di Milano Podestà sono solo i casi più gravi e noti.

E difficile quindi pensare a Casapound come ad un’associazione caritatevole e di agnellini. Non ci credono sicuramente gli immigrati e i giovani che stanno scendendo in piazza in tutta Italia. Abbiamo già raccontato le manifestazioni di ieri a Roma, Pistoia e Milano. Sempre ieri si è manifestato anche a Pisa, dove sono scesi in piazza a centinaia tra immigrati senegalesi e di altre comunità, giovani e attivisti antifascisti. Le preventive dichiarazioni di ‘non belligeranza’ da parte di qualche esponente della comunità senegalese vicino al locale centrosinistra sono state presto smentite dalla rabbia dei manifestanti. Gli immigrati, arrivati da tutta la provincia – da Cascina, dalle fabbriche di Santa Croce e anche da Livorno, racconta la cronaca di Infoaut – si sono concentrati alla stazione di Pisa e poi hanno cominciato a sfilare nel centro della città. Alla fine in 500 si sono diretti verso il Comune, deviando dal percorso concordato e invadendo il lungarno ed il Ponte di Mezzo per realizzare un blocco del traffico che rendesse esplicita la rabbia contro la caccia all’uomo di Firenze ma anche contro le discriminazioni quotidiane e le politiche sicuritarie messe in atto sempre più spesso anche dagli amministratori di centrosinistra. Al termine del corteo le realtà che avevano dato vita alla mobilitazione hanno deciso di tenere un’assemblea: quando qualche sprovveduto ha invitato a intervenire il sindaco Filippeschi – fautore dell’ordinanza-antiborsoni e del Patto per Pisa Sicura – i partecipanti hanno cominciato a gridare ‘vergogna’ e ‘razzista’ all’indirizzo del primo cittadino, che ha scelto di andarsene tra i fischi.

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