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No Debito, No Monti. “La medicina greca non la vogliamo”

“Abbiamo voluto fare una prova di militanza, perché chi riesce ad arrivare fino a qui vuol dire che ci crede proprio”. Esordisce così Giorgio Cremaschi, aprendo l’assemblea nazionale del Comitato No Debito che scorre per ore sotto la pioggia nel Tenda a strisce, un grande teatro alla periferia sudorientale della capitale.
Dopo la battuta di apertura non può fare a meno di esprimere la solidarietà dell’assemblea – lo aveva già fatto Emidia Papi dell’USB introducendo i lavori – ai lavoratori immigrati oggetto della cieca violenza di Casseri a Firenze, ma anche di quella quotidiana e meno esplicita prodotta dalle politiche e dalle campagne securitarie non solo delle destre ma anche di tanti sindaci sceriffi del centrosinistra. E Cremaschi, citando Repubblica, ricorda le inaccettabili e farneticanti parole di Oriana Fallaci, diffuse e stampate in milioni di copie, quando lanciò l’allarme sul fatto che Firenze sarebbe stata invasa dai musulmani e i suoi campanili sostituiti dai minareti. “E’ più che solidarietà la nostra, è difesa collettiva nei confronti della malsana idea che i nostri diritti li si possa difendere aggredendo chi ne ha meno di noi” afferma Cremaschi tra gli applausi. Molti di coloro che avevano programmato di arrivare a Roma per partecipare all’assemblea nazionale sono rimasti alla fine nelle proprie città, per aderire alle tante iniziative convocate contro il razzismo e in molti casi per chiedere la chiusura dell’organizzazione neofascista Casapound: a Napoli, Firenze, Milano. Poi entra nel vivo il presidente del comitato centrale della Fiom, mandando un ‘saluto’ al capo dello Stato: “Noi in totale disaccordo con le parole di Giorgio Napolitano quando ha sottolineato che di fronte alla crisi è inevitabile che tutti paghino, anche i poveri. Non siamo d’accordo. Non vogliamo diventare una monarchia, e siamo contrari ai governi del sovrano per salvare il debito sovrano”. Un gioco di parole per chiarire che non è affatto detto che in nome di uno scenario senza Berlusconi si debba concedere di tutto e di più a chi lo sostituisce facendo di peggio. Cremaschi ha parole dure per l’antiberlusconismo strumentale che copre, almeno per ora, le schifezze del governo Monti: “ieri mi è capitato di ascoltare un giornalista di Repubblica spiegare che Berlusconi ha governato per 17 anni senza fare quelle riforme strutturali che ora deve fare Monti. (…) In realtà per 9 di questi 17 anni ha governato il centrosinistra, totalmente subalterno a Berlusconi e al liberismo, il che significa che bisogna cambiare radicalmente”. “Se questo insieme incredibile di mostruosità e ingiustizie varato da Monti – la stessa Confindustria dice che avremo altri 800 mila disoccupati sommati a quelli che ci sono già – lo avesse fatto Berlusconi, cosa sarebbe successo in Italia?” incalza Cremaschi spiegando che i poteri forti hanno sostituito Berlusconi per poter fare, e in fretta, quello che il precedente governo non era riuscito a fare. Per Cremaschi “Monti è il volto presentabile chiamato a fare politiche impresentabili” e questo giudizio, afferma, è ciò che ci distingue – insieme all’indipendenza dal quadro politico istituzionale – anche da tanti movimenti che stanno ancora a guardare e non si esprimono. Il portavoce del Comitato No Debito ricorda che quando la battaglia partì a luglio con un appello, la parola d’ordine era già un no a Berlusconi ma anche al ‘governo unico delle banche’. Un governo che a pochi mesi di distanza di siamo trovati ora in casa, a Palazzo Chigi. “La Fiom e il sindacalismo di base, nell’isolamento totale anche a sinistra, avvertirono che mentre Marchionne non era l’eccezione in Italia, la Grecia non era l’eccezione in Europa, ma la linea di un modello economico-sociale da applicare a tutti”, spiega Cremaschi criticando chi anche a sinistra del centrosinistra sostiene l’inevitabilità dei sacrifici per salvare l’Italia. Avvertendo: non pensino coloro che oggi a sinistra sostengono Monti, direttamente o indirettamente, di ritrovarsi insieme a noi magari tra un anno quando si andrà al voto.
I lavoratori, i precari, i pensionati italiani pagano già caro quel 7% di interessi sul debito, e secondo la Confindustria il prossimo anno il Pil italiano andrà indietro dell’1%. “In queste condizioni non solo non è giusto che le classi meno abbienti paghino il debito, in queste condizioni il debito non può e non deve essere pagato”. Su questo punto alcuni intellettuali ed economisti di sinistra, anche marxisti, sono dubbiosi, pensano che non si possa non pagare il debito, che altrimenti a rimetterci saranno i salari e le pensioni. “Paradossalmente ci sono invece economisti di scuola riformista, più lontani da noi, che invece sostengono che pagare il debito non è possibile, perché stiamo andando dentro un’economia di guerra in cui tutte le risorse vengono sacrificate per ripianare il debito”. Il riferimento è a Loretta Napoleoni, che ha inviato un suo breve intervento di sostegno all’assemblea del Tenda a strisce. “Da tre anni ci stanno dando la medicina greca in tutti i paesi euroei, cambiano solo le dosi. Non c’è un solo paese che sia uscito dalla crisi” obietta Cremaschi a chi pensa che la via del pagamento del debito attraverso la distruzione dello stato sociale, dei diritti del lavoro e della democrazia possa – pur nella sua ingiustizia – almeno risolvere la crisi. Se volesse trovare soldi facili – suggerisce – il governo potrebbe attingere alle decine di miliardi buttati in spese militari o nelle grandi e inutili opere, a partire dalla Torino Lione, ma non per destinare risorse al pagamento del debito, ma per investire in sanità, istruzione, lavoro, beni comuni. “E poi occorre nazionalizzare le banche” chiarisce tra gli applausi ricordando che oltre ai diritti “ci stanno rubando la democrazia, anche quella borghese. Michele Salvati ha scritto venti giorni fa sul Corriere della Sera che ci vuole un dictator per l’Italia. Uno a cui viene affidata la sospensione (temporanea?) della democrazia. Per far passare concetti duri da far digerire usano il latino, oppure l’inglese, ma la sostanza rimane quella”.
Pare che presto Monti, Merkel e Sarkozy abbiano deciso di riunirsi in Italia: “andiamo a trovarli, dovunque siano, andiamo a trovarli!”. Cremaschi ribadisce così che il Comitato No Debito non è un centro studi e che si prepara quindi a dar vita ad una grande e capillare mobilitazione, in realtà già partita in tutta Italia con tante assemblee regionali e territoriali ben riuscite e partecipate. “Dobbiamo sviluppare sui territori i comitati No Debito oppure farli nascere dove non ci sono ancora. Dobbiamo prepararci a fare le barricate contro l’attacco ai diritti del mondo del lavoro e dobbiamo trovare l’unità con tutti quei movimenti che vogliono contestare la globalizzazione. Cercheranno di dividerci – avverte – ma dovremo essere capaci di marciare insieme”. Nei prossimi mesi – dopo lo sciopero generale del 27 gennaio del sindacalismo di base e la manifestazione nazionale contro la Fiat della Fiom dell’11 febbraio – si annuncia una fittissima agenda di appuntamenti a partire dal No Debito Day il 21 gennaio, da una manifestazione nazionale a Milano a febbraio e poi un’altra a Napoli in primavera. “A Milano un corteo dalla Bocconi a Piazza Affari, perché è lì che sta il governo vero, non quel vuoto parlamento che a suo tempo votò che Rubi era la nipote di Mubarak e ora vota la fiducia a Monti. A Napoli perché se l’Italia è tutta sotto il tallone della crisi nel Mezzogiorno la crisi rappresenta una doppia schiavitù, perché ogni volta che al Sud chiude una fabbrica si crea un vuoto sociale che viene riempito dalla camorra e dal lavoro nero, dalla criminalità e dalla disperazione”.
E poi una vasta campagna per chiedere che con un referendum gli italiani possano votare ed esprimersi sullo scippo di democrazia in atto. “Adesso cambiano la nostra Costituzione nell’art. 81, per inserire il pareggio di bilancio, senza neanche farci dire se siamo d’accordo o no come previsto dalla costituzione stessa. Così come non vogliono far votare gli italiani e gli europei sul massacro sociale imposto dalla Bce”. Cremaschi annuncia già da gennaio una capillare campagna di informazione e di agitazione su queste questioni che configurino una sorta di referendum autogestito. “Dobbiamo scendere in campo, adesso. Quello che sta succedendo non ha precedenti. E non voglio che domani mi si possa dire che non ho fatto tutto quello che si poteva fare” conclude Cremaschi.

Con Nicoletta Dosio del Movimento No Tav sono poi iniziati gli interventi dei vari comitati No Debito sorti nelle varie città che hanno resocontato di assemblee andate molto bene sul piano della partecipazione, a significare che questo movimento coglie una esigenza diffusa di opposizione e alternative alla “fatalità” della crisi e delle ricette che vengono propinate e sostenute quasi unanimemente dalla politica e dal sistema dei mass media. Si sono sentiti accenti diversi sia per le città di provenienza sia perché ogni realtà sta arrivando alla convergenza da strade diverse: Modena, Napoli, Genova, Milano, Bologna etc. Si è sentita la mancanza delle realtà toscane oggi impegnate nella manifestazione antifascista a antirazzista di Firenze. Franco Russo ha dettagliato gli obiettivi e i passaggi della campagna per il referendum contro i vincoli europei e il pareggio in bilancio obbligatorio nella Costituzione. Giulietto Chiesa ha messo in guardia dal ritenere autosufficiente l’aggregazione messa in piedi fino ad ora “perché la gente normale viene martellata da altre campane che non sono le nostre”. Jacopo Venier ha sottolineato l’importanza della comunicazione per fare in modo che la campagna No Debito non abbia come obiettivo solo il “cuore della sinistra” ma anche la pancia della gente normale, un concetto questo sottolineato da Mauro Casadio (Rete dei Comunisti) che ha sollecitato a usare la campagna per il referendum per andare direttamente a rapportarsi con il nostro blocco sociale. In tal senso la manifestazione nazionale va fatta a Milano, proprio nel cuore di una Lega che si sta candidando a rappresentare l’unica opposizione popolare al governo Monti, un rischio che non si può correre, così come non si può quello di lasciare che la critica all’Unione Europea e ai suoi diktat venga gestita solo dalle forze reazionarie. Una curiosità: i rappresentanti delle varie organizzazioni politiche (Rdc, Sc, Pcl, Prc) in questa assemblea sono intervenuti così come nell’incontro del 1° Ottobre, ma accettando il vincolo di farlo in quanto esponenti del coordinamento nazionale No Debito e non di “bandiera”. E’ intervenuto anche un giornalista del comitato di redazione di Liberazione che rischia la chiusura come molte altre testate non commerciali a causa dei tagli dei fondi previsti dalla legge sull’editoria.

L’assemblea si è conclusa intorno alle 15.30 con l’approvazione per alzata di mano di un documento finale che fissa non solo le scadenze ma anche le regole minime di funzionamento del Comitato No Debito che sta ingaggiando la sfida di tenere insieme intorno ad un programma condiviso soggetti, forze politiche, sindacali e individualità diverse. Una impresa improba nell’epoca della frammentazione ma che al momento sembra reggere la sfida.

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