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Ci stanno prendendo gusto…

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Ora tocca ai tagli di spese. Scure sugli sconti fiscali

L’obiettivo è trovare risorse per aiutare i disoccupati. Dalle palestre ai veterinari agli oneri funerari, ecco le agevolazioni da disboscare. Iva, aumento evitabile. Monti e Giarda aprono un nuovo dossier sui conti pubblici, ma con l’impegno a distinguere gli sprechi dalle spese necessarie. Verranno rivisti federalismo fiscale e patto con i Comuni

di ROBERTO PETRINI

ROMA – Dopo tasse e pensioni ora tocca alla spesa pubblica e alle agevolazioni fiscali. Appena incassato il via libera definitivo alla manovra è già in agenda un appuntamento che coinvolgerà il presidente del Consiglio Monti e i maggiori ministri economici, da Giarda a Passera, per aprire il dossier spesa pubblica. Due le misure sul tavolo: blocco dell’aumento della spesa primaria al 50 per cento della crescita del Pil e sfoltimento dei 720 sconti fiscali, tra famiglie e imprese, che costano al nostro sistema 253 miliardi. Oltre a una stretta su beni e servizi e sprechi vari. Nel complesso, sul versante della spesa, si potrebbero risparmiare circa 10 miliardi aggiuntivi.

Un record per le spese
Sul tavolo dell’incontro una tabella con cifre impressionanti: al netto delle pensioni e degli interessi la spesa pubblica italiana ha raggiunto i 480 miliardi di euro. Troppo per essere sostenibile e troppo sperequata per aderire a tutti i crismi dell’equità. La montagna della spesa non fa neppure differenze o discriminazioni tra centro e periferia: è distribuita – secondo le ultime osservazioni del governo – al 50 per cento tra amministrazione centrale e Regioni-Comuni-Province.
Redazione. La regola prima dell’”emergenza” è ingigantire un problema in modo da renderlo irrisolvibile con gli strumenti normali. Quindi si passa a una proposta di soluzione assolutamente “semplice”, in stile Calderoli “ministro della semplificazione”. La seconda regola, tipica di questo governo di furbastri sussiegosi, è anteporre la parola “equità” al colpo d’ascia che stanno per calarti sulla testa. In questo lavoro sporco, naturalmente, Repubblica dà il meglio di sé.


La regola del 50%
La cornice all’interno della quale si muoverà il governo per aggredire la spesa pubblica, al netto delle pensioni sulle quali si è già operato, è quella della spending review, cioè la selezione tra sprechi e spese necessarie. Ma in mano all’esecutivo, votato con l’ultima legge di Stabilità che porta la firma dell’ex ministro Tremonti del settembre scorso, c’è anche il cosiddetto emendamento Morando, dal nome del senatore del Pd che l’ha presentato e fatto approvare dall’assemblea di Palazzo Madama, e che ora il governo Monti vuole rendere immediatamente operativo. La norma prevede che la spesa primaria del bilancio dello Stato non possa aumentare in termini nominali (cioè inflazione compresa) più del 50 per cento della crescita del Pil stimata dal Documento di economia e finanza. Una vera e propria mordacchia ai conti pubblici che, unita al pareggio di bilancio inserito in Costituzione, renderà stazionario lo stato dei conti pubblici italiani.

Redazione. La soluzione è così “semplice” che veramente uno è costretto a chiedersi come mai nessuno ci avesse pensato prima. Un po’ come al bar dei leghisti, dove senti dire che per risolvere i problemi del paese basta mandar via gli immigrati e staccare la spina a quelli del Sud. La riduzione dell’aumento della spesa pubblica al 50% della crescita del Pil somiglia terribilmente ai “tagli lineari” di Tremonti. Non si distingue affatto tra spesa utile e spesa inutile (15 miliardi per comprare aerei militari dagli americani come dobbiamo classificarli?), ma si procede col fissare un tetto e poi andare a vedere cosa eliminare. Spending review (la revisione della spesa, insomma) avrebbe una logica se fosse selettiva e coerente con un disegno. E abbiamo il dubbio – fortissimo – che il disegno ci sia, ma non si voglia affatto esplicitarlo. Ma intanto, come dice l’esimio collega del prestigioso giornale, si mette la mordacchia alla spesa. Ovvero: mettiamo in cantina Keynes, facciamo stringere la cinghia a qualcun altro e vediamo poi come va a finire.

Federalismo da rivedere e nuovo patto con i Comuni
Ma non basta: il governo sta studiando tre mosse che comportano un’azione pressante e coordinata. Il primo fronte si chiama federalismo fiscale: spinto a tappe forzate dalla Lega nella prima parte del 2011 ora, anche in vista dei nuovi equilibri politici, dovrà essere rivisto. Il secondo fronte si chiama “tagli lineari”: serve un intervento per modificare la tecnica “proporzionale” e indiscriminata adottata da Tremonti per tagliare la spesa pubblica che ha ormai “congelato” bilanci di enti e amministrazioni costretti ad incorporare le nuove regole. Terzo fronte, il patto di stabilità interno: i Comuni hanno avuto parte delle risorse per l’aumento delle imposte e l’introduzione della tassa sui servizi, ma resta la necessità di rivedere pesi e impostazioni.

Redazione. Qui non c’è scritto nulla di più di un intento. Se il diavolo si nasconde nei dettagli, occorrerà vedere le modalità concrete di applicazione di questa intenzione.

Meno agevolazioni e si evita l’Iva
A completare il quadro dell’agenda delle prime settimane dell’anno, che sarà oggetto della ricognizione governativa tra Natale e Capodanno, c’è il taglio delle agevolazioni fiscali eccessive, inutili o che si sovrappongono ad analoghe provvidenze assistenziali Inps. La norma è nata sotto l’emergenza dell’estate scorsa e prevedeva, nel caso di mancata attuazione, l’introduzione automatica e indiscriminata di tagli lineari del 5 per cento fin dal prossimo anno. Il governo, considerando i tempi assai stretti per attuare la delega, l’ha accantonata e coperta per ora con l’aumento dell’Iva che scatterà da ottobre. Ma l’intenzione dell’esecutivo è quella di evitare l’aumento dell’Iva (o di ridimensionarlo) e di approvare in tempi rapidi la legge di riforma del fisco, praticando tagli selettivi delle agevolazioni fiscali per circa 3-4 miliardi. Senza sacrificare quelle basilari, come le detrazioni per figli e lavoro dipendente.
Redazione. E qui si comincia a cedere qualcosa. “Taglio delle agevolazioni fiscali eccessive” e delle “previdenze assistenziali Inps”. Il gioco di Tremonti (taglio lineare) viene confermato e aggravato. Che le agevolazioni fiscali siano tante e molto poco “eque” lo diciamo tutti; quali eliminare è questione “di classe”. Si riducono quelle per le imprese o quelle per i lavoratori? Insomma, si vanno a rivedere le detrazioni per i figli a carico, le spese mediche, gli interessi sul mutuo, oppure gli sconti a pioggia per le aziende? In assenza di queste precisazioni, di che stiamo parlando?


Più ammortizzatori
Con i risparmi che arriveranno dal taglio delle agevolazioni si dovrebbe finanziare la riforma dell’assistenza e degli ammortizzatori sociali, per aiutare soprattutto i disoccupati. La giungla degli sconti sui quali il governo si propone di operare è enorme: dalla Commissione presieduta dall’attuale sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani è emerso che nel nostro sistema ci sono 720 agevolazioni fiscali che costano allo Stato 253 miliardi.
Redazione. Terza regola dell’emergenza: tutto ciò lo facciamo per aiutare chi soffre… Ridurre assistenza e agevolazioni per “aiutare i disoccupati” è uno slogan di merda. L’unica cosa vera sono i tagli, sul merito dei quali nulla viene detto di preciso, tranne la “dimensione abnorme” che giustifica da sola un intervento terrorizzante.


I doppioni Fisco-Inps
Ma soprattutto è la confusione che regna. Per detrazioni per abbonamenti a bus e metro, per palestre, per spese funebri bisogna rivolgersi al Fisco. Per esperimenti come la social card per anziani indigenti, oppure bonus bebè da 1.000 euro per i nuovi nati, bisogna bussare all’Inps. Fisco e assistenza, erario e Inps sono due torri di Babele. Dove, nel corso degli anni, si sono cumulate detrazioni con finalità assistenziali che spesso si sovrappongono con analoghi e simili interventi ad erogazione diretta da parte dell’Inps. Di fatto due Welfare. Che camminano ciascuno per conto proprio.
Redazione. Come sono razionli e ragionevoli, questi professori… La realtà è indubbiamente questa: due insiemi (fisco e Inps) ben poco coerenti, con larghe aree di sovrapposizione. Ma in questi insiemi ci sono “elementi strutturali” ed elementi di propaganda dei passati governi. Facciamo degli esempi. Le pensioni sono un elemento strutturale, così come le detrazioni fiscali per le spese mediche. Le quali, tra l’altro, incentivano la richiesta della fatturazione e quindi aiutano il fisco ad aumentare le entrate, a monitorare la formazione del reddito in determinate aree professionali e quindi a ridurre l’evasione. Questo tipo di detrazioni sono dunque “virtuose” e andrebbero semmai moltiplicate (estendendole ad altri consumi, come per esempio l’idraulico o i libri, sul modello francese e tedesco), non ridotte. Altre cose come la social card, invece, sono solo uno specchietto per allodole inventato da Tremonti e che non è servito affatto a migliorare la condizione dei pensionati poveri, trasformandosi in un business supplementare a favore dei vari intermediari (banche, ecc). Disboscare dunque si può, accorpando ed eliminando. Ma il sospetto, anche qui, è che sotto la melassa discorsiva della “razionalizzazione” ci sia un molto visibile intento di riduzione delle prestazioni sociali a favore dei redditi più scarsi.


La giungla degli sconti fiscali
Dentro questo marasma – che prevede circa 80 voci di agevolazioni nella denuncia dei redditi – c’è di tutto. Alcune fanno sorridere come quella per le cure veterinarie di cani e gatti di cui beneficiano 60 mila amici degli animali. Altre sono duplicazioni come le agevolazioni per le donazioni alla Biennale di Venezia o all’Ospedale Galliera, ottime istituzioni ma che comunque potrebbero beneficiare del sistema più moderno del 5 per mille. Ma ci sono poi aiuti ben più importanti e gettonati, come quelli per i mutui prima casa (ne beneficiano 3,8 milioni di contribuenti) e quelli per le assicurazioni sulla vita e contro gli infortuni (6,6 milioni di contribuenti). O ancora quelli sulle spese sanitarie: sono 18 milioni gli italiani che le detraggono regolarmente dalle tasse, e sarà difficile intervenire qui. Dove si pensa di affondare la lama è sulle agevolazioni Iva e quelle sulle accise (che ad esempio facilitano autotrasporto e traffico aereo).

Redazione. E qui si vede chiaro l’intento… Tutte le detrazioni elencate sono di tipo “virtuoso”, ovvero incentivano l’emissione di fattura e fanno salire il gettito. Eliminarle sarebbe un’idiozia criminogena (aumenterebbe l’evasione); ridurne la portata (per esempio portando da detrazione dal 19% al 15 o addirittura al 10) sarebbe un’idiozia doppia: si colpirebbe il reddito di chi già è obbligato a spendere molto (es. in cure mediche) e smonterebbe il “conflitto di interesse” tra possibile emittente fattura e cliente interessato alla detrazione.

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