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I fascisti nel mirino. Di chi?

Secondo gli inquirenti nel ferimento del fascista Francesco Bianco “La politica non c’entra”. Le indagini sull’aggressione contro l’uomo ferito lunedì sera a Tivoli Terme con due colpi i pistola alle gambe, sembrano aver preso un indirizzo lontano dalle ipotesi delle prime ore. Bianco è un ex Nar, attualmente ritenuto vicino a Forza Nuova e assunto all’Atac dell’epoca Alemanno nell’infornata che ha visto entrare nell’azienda municipalizzati parecchi esponenti legati alla destra capitolina facendo esplodere il caso “Parentopoli”. Ma il passato, secondo i carabinieri, incaricati dell’inchiesta, non “ha alcun ruolo” nell’aggressione dell’altro ieri che sarebbe invece “legata a una lite personale con personaggi della zona”. Era praticamente indifeso dicono i carabinieri “Se qualcuno avesse voluto ucciderlo, non avrebbe avuto difficoltà. Ecco perché pensiamo a un avvertimento”. Gli aggressori, entrambi con il casco integrale in testa, sono scappati con uno scooter T-Max.

E’ una dinamica che ricorda molto da vicino un altro ferimento di un esponente neofascista avvenuto sempre nella capitale alcuni mesi addietro. E’ il caso di Andrea Antonini, 40 anni, consigliere del ventesimo municipio appartenente al gruppo misto ex Destra sociale, nonché coordinatore regionale di CasaPound, era infatti stato ferito da ignoti il 14 aprile di quest’anno. Antonini aveva da poco lasciato la sede del municipio e si era poi allontanato in sella al motorino. Sulla via Flaminia, all’altezza del Centro Euclide, due uomini in moto, con il volto coperto dal casco integrale, si sono accostati a lui: quello sul sellino posteriore lo ha colpito sulla coscia sinistra, con una pistola sparachiodi. Gli aggressori si sono poi dileguati immediatamente.

La militanza tra i neofascisti di Antonini era iniziata nel Fronte della Gioventù, ricoprendo incarichi dirigenziali nella stessa organizzazione. Nel 2002 era stato chiamato dall’allora presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, a far parte della sua segreteria politica, incarico che ricoprirà fino al 2005. Nello stesso anno era entrato in CasaPound e in seguito ne assumerà  il ruolo di vice-presidente. Sempre nel 2008 viene eletto consigliere con delega allo sport nel municipio Roma XX, dei quartieri tradizionalmente di destra, come Cassia, Flaminia e Collina Fleming. Collaboratore del mensile Occidentale e del periodico Fare Quadrato, è un impiegato dell’Astral e dirigente sindacale Ugl.

Sempre ad aprile – il giorno 8 – viene invece ucciso a Roma un “broker”, Roberto Ceccarelli, anche lui con frequentazioni a cavallo tra gli ambienti della estrema destra e la criminalità. La pista investigativa su questo omicidio, vede accusati due personaggi piuttosto border line come Attilio Pascarelli e suo nipote Daniele Pezzotti, ma viene ritenuta poco credibile dagli inquirenti. Una parte dell’inchiesta conduce invece all’Egp di Gianfranco Lande, il famoso Madoff dei Parioli ormai noto per aver truffato i vip del ricco quartiere della capitale. Il cognome Ceccarelli ricorre infatti in almeno quattro conti coperti della seconda lista dei 500 clienti di Lande cui erano affidate le operazioni più scottanti. Ceccarelli è una figura molto complessa vicina anche ad ambienti di estrema destra. Nel 2003 fu infatti coinvolto nell’inchiesta “Capricorno Connection” che ha mandato in carcere una cinquantina di persone specializzate in rapine in varie città d’Italia. Di questo gruppo facevano parte ultrà laziali e romanisti ed esponenti del gruppo neofascista Movimento politico occidentale.

Ma anche Gianfranco Lande è un broker con un passato in Ordine Nuovo e aveva al suo servizio un altro fascista piuttosto noto alle cronache come Pier Francesco Vito, un ex dei Nar. Vito avrebbe investito tra il 2007 e il 2008 nella società European Investment Management, gestita dal socio di Lande, Roberto Torreggiani. Il denaro sarebbe stato versato in contanti e in due tranche: 50 mila euro il 30 gennaio 2007 e 61 mila il 4 febbraio 2008. Secondo l’ accusa, l’ ex terrorista nero avrebbe aperto una posizione in Eim, società di Torreggiani, intestandola alla madre, Dina Silvagni, come prestanome. Sempre secondo l’ accusa quel denaro proveniva dall’ attività di spaccio di stupefacenti per la quale Vito fu arrestato a novembre 2010.

Nella capitale dove da gennaio è in corso una vera e propria guerra “di mala” con 33 morti ammazzati e numerosi agguati, si affacciano dunque anche casi che riguardano neofascisti ancora politicamente attivi. Eppure i carabinieri e la magistratura continuano a escludere sistematicamente la pista “politica”. Delle due l’una: o i fascisti sono parte della guerra in corso nella criminalità romana oppure la pista politica – come avvenuto sistematicamente in molti casi – viene esclusa senza fornire ancora spiegazioni convincenti.

vedi le altre puntata dell’inchiesta su:

https://www.contropiano.org/it/news-politica/item/5854-fascisti-in-inverno

https://www.contropiano.org/it/news-politica/item/5734-roma-una-%E2%80%9Cinspiegabile%E2%80%9D-guerra-di-mala

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L’ultimo colpo è per l’ex Nar
Andrea Palladino
L’agguato a Francesco Bianco: da Forza Nuova alla sospensione dall’Atac Nella zona dei Castelli l’estrema destra è forte. Ma si guarda alla criminalità

È bastato un giorno, e il conteggio degli agguati a Roma è ripartito. L’ultima vittima – rimasta gravemente ferita – è l’ex Nar Francesco Bianco, colpito da tre proiettili alle gambe e al braccio davanti alle terme di Tivoli, a pochi chilometri dalla capitale.Un chiaro avvertimento, arrivato dopo un breve inseguimento quando le strade erano ancora affollate, poco dopo le 20 di lunedì. «Non l’hanno voluto uccidere», spiegano gli investigatori, che stanno raccogliendo le tante testimonianze, ricollegando i fili della storia personale di Bianco.
La vittima, in questi casi, è la chiave per capire moventi e mandanti, il punto di partenza per le indagini. E nel caso dell’ex esponente dei Nar si intrecciano tante possibili piste, che portano al sottobosco romano dell’estremismo nero, tradizionalmente legato alle organizzazioni criminali, fin dai tempi della banda della Magliana.
L’esordio nelle cronache di Francesco Bianco, oggi cinquantenne, affonda negli anni lontani dell’organizzazione della destra eversiva dei Nar, nel 1978, quando partecipò ad una rapina nel negozio di armi Centofanti nella capitale. Poi nel duemila riapparve come responsabile romano di Forza nuova e, soprattutto, come amico fedele di Andrea Insabato, l’esponente di destra che portò l’ordigno davanti alla porta della redazione del manifesto, in via Tomacelli. Durante le indagini i rapporti tra i due furono attentamente analizzati e Bianco animò la conferenza stampa di Forza Nuova dopo l’attentato con un pugno in faccia al giornalista Guido Ruotolo.
Ma un suo coinvolgimento nell’attentato non è mai stato dimostrato. Un tipo rissoso, lo descrivono oggi gli investigatori, che non escludono il movente del litigio non politico, anche se le indagini stanno prendendo in considerazione tutte le ipotesi. «Nessuna esclusa», spiegano i carabinieri, che ieri in serata stavano analizzando le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona.
Francesco Bianco era da poco ritornato all’Atac, l’azienda romana che gli aveva dato lavoro in piena epoca parentopoli, la stagione delle assunzioni facili di amici e affini nelle municipalizzate romane. Faceva parte di quel gruppo di fascisti entrati in massa nella macchina amministrativa del Campidoglio dopo l’elezione di Gianni Alemanno e non faceva nulla per nascondere la sua fede nera. Nel dicembre del 2010 era stato sospeso dalle sue funzioni quando i giornali avevano scoperto e denunciato gli attacchi antisemiti pubblicati sulla sua pagina facebook. Il provvedimento era arrivato, in realtà, per l’utilizzo dei computer aziendali e – almeno formalmente non per le sue parole minacciose scagliate contro il capo della comunità ebraica Riccardo Pacifici e contro il movimento studentesco. «Annate a lavorà e se non ce riuscite fateve raccomandà», scriveva rivolgendosi ai ragazzi che protestavano contro la riforma Gelmini sulla sua bacheca di facebook.
L’agguato di lunedì sera ha l’apparenza di una nuova azione di quella criminalità mafiosa che a Roma da mesi sta alzando il tiro, aprendo gli arsenali e rompendo la pace che aveva caratterizzato gli ultimi anni. Solo a dicembre le cronache hanno contato quattro feriti ed una vittima, tutti colpiti da arma da fuoco, spesso con modalità simili all’agguato di Tivoli.
L’ultimo episodio risale al 29 dicembre scorso, quando Carmelo Fichera, originario di Catania, è stato gambizzato in pieno centro, nel quartiere di San Lorenzo. Solo cinque giorni prima era stato colpito, a Tor Bella Monaca, Gioacchino Agliano, un cinquantenne con precedenti per spaccio di droga, rapina e ricettazione. Anche in quel caso ad agire furono due persone con il viso coperto da un casco integrale, e i colpi partiti da uno scooter. Stessa modalità seguita dal gruppo di fuoco che ha ferito Francesco Bianco. È ormai nota e confermata da diverse indagini dell’antimafia la presenza pesante dei capitali di ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra nell’economia della capitale.
Non c’è solo il ricchissimo mercato della cocaina da spartirsi: ci sono i locali del centro, dove spesso si incontrano parti importanti della politica e dell’economia romana. Ci sono i bar di via Veneto, i ristoranti attorno ai palazzi del potere, i banconi dove deputati, senatori, palazzinari e banchieri sorseggiano il caffè. Avere il controllo di questi locali è la migliore conquista del territorio per le mafie tradizionalmente interessate a mantenere un piede saldo all’interno del raccordo anulare. Ci sono poi le bische clandestine delle periferie, i luoghi dello spaccio delle borgate e tutta la logistica dei traffici illegali. E, non ultimo, il cemento, l’enorme colata che ha avvolto la città di Roma negli ultimi dieci anni, fatta di centri commerciali e torri residenziali.
Nessuna pista, dunque, è esclusa. Anche l’arma usata, una 7,65, è definita comune, facilmente reperibile sul mercato clandestino, non in grado di identificare un gruppo o, almeno, un ambito. La stessa vita privata di Bianco è difficilmente analizzabile. Da poco più di un anno si era trasferito nella prima periferia di Guidonia, in una via anonima con case modeste. I vicini appena lo conoscevano, e, nella periferia estesa della capitale, l’anonimato è sempre di più una virtù. Nella zona tra Guidonia e Tivoli la presenza della destra estrema è tradizionalmente forte, tanto che lo scorso dicembre venne organizzato proprio qui il congresso di Forza Nuova. Un ambiente familiare ancora oggi per Bianco, pezzo storico della destra romana.

da “il manifesto”
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