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I Forchettoni Neri (seconda puntata)

Le migliaia di galoppini assunti con chiamata diretta dalle aziende del Comune di Roma dopo la vittoria elettorale di Alemanno rispondono all’esigenza di ricompensare sia la manovalanza nera che quei settori “popolari” che hanno contribuito in maniera determinante al successo delle liste neofasciste e berlusconiane. A ben guardare, si è trattato di un’operazione nel più classico stile democristiano, con un di più di velocità e di assoluta indifferenza verso il contesto strutturale in cui la stessa operazione viene effettuata.
4.000 assunzioni nell’arco di due anni sono un’enormità, una cosa più da pieno impiego in stile sovietico che da governance liberale. Una tale forzatura è avvenuta parallelamente al taglio selvaggio di servizi pubblici e nel quadro della più grave crisi economico-finanziaria conosciuta dal capitalismo dopo il 1929. Qualcuno potrebbe sostenere che, in fondo, Alemanno si è ispirato al welfare mussoliniano, a quell’intervento dello Stato nell’economia che costituì la versione italiana del New Deal roosveltiano, ma il paragone non sta in piedi.
Negli anni 30 del secolo scorso, analogamente a quanto avveniva negli U.S.A. su impulso delle teorie di Keynes, il governo italiano promosse un massiccio piano di investimenti pubblici e di assunzioni nella Pubblica Amministrazione, legando la tendenza al pieno impiego al rafforzamento ed allo sviluppo di una forte struttura produttiva. La versione caricaturale del fascismo alla vaccinara di Alemanno prescinde totalmente dalla struttura produttiva, ed anche dalla semplice utilità sociale, virando verso il più abietto clientelismo, a spese della collettività.
Credo sia questo il punto da sottolineare: le assunzioni di Alemanno non solo sono clientelari, ma peseranno sulle condizioni di vita di una popolazione già duramente colpita dalla crisi e da anni di scellerate privatizzazioni realizzate dalle giunte di Rutelli e Veltroni, rispetto alle quali la giunta Alemanno ha aggiunto un surplus di arroganza. In altre parole, il conto degli stipendi delle migliaia di inutili parassiti insediati in comodi uffici – mentre la città avrebbe bisogno di autisti dei mezzi pubblici, di operatori ecologici, di personale scolastico, di operatori sociali, ecc. – lo pagheranno i cittadini romani, compresi quelli che non nascondono una sorta di ammirazione verso un uomo politico che “aiuta gli amici”, naturalmente sperando di poter accedere a quella cerchia di “amici”. Un esempio del costo sociale per la cittadinanza della disinvoltura di Alemanno e dei suoi è arrivato con una Delibera di giunta dello scorso settembre, scivolata nell’indifferenza generale delle cosiddette opposizioni, compresa quella della “sinistra radicale”.

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Con la Delibera n. 281 del 15 settembre 2010, il Comune di Roma ammette sostanzialmente di non essere in grado di versare nei tempi dovuti i compensi destinati alle aziende del privato sociale che gestiscono i servizi sociali e assistenziali per conto del Comune stesso, quali l’assistenza ai disabili ed agli anziani, il sostegno ai minorenni in difficoltà, l’assistenza educativa ai bambini delle scuole materne, elementari e medie, ecc. A seguito di tale presupposto, il Comune decide di garantire, certificandolo, il debito che ha verso quelle aziende, formalmente favorendole ma, di fatto, obbligandole a ricorrere al credito bancario, ovviamente scaricando sulle aziende stesse ogni onere economico relativo all’operazione.
In pratica, funziona così: le cooperative cui il Comune non riesce a pagare il lavoro effettuato potranno (leggi: dovranno) rivolgersi alle banche, che verseranno loro quanto dovuto dal Comune, per rivalersi successivamente sul Comune stesso. Naturalmente, non essendo le banche istituzioni filantropiche, queste tratterranno dai versamenti alle cooperative una certa percentuale, mediamente intorno al 3% dell’importo dovuto dal Comune: questo comporta, per una cooperativa di medie dimensioni, un salasso di circa 60.000 euro l’anno, a tutto vantaggio della banca.
Ma non finisce qui: logica vuole che, se il Comune di Roma non è in grado di far fronte nei tempi dovuti ai suoi impegni nei confronti di chi lavora per lui, meno che mai sarà in grado di farlo nei confronti delle banche, il che farà scattare le conseguenti ed inevitabili penali, con il brillante risultato di far aumentare sia il costo dei servizi sociali che l’indebitamento pubblico verso le banche. Indovinate un po’ chi pagherà questo aumento dei costi.
Se la cosiddetta opposizione si sta mostrando timida verso la fascistopoli/parentopoli nelle aziende pubbliche, sullo scandalo dei servizi sociali consegnati alle banche a spese dell’intera cittadinanza non ha nemmeno fiatato, né in Consiglio comunale, né nella città. I motivi di questo silenzio andrebbero indagati, perché appare impossibile che possa trattarsi di mera incompetenza. La realtà è che qualcuno sarà pure veramente incompetente (e questo è già grave), ma qualcun’ altro con la cricca di Alemanno ci convive piuttosto bene, urlando slogan antifascisti di giorno e incassando qualche finanziamento per le proprie attività al calar della sera. Anche qui, provate ad indovinare chi paga il conto.

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L’operato della giunta Alemanno appare, quindi, più sofisticato di quanto si possa immaginare, tanto è vero che, a conti fatti, in due anni di malgoverno della città la difficoltà maggiore gliel’ha creata il biondo Tevere con il suo rischio di esondazione, non certo l’opposizione politica. Fra clientelismo dispiegato verso gli “amici” e dazioni oculate verso i “nemici”, il camerata Alemanno ha mostrato di sapersi muovere… anche perché, diciamocelo francamente, con una “opposizione” come quella che si ritrova, avrebbe dovuto essere un perfetto imbecille per avere fastidi. E Alemanno imbecille non è.
Tuttavia, la poltrona del sindaco in camicia nera inizia a traballare. Fino ad ora, ci siamo occupati degli strati più bassi della torta, fra galoppini ricompensati e “oppositori” in saldo da fine stagione. Ma è avvicinandosi alle ciliegine che la torta diventa veramente gustosa, talmente gustosa che potrebbe andare di traverso al suo ingordo pasticciere. Ma l’inchiesta continua. Alla prossima puntata.

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