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OccupyScampia, un trapianto che non funziona

Ci sembra comprensibilissimo, sul piano logico e politico. Da Madrid a barcellona, da Atene a New York, le iniziative “indignados” hanno avuto fortuna mediatica anche grazie a una certa trasversalità interclassista, al mescolare rivendicazioni sociali chiare – anche di classe – e modalità “liberal”.

Su questa incertezza, naturale in tutti i movimenti nella loro fase iniziale, si è inserito quel marchingegno mediatico che gira sotto il nome di “Roberto Saviano entertainment”. Un monologo sostituisce la collettività una visione povera e claustrofobica della società sostituisce il magma in movimento perenne, la dicotomia morale legalità/illegalità sostituisce il conflitto sociale, la legalità astratta sostituisce il bisogno di giustizia.

Tramite qualche volonteroso deputato del Pd si è tentato di paracadutare questo modello mediatico su una realtà difficile come Scampia. A quanto pare con esiti imprevisti. La camorra se n’è fottuta ampiamente (gli affari si fanno anche meglio, se girano troupe: la clientela si allarga, i prezzi della robba salgono). Gli operatori sociali che da anni “si fanno il mazzo” tra la gente si sono invece chiesti: “ma che va cercando, questo?”.

A noi c’è sembrata una reazione molto sensata. E a voi?

OccupyScampia, è polemica
Francesca Pilla
NAPOLI

I volontari contro l’occupazione delle tende: «I veri indignati siamo noi» Le associazioni che da anni lavorano per il recupero del quartiere contestano l’iniziativa e Roberto Saviano: «Non ci servono i riflettori, ma progetti»

«Una cosa non buona diventa peggiore quando si vuole difenderla a ogni costo». Non è questo il caso a cui si riferiva Ovidio, ma di sicuro OccupyScampia sta diventando un tira e molla tra chi in buona fede ha lanciato l’appuntamento per oggi, alle 17, nel centro del quartiere e quelli che lavorando tutti i giorni sul territorio la ritengono un’iniziativa estemporanea e priva di sostanza. Molto si capirà stasera in piazza Giovanni Paolo II quando i partecipanti che si sono organizzati su Twitter si guarderanno in faccia e si conteranno. Qui non siamo a Zuccotti park la sfida non è solo mettere le tende nel quartiere da sempre supermercato di stupefacenti e teatro di guerre camorristiche sanguinose, è lavorarci tutti i giorni e fare arrivare lo stato.
Per questo le associazioni – Gridas che ogni anno organizza il carnevale dei bambini, Chi rom e chi no, (R)Esistenza, il Mammut, il centro Hurtado – si sono indisposte alla proposta, cinguettata lunedì, dalla deputata democratica Pina Picierno. La paura che si possa ripetere nel quartiere un film già visto con l’uscita del libro e del film Gomorra: mesi di telecamere e passerelle e poi a fare il «lavoro sporco» tutti i giorni restano da soli i volontari.
«Ci stanno strumentalizzando ancora una volta, io quando vado in giro a parlare delle nostre attività penso prima alle parole per difendere Scampìa. Certo dobbiamo ringraziare il sistema, ma anche quelli che speculano da tempo sulla nostra situazione». Davide è un ragazzo come tanti, il volto pulito del quartiere, ci racconta della sua vita in strada e poi del cambiamento quando ha iniziato a collaborare con il Mammut: «Dei nostri laboratori, dei concerti, delle iniziative quotidiane nessuno parla mai, per questo siamo noi a essere indignati di vedere occupare il quartiere, come se aspettassimo loro». Un indignazione, quella degli operatori che preoccupa anche il Pd: «Non voglio fare nessuna polemica con Pina Picierno – dice Francesco Nicodemo, responsabile della comunicazione a Napoli – qualsiasi tipo di attenzione su Scampìa è positiva, ma secondo me si doveva organizzare insieme alle associazioni». C’è infatti chi pensa che sarebbe stato più positivo proporre un’assemblea con le realtà territoriali. Basti pensare che il comitato Vele ha organizzato con più di un mese di anticipo, per il 10 marzo, una manifestazione per chiedere al comune le case degli sfrattati. Altre dinamiche. Ma il gap in questo momento tra chi parla da lontano e chi vive in trincea è sempre più largo. Lo si vede anche dalle reazioni all’articolo di Roberto Saviano pubblicato ieri su Repubblica: «Ancora una volta l’area nord di Napoli viene usata come palcoscenico di uno spettacolo stereotipato di cui chi ne parla, non conosce personaggi, interpreti, contesti, dinamiche reali», dice Fabrizio Anreozzi, del movimento per la rete dei Commons.
I malintesi sono nati anche dal clamore suscitato per un paventato coprifuoco imposto dai clan a negozianti e abitanti, ma smentito dai magistrati, dal prefetto Andrea De Martino e dal sindaco De Magistris. «Noi spesso siamo in strada fino a tardi e non abbiamo nessun tipo di problema o minaccia» dicono i ragazzi dell’associazione (R)Esitenza che stanno per mettere in scena lo spettacolo di Scampìa Trip. Nessuno però si sogna di negare che la vita in un’area di confine sia semplice, né gli otto morti a Melito, il comune limitrofo, che sono le prime avvisaglie dell’inizio di uno scontro nel vecchio cartello degli Scissionisti, uscito vincente sui Di Lauro nella faida del 2004. «È vero c’è tensione, ma se vieni con luci e macchine fotografiche senza una progetto, serve solo a farci mettere l’ennesima etichetta e vi assicuro che questo non fa cambiare le cose», dice Davide, con l’amaro in bocca.

da “il manifesto”

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