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E Camusso s’è venduta l’art. 18

Ore 15.00 Le notizie in nostro possesso registrano una sostanziale conferma. L’ipotesi di introdurre una “eccezione” – niente tutele dal licenziamento per “stabilizzati” (equiparati agli “apprendisti”, anche a prescindere dal numero di anni effettivamente lavorati; comprese le partite Iva mono-committenti) e le “nuove imprese” – era già stata proposta dal ministro Fornero in prima battuta, ricevendo un “no” formale, ma evidentemente solo interlocutorio.

L’avevamo scritto quando abbiamo avuto sotto gli occhi uno “stranissimo” articolo economico  di Roberto Mania, redattore “sindacale” di quel giornale, un intimo dei segretari generali della Cgil, in cui l’art. 18 veniva quantificato in “200 punti di spread”. Cazzata mostruosa, sul piano economico, ma indicativa su quello politico: Camusso poteve “vendersi” il divieto di licenziamento senza giusta causa “per senso di responsabilità nazionale”.

Ora la conferma. In un vertice segreto con Monti, la signora che era stata cacciata dalla Fiom perché abituata a vendersi gli accordi aziendali (specie con la Fiat), priva di qualsiasi mandato da parte del pur iperburocratico Direttivo Nazionale, ha mollato quel che per il governo e le imprese era ormai un trofeo da esibire: la libertà discrezionale piena e senza ingerenze della magistratura sui singoli lavoratori. Abolirlo per i precari “stabilizzati”, infatti, significa lasciare questi ultimi nella stessa condizione (licenziabili in qualsiasi momento) e ricattare immediatamente tutti gli altri. Che infatti saranno minacciati fin da subito da un'”interpretazione meno rigida” del concetto di “giusta causa” (con mandato al ministro Severino di trovare il garbuglio che possa far dare sempre ragione alle aziende, in tribunale).

E’ difficile infine non sottolineare la “finezza” dell’abolizione dell’art. 18 anche per le nuove aziende. Come ha insegnato in questi due anni Marchionne, basta un po’ di faccia come il culo et voilà… la newco è servita. Basta registrarla dal notaio. Lo Stato di Monti e Napolitano si farà discretamente da parte, facendo finta che non esistano più né le leggi né la Costituzione. Anzi: non fanno finta….

In pratica, si tratta dell’introduzione del divieto di fare sindacato nelle aziende, oltre che dell’abolizione surrettizia del diritto di sciopero. E’ chiaro infatti che se l’azienda potrà licenziare chi vuole, i primi a esser estromessi – dopo gli “inabili per causa di servizio” – saranno proprio i lavoratori che non chinano la testa.

Una perdita secca, senza alcuna “compensazione – come sbandiera la propaganda reazionaria – tra “troppo garantiti” e “per nulla garantiti”. Una porcata degna di una seguace di Craxi. Un’infamia che resterà nella storia sindacale d’Italia.

Articolo 18, vertice segreto Monti-Camusso. Norma sospesa per ex precari e nuove aziende

Il premier ha incontrato il leader Cgil prima del viaggio in Usa. L’ipotesi prevede un congelamento fino a 4 anni. Coinvolti anche i titolari delle partite Iva

CLAUDIO TITO

Un incontro segreto. Un faccia a faccia per sbloccare la trattativa. E dare uno sbocco alla riforma del mercato del lavoro. Dopo quasi tre mesi dal suo insediamento a Palazzo Chigi, Mario Monti ha deciso di parlare faccia faccia con il segretario della Cgil, Susanna Camusso. Ottenendo un primo compromesso sulle misure che l’esecutivo varerà entro marzo.  Il premier sta studiando una soluzione che consenta al governo di presentare all’Unione europea e ai mercati una “moderna” riforma del lavoro. E ai sindacati tutti, compresa la Cgil, di non dover salire sulle barricate. Una mediazione che salvaguardi la sostanza dell’articolo 18  e al tempo stesso le esigenze del mondo occupazionale che rischia di diventare sempre più asfittico se non interviene proprio su quella stessa norma.

FACCIA A FACCIA IN “CAMPO NEUTRO”
Il presidente del Consiglio e il capo della Cgil non si erano mai parlati faccia a faccia. Lo hanno fatto per la prima volta nei giorni scorsi. Un lungo colloquio prima che il presidente del Consiglio partisse per gli Stati Uniti. Un confronto serrato, diretto. Che si è chiuso con qualcosa di più una stretta di mano. Non un testo definitivo o un documento, ma la disponibilità reciproca a chiudere nei tempi stabiliti un’intesa. All’interno di un perimetro composto da alcune direttrici principali: una normativa che “sospenda” e non cancelli l’articolo 18 per chi esce dal “precariato”. E una “interpretazione” meno rigida del principio di “giusta causa” da parte dei tribunali del lavoro. L’incontro è stato richiesto dal capo del governo. E si è svolto in “territorio neutrale”.

MONOTONIA DEL POSTO FISSO
Le polemiche su quella frase sulla “monotonia del posto fisso” avevano provocato uno strascico di polemiche considerato troppo pericoloso per il prosieguo della trattativa e anche per conservare integro il rapporto con il Pd. Il Professore voleva spiegarsi, chiarire che l’obiettivo dell’esecutivo non sarebbe mai stato quello di boicottare la stabilità contrattuale dei lavoratori. Come aveva fatto pubblicamente, ha riconosciuto che quella formula è stata “infelice”, ma “involontaria”. Le parole di Monti hanno in qualche modo rasserenato il segretario della la diffidenza iniziale si è rapidamente trasformata in “reciproca comprensione”. Ma soprattutto hanno messo il confronto su binari che fino a quel momento apparivano impercorribili. I due  –  nella schiettezza reciproca  –  hanno iniziato a capirsi e a tenere conto delle rispettive necessità. Calando così la discussione su aspetti più concreti del negoziato. Che certo non può ritenersi concluso e che dovrà ora superare la prova della trattativa ufficiale.

IL NODO DEI PRECARI
“Noi siamo qui per fare le cose, altrimenti potevano rimanere ai nostri posti”, ripete da giorni il presidente del consiglio. E quel “fare le cose” è riferito anche alla riforma del mercato del lavoro. Palazzo Chigi considera l’intervento sull’articolo 18  –  non la sua cancellazione  –  un passo decisivo per adeguare l’Italia alle nuove esigenze della globalizzazione e renderla competitiva in una fase critica per la nostra economia. In questo scambio di opinioni allora uno dei punti valutati ha riguardato la “sospensione temporanea” dell’articolo 18 per alcune categorie di lavoratori. Una soluzione che anche la Camusso ha accettato di soppesare. L’idea è quella di prevedere per chi ha una lunga esperienza di precariato la possibilità di passare alla “stabilità” accettando una prima fase in cui per tre o quattro anni non è vietato interrompere il rapporto. Un modo per far uscire molti giovani dalla transitorietà lavorativa. Magari associando una convenienza fiscale e previdenziale al datore che “stabilizza” il dipendente.

NUOVE IMPRESE E PARTITE IVA
Stesso discorso per le nuove iniziative imprenditoriali. A Palazzo Chigi sanno bene che il 97 per cento delle aziende e il 67 per cento dei lavoratori sono già sottrattati alla disciplina dell’articolo 18 perché impiegati in strutture con meno di 15 dipendenti. Difficilmente nasceranno un numero consistente di medie e grandi imprese. Ma costituisce soprattutto un segnale agli investitori internazionali. Un messaggio ai mercati che si aspettano delle novità su questo terreno. Ragionamento analogo sulle partite iva. Molti lavoratori dipendenti sono “costretti” ad aprire quel regime fiscale per consentire al datore di mascherare il rapporto di dipendenza (non a caso il numero di lavoratori autonomi appare troppo elevato in Italia, circa 9 milioni).

QUANDO SI ARRIVA IN TRIBUNALE
“Per come viene applicato in Italia l’articolo 18 sconsiglia l’arrivo di capitali stranieri e anche di capitali italiani”, aveva detto il premier il 3 febbraio. Un chiaro riferimento al processo del lavoro, a una giurisprudenza troppo rigida e a tempi di definizione delle cause troppo lunghi. Una questione affrontata dal Professore e dal leader Cgil. E che potrebbe portare ad una “interpretazione ufficiale” della norma meno drastica e con modalità temporali meno dilatate. Una questione sulla quale presto verrà coinvolta anche il ministro della Giustizia Severino.

IL FATTORE UNITA’ SINDACALE
Uno degli aspetti che negli ultimi giorni ha facilitato il dialogo con la Cgil riguarda la posizione del governo sulla “unità sindacale”. “Non seguiremo la linea Sacconi volta a spaccare le organizzazioni dei lavoratori”, è il refrain che ripetono a Palazzo Chigi. Monti non intende insomma lavorare per dividere Cgil Cisl e Uil. Soprattutto non rientra nei suoi piani aprire un canale privilegiato con uno o alcuni dei tre leader confederali. L’abitudine del precedente governo di escludere sistematicamente la Camusso da ogni trattativa o decisione sarà respinta dal premier e dal ministro del lavoro Fornero. Una linea, peraltro, che all’inizio di questa esperienza governativa aveva provocato qualche incomprensione proprio con la Cisl di Bonanni. “Non lavoro per spaccare i sindacati”, dice Monti. Ma nemmeno per una “concertazione” old style. Nell’esecutivo è maturata la convinzione che per persuadere l’Unione europea e i mercati non può essere avallata una politica di totale condivisione. Anche perché proprio da Bruxelles Palazzo Chigi si aspetta un richiamo esplicito sul mercato del lavoro italiano e sull’articolo 18.

MERCOLEDI’ INCONTRO UFFICIALE
Il negoziato ufficiale intanto va avanti. E con ogni probabilità il governo riceverà nuovamente mercoledì prossimo tutte le delegazioni delle parti sociali. Anche il ministro Lavoro, dopo la riunione di mercoledì scorso con la Cgil, aveva manifestato un certo ottimismo: “Vedo un bel sentiero largo”. E in seguito al chiarimento tra Monti e Camusso quel sentiero sembra essersi ampliato. Il progetto resta quello di chiudere l’intesa in ogni aspetto entro marzo. Escluso il ricorso al decreto, gli uomini del premier e di Fornero si stanno sempre più concentrando sulla legge delega. Un percorso comunque da completare e che nessuno nell’esecutivo può immaginare senza ostacoli e future incomprensioni. Anche il Professore sa bene che nonostante la “disponibilità” della Cgil, la riforma del lavoro difficilmente potrà essere approvata senza la protesta dei sindacati.

Rituale la smentita congiunta. Ma Repubblica conferma la sua versione dei fatti.

Cgil e Monti: “Nessun incontro”. Ma Repubblica conferma il vertice

Nota congiunta dopo la notizia di un faccia a faccia segreto che avrebbe portato a un’intesa di massima per ritoccare la normativa sui licenziamenti. “Bassezza per boicottare il confronto”. Ricostruzione che il giornale ribadisce: “Notizia ottenuta da fonti certe”

“Nessun incontro segreto sull’articolo 18”. E’ il contenuto di una nota congiunta di Palazzo Chigi e Cgil sulle indiscrezioni di Repubblica 1 circa un accordo di massima sull’articolo 18 raggiunto tra governo e sindacati nel corso di un vertice segreto tra il presidente del Consiglio Mario Monti e la leader sindacale Susanna Camusso. Nella nota, si legge che “nei giorni scorsi non vi è stato nessun incontro né colloquio tra il Presidente del Consiglio Mario Monti e il segretario generale della Cgil Susanna Camusso”.

A questa precisazione la Cgil ha fatto seguire su Twitter una nota molto dura nella quale la notizia riportata da Repubblica viene definita “una grave invenzione assolutamente infondata”. “Le nostre posizioni sull’articolo 18 sono note e stranote. Qualcuno vuole far saltare confronto?”, si chiede la confederazione. “Prima due fondi di Scalfari, ora una notizia falsa in prima pagina – lamenta ancora il sindcato – Chi vuole forzare la mano? Noi non subiremo pressioni improprie. Ci chiediamo perché Repubblica sia scesa a queste bassezze. Chi vuole boicottare il confronto sul lavoro?”.

Il nostro giornale ribadisce comunque la sua ricostruzione, sottolineando di aver appreso la notizia dell’incontro e dei suoi contenuti da fonte certa.

Sarcastica la Cisl, a lungo al centro delle critiche della Cgil per il suo rapporto privilegiato con l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. “Speriamo sia vero l’incontro segreto tra Camusso e Monti. Fa sorridere che taluni discutano sottobanco quello che altri fanno sotto la luce del sole”, commenta su Twitter il sindacto guidato da Raffaele Bonanni.

Come dice Giorgio Cremaschi, presidente del Cimtato Centrale della Fiom, che conosce benissimo i suoi polli: “l’unica smentita possibile è la proclamazione dello sciopero generale”

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1 Commento


  • pinatubo

    … Altro trio ABC, andassero aff….

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