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Proteste No Tav. C’è modo e modo di raccontare…

Diamo quindi qui di seguito alcuni degli articoli usciti sulla stampa di oggi che resocontano le proteste di ieri. Prendiamo il caso di Roma non perché sia “centrale” (anche se il governo ha qui la sua sede), ma per mettere a confronto con lo stesso fatto la diverse “penne”. Iniziamo con il manifesto, che appoggia il movimento No Tav, anche se con qualche “preoccupazione” (non è un segreto, per chi lo legge, che le opinioni politiche della redazione siano estremamente differenziate, con qualche punta di perbenismo filo-Pd da brividi. Ma non è il caso di Palladino, cronista attento e serio. Cui però non sfugge la qualità politica potenziale di questo movimento, “che va riempiendo il vuoto politico dell’era Monti”. Un’era in cui la politica – la composizione dei vari interessi sociali in una sintesi che produce “scelte” – non si manifesta più nei partiti, men che meno in quelli che bivaccano in Parlamento tra un aperitivo e un voto di fiducia al dittatore “tecnico”.

Un movimento ad alta imprevedibilità

Andrea Palladino

ROMA

Tensioni con i giornalisti, troupe di Rainews nel mirino. Protesta alla sede di Repubblica

Alla fine, poco dopo le 19, il corteo si è disperso senza problemi, spontaneamente. Nessuna occupazione della stazione Tiburtina, presidiata dalle forze dell’ordine, snodo dei treni ad alta velocità che attraversano Roma, divenuta l’obiettivo di una manifestazione sostanzialmente tranquilla, a tratti festosa. Nessun volto coperto, nessun assalto sul percorso, ma il segno ormai evidente della contaminazione del movimento no Tav, che dalla Val di Susa sta raggiungendo l’intero paese.

L’appuntamento romano – il più atteso, oltre a quello nella valle – era nato pochi giorni fa, e si era caricato di significati dopo la chiusura, poco tecnica e molto politica, del governo Monti. Alle 15, orario indicato per la partenza del corteo da piazzale Tiburtino, la scena era in realtà surreale. Decine di telecamere, fotografi, giornalisti, di fronte ai militanti che iniziavano ad arrivare a piccoli gruppi all’inizio della via Tiburtina, nello storico quartiere di San Lorenzo. Operatori di tv e canali web armati spesso di caschetto, con gli obiettivi puntati su questo magma divenuto protagonista, che sta rapidamente riempiendo il vuoto politico dell’era Monti. In fondo sono oggi i movimenti a porre sul tavolo della discussione i grandi temi dello sviluppo, contrapponendo la lentezza della decrescita, dei beni comuni, della difesa del territorio al turbocapitalismo finanziario.

Un protagonismo che ha il suo epicentro in Val di Susa, dove un’intera popolazione sta vivendo sulla propria pelle, sulla propria storia le scelte che hanno l’odore di un’era politica lontana. In meno di mezz’ora la piccola piazza nel cuore di San Lorenzo era piena. Forse diecimila persone, anche se l’esercizio del conteggio oggi ha poco senso.

La nuova faccia del movimento che si riconosce dietro al sigla No Tav assomiglia in fondo più ai tanti occupy, magmatico, capace di piccole azioni imprevedibili. Il primo vero punto che ha animato il corteo è arrivato un’ora dopo la partenza, davanti all’ex fabbrica Snia, a pochi passi dal quartiere del Pigneto. Un piccolo gruppo di lavoratori di Treni notte – quella parte di Ferrovie dello Stato che garantiva i collegamenti notturni tra il sud e il nord, chiusa dall’amministratore delegato Moretti – da un balcone in cima ad una sorta di torre hanno aperto uno striscione che richiamava quella lentezza dei treni notturni, contrapposta all’alta velocità del modello Tav.

Qualche fumogeno, un piccolo parapiglia che vede vittima una troupe di Rainews, come raccontano le agenzie, gli slogan, gli applausi. Poi il corteo si ferma. Basta poco per capire che la destinazione finale di piazzale Preneste non verrà raggiunta oggi. Serve il simbolo, serve la prova di piazza. La vicina stazione Prenestina era presidiata da diversi blindati e, in pochi minuti, il corteo decide di ritornare indietro, verso la tangenziale, libera e aperta. Da quel punto diventa facile raggiungere rapidamente diversi luoghi simbolici per il movimento No Tav. In fondo, ad un paio di chilometri di distanza c’è la stazione Tiburtina, centro nevralgico dell’alta velocità del centro Italia. Poco prima c’è l’imbocco dell’autostrada A24, che porta verso L’Aquila e Pescara. E c’è la stessa tangenziale, arteria vitale per il traffico cittadino.

Per circa mezz’ora il corteo cammina sulla sopraelevata, che sfiora i palazzi. Il deposito e gli uffici dell’Atac – l’azienda municipalizzata romana divenuta simbolo della parentopoli – diventano velocemente, e facilmente, l’obiettivo dei petardi, lanciati dall’alto della strada. Poi, arrivati, al bivio tra l’A24 e il pezzo di tangenziale che sbuca davanti alla stazione Tiburtina, inizia la trattativa con i funzionari della Questura, rimasti spiazzati dal cambio di percorso.

Con la conclusione pacifica e condivisa di fermarsi lì, senza altre forzature. C’è una novità in questo movimento, ed è l’insofferenza per i giornalisti, ormai messi insieme alla Polizia nelle scritte sui muri. La ricerca – spesso ossessiva – del clamore, la presenza costante di telecamere e macchine fotografiche – che raccolgono immagini potenzialmente utilizzabili dalle forze dell’ordine – e, secondo il movimento, il mancato racconto delle ragioni della popolazione della Val di Susa sono diventati elementi non più graditi. Proprio ieri mattina la giornata si era aperta con l’occupazione simbolica della redazione de La Repubblica, terminata con un incontro con la direzione.

«Non mettete il bavaglio alla Valle», chiedevano i manifestanti. Il No Tav, in fondo, è una sorta di magma contagioso che varrebbe la pena raccontare ascoltando.

da “il manifesto”

Tutt’altro tono, ovviamente, su Repubblica, “toccata” dalla protesta per le sue cronace vergognosamente “governative”, da vero bollettino supplementare di palazzo Chigi. Naturalmente non ha cambiato atteggiamento, arrivando addirittura a rivalutare la “capacità previsionale” di Gianni Alemanno, solo teoricamente un “avversario da combattere” per il partito di De Benedetti.

Roma, No Tav invadono la tangenziale

Bussoleno, bloccato svincolo dell’A32

Il corteo contro l’Alta Velocità ha sfilato a lungo pacificamente nella Capitale, ma poi ha invertito la rotta puntando verso la Stazione Tiburtina. Bloccato l’ingresso dell’A24, bombe carta sulla sede Atac e tra i manifestanti sono comparsi anche caschi e bastoni, facendo temere il peggio. Poi i militanti si sono dispersi. In Val di Susa, occupate le uscite autostradali di Avigliana e Chianocco. A Milano corteo pacifico

ROMA – Nuove manifestazioni contro la Tav in risposta alla fermezza del premier Mario Monti, che ieri ha annunciato che si va avanti con la linea dell’alta velocità e non saranno tollerate illegalità. Cortei nel pomeriggio a Roma e Milano, raduno a Bussoleno.

Nella Capitale è salita la tensione quando gli attivisti hanno invertito la rotta concordata con la Questura e hanno occupato la tangenziale, puntando verso la Stazione Tiburtina, nuovo scalo dell’Alta velocità. Bloccato per oltre mezz’ora anche l’imbocco dell’A24, poi il corteo ha ripreso la marcia liberando anche la tangenziale. Partiti da Bussoleno, gli attivisti della Val di Susa hanno invaso gli svincolo di Avigliana e di Chianocco dell’autostrada A32 Torino-Bardonecchia.

Sulle motivazioni delle proteste è intervenuto il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini: ”Non ci sono ragioni ambientali all’origine della protesta” dei no-Tav, ha detto, parlando a Trieste.

Stamattina circa 50 attivisti romani del movimento ‘No tav’ hanno effettuato un presidio davanti alla sede di ‘Repubblica’, a Roma. Una delegazione ha incontrato i giornalisti 3. L’iniziativa è stata organizzata per contestare il modo in cui i media in generale seguono la vicenda, dando più spazio agli scontri che alle ragioni del movimento.

Roma, il corteo invade la tangenziale. Dopo aver sfilato a lungo in modo pacifico nella Capitale, rispettando l’itinerario fissato con la Questura, un migliaio di manifestanti No Tav, giunti in via Prenestina, ha invertito improvvisamente la rotta occupando la Tangenziale Est in direzione via Tiburtina. Dalla sopraelevata sono state lanciate alcune bombe carta nel cortile del deposito Atac lungo via Prenestina. Al grido di “Occupiamo tutto”, il corteo ha quindi marciato in direzione della Stazione Tiburtina, nuovo scalo dell’Alta Velocità, e ha bloccato per oltre mezz’ora l’ingresso dell’autostrada Roma-L’Aquila.

Traffico completamente fermo in entrambi i sensi di marcia della tangenziale. Distribuiti volantini alle auto. Nel cuore del corteo sono comparsi anche i primi bastoni portati da alcuni ragazzi che indossano caschi da motociclista. Si è temuto davvero il peggio.

Ma il corteo ha infine ripreso la sua marcia, percorrendo la Tangenziale Est a ritroso, in direzione San Giovanni, liberando l’accesso all’autostrada. I militanti si sono diretti a San Lorenzo, per sciogliere infine la manifestazione in piazzale Tiburtino, da dove era partito il corteo poco prima delle 16. “Siamo più di cinquemila” aveva annunciato all’inizio della manifestazione il leader di Action e consigliere comunale di Roma, Andrea Alzetta.

Passando per i quartieri San Lorenzo e Pigneto, il corteo avrebbe dovuto concludersi in largo Preneste. Ai manifestanti si era unito anche il segretario nazionale di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero. “Penso che il governo Monti sia arrogante e paternalistico – aveva spiegato -, poiché non vuole discutere con la Val di Susa ma continua a trattarla come una questione di ordine pubblico. Per questo rilancio la richiesta di sospendere i lavori”.

Tra cartelli e bandiere con il simbolo del treno sbarrato, slogan contro il governo, gente in bici con le mascherine e le percussioni della banda, l’atmosfera è stata inizialmente tranquilla, qualche attrito tra attivisti e media. I manifestanti non volevano essere ripresi e hanno tentato di bloccare operatori e fotografi. Spaccata la telecamera a una troupe di Rainews24. Alla cronista di La7 Chiara Romano è stato versato in testa un barattolo di colla “solo per aver osato rivolgere una domanda agli organizzatori”.

Alcuni manifestanti, anche a volto coperto, hanno realizzato graffiti sui muri che costeggiano il percorso. In particolare si segnala l’uso della sigla Acab, All cops are bastard, modificata in Acap, All cops are pecorella, che richiama l’insulto rivolto a un carabiniere dall’attivista Marco Bruno in Val di Susa.

Prima di invadere la tangenziale, la folla aveva occupato pacificamente una palazzina in largo Preneste. Il messaggio era rivolto al capo dello Stato Giorgio Napolitano per ricordare “i 150 anni di unità divisa da Trenitalia”.

Confermati i timori di Gianni Alemanno sulla possibilità che i manifestanti forzassero il percorso stabilito con la Questura. Il sindaco di Roma è tornato a chiedere al governo una regolamentazione dei cortei. “Questa è la cultura per cui per manifestare il proprio punto di vista bisogna creare disagio ad altri cittadini, pensando di non avere altri strumenti a disposizione” ha ribadito il sindaco della Capitale, che ha invitato “il governo e le autorità preposte” a fare “qualcosa per difendere Roma e la sua cittadinanza dall’eccesso di manifestazioni spesso anche violente”, soprattutto dopo “la sentenza del Tar che ha annullato la mia ordinanza”.

Ma se Repubblica sponsorizza l’idea di limitare il diritto di manifestazione – si sa che, quando si comincia a “regolamentare” non si prevede un limite alle limitazioni – dal ministero dell’interno fanno certamente peggio. Il quotidiano scalfariano, ex bastian contrario del “regime democristiano”, ci aggiunge del suo fin dal titolo. Nel corso dell’articolo, nemmeno l’ombra di un dubbio su quel che dal Viminale viene lasciato “filtrare”. Fare il copia-e-oncolla delle veline di questura sembra dunque l’approdo naturale del giornalismo “d’inchiesta” dalla sponda (molto presuntamente) “democratica”. Nessun dubbio giuridico viene infatti sollevato sulle “misure legislative” che vengono descritte. Prendiamo ad esempio la “lettura estensiva dell'”associazione a delinquere”. Che è stata pensata contro la malavita organizzata, dove i diversi reati vengono commessi per affermare lo scopo (il profitto realizzato in modo illegale). “Estenderlo” ai movimenti di protesta, va da sé, è un classico escamotage “tecnico” che contiene in sé – come ogni forma di repressione puramente “tecnica” – il Dna del fascismo.

Grandiosa, nella sua miseria, la definizione data alle ragioni per cui i valligiani si oppongono alla Tav: “motivi atavici”. Quasi fossero dei trogloditi incapaci di afferrare “la modernità”…

E il Viminale studia le contromosse. Associazione a delinquere per i ribelli

Nei dossier del ministero la paura per gli anarcoinsurrezionalisti Il governo teme un patto tra centri sociali e autonomi per limitare la parte pacifista

di LIANA MILELLA

Quando sono le otto di sera il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri e il capo della polizia Antonio Manganelli possono tirare il fiato. Proteste in tutt’Italia sì, ma contenute sia nei numeri che nelle forme. Lo spauracchio di chi ipotizzava, dopo le parole di Monti a palazzo Chigi, una risposta volutamente violenta si è dissolto. Un sabato che però non fa calare di un grado il livello di allarme ai massimi livelli che c’è sulla Tav e sul rischio di “reazioni violente a sorpresa”.

Una preoccupazione che resta in capo all’agenda di Monti e Cancellieri. Dalle manifestazioni esce confermata la documentata fotografia scattata in questi mesi dalla task force anti-terrorismo del Viminale e raccolta nei numerosi dossier sul movimento No-Tav, via via aggiornati, che in queste ore fanno bella mostra sulla scrivania dell’ex prefetto oggi al vertice dell’Interno che è una divoratrice di “carte”.

Fogli in cui si spiega come gli avvenimenti in Val di Susa siano “uno snodo fondamentale” per il futuro dei nemici giurati dell’alta velocità e come le mosse dello Stato vadano calibrate “con grande attenzione per evitare che la componente più aggressiva del movimento possa prendere il definitivo sopravvento”.

Rapporti in cui si ipotizzano nuove misure legislative: una lettura estensiva dell’associazione a delinquere, per poterla applicare anche agli anarchici, l’arresto differito, il reato di blocco stradale ferroviario.

VINCONO I DURI In quei fogli è documentato un fatto. Il seguente: “Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 la componente più aggressiva della galassia No-Tav ha preso il sopravvento, ma il pericolo è che essa, con i suoi exploit, possa far perdere più ampi consensi alla causa”. Nasce da qui la strategia di contrasto dello Stato decisa venerdì a palazzo Chigi e illustrata dal premier Monti. Consiste in un mix tra dissuasione e repressione che non assecondi la definitiva vittoria delle frange più barricadiere del movimento.

LE ANIME È molto composita, ma numericamente contenuta, la galassia No-Tav. Dopo gli scontri del 27 giugno e del 3 luglio 2001 nel cantiere di Chiomonte la polizia ha lavorato per mesi. Ci sono stati i 26 arresti di Torino e ci sono i dossier destinati alla politica. Raccontano di un anima “politica e non violenta” del movimento in cui si ritrovano partiti come Rifondazione, Sel (Vendola), Idv e Verdi, la Fiom, il sindacalismo di base, Grillo e il popolo viola. Poi ecco l’anima locale e valligiana, quella dei sindaci e degli amministratori, che per motivi atavici rifiutano l’impatto, considerato violento, della Tav. Poi c’è la terza anima, quanto mai composita, in cui c’è una dinamica forte sulle modalità di lotta. È l’area che nei dossier viene definita “obiettivamente la più pericolosa”. Si divide tra gli autonomi e gli anarcoinsurrezionalisti che “hanno stipulato un’alleanza tattica con momenti di fortissima contrapposizione interna”. Da una parte Askatasuna, il famoso centro sociale torinese, cui fanno capo analoghi gruppi, dalla Panetteria di Milano ad Acrobax di Roma, da Gramigna di Padova a Crash di Bologna. Dall’altra gli anarchici torinesi che, in una scala di pericolosità, si collocano al livello più alto.

I NUMERI È la terza anima, autonomi ed anarchici, quella che “ha conquistato la leadership della protesta con una grande capacità di attrazione e con solidi contatti anche all’estero”. Collegamenti stabili con gruppi analoghi in Francia, in Germania, in Spagna e tra i baschi. Ma i numeri restano bassi. A Torino la polizia stima che la cosiddetta “capacità di mobilitazione” oscilli tra le 300 e le 500 persone, con notevoli variazioni tra manifestazioni tenute nei giorni feriali oppure nei fine settimana. A livello nazionale la sfera di influenza del movimento va da 1.500 a 2mila persone.

LA DIALETTICA Tutto si gioca adesso, con la riapertura del cantiere. Ora si vedrà il comportamento di chi, per ostacolare gli espropri, ha comprato anche uno o due metri di terra. Ma il futuro dipende anche dall’abilità dello Stato nel “dialogare” con il movimento. “Dividere i buoni dai cattivi” hanno detto a palazzo Chigi. In proposito, viene letto come “un segnale positivo” quello del caso Abbà, il No-Tav precipitato dal traliccio dell’alta tensione, dove la polizia ribadisce di “non avere alcuna responsabilità”, ma che avrebbe potuto essere utilizzato dal movimento come una sorta di vessillo, mentre non così non è stato.

LE NORME L’eventualità di nuove norme penali è all’ultimo posto nei dossier. Per il rischio che ciò accentui una lettura solo in chiave di ordine pubblico della Tav. Però le richieste delle forze di polizia sono ben precise. Innanzitutto un’interpretazione più ampia del 416, l’associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, applicabile anche agli anarchici che pure rifiutano l’etichetta di gruppo associativo. Poi l’arresto differito per chi commette reati in piazza. Infine un ritorno al reato di blocco stradale e ferroviario. Un capitolo sul quale, almeno per adesso, s’è deciso di soprassedere.

Più sobrio il Corriere della sera, che pure aveva mandato un pickup travestito da “forze dell’ordine” in Val Susa.

No Tav, bloccata A24 e chiusa tangenziale

Tensione con i giornalisti: dirette bloccate e colla in testa. Un migliaio i partecipanti, traffico in tilt nella Capitale

ROMA – Imprevedibili. Al corteo di Roma contro la Tav è andato in scena un fuori programma. Quando la manifestazione stava arrivando al termine, come concordato con la Questura, migliaia di persone hanno invertito la rotta. E invaso la tangenziale di Roma,occupando uno svincolo che porta alla A24, l’autostrada Roma- L’Aquila. Dopo circa un’ora i manifestanti si sono diretti verso San Lorenzo. Nel tragitto alcuni petardi sono stati lanciati in un deposito Atac. Il percorso era stato concordato con la Questura che era stata chiara: «Non tollereremo intemperanze e deviazioni». Ma già nei primi minuti del corteo si era verificata un’aggressione ad una reporter: manifestanti le hanno tirato sul viso della colla. E in mattinata .

PETARDI E FUMOGENI – I botti hanno raggiunto il deposito Atac di via Prenestina sottostante la tangenziale senza provocare danni. I manifestanti che hanno violato le disposizioni sul percorso sarebbero stati filmati e rischiano di essere identificati dalle forze dell’ordine e rischiano di essere denunciati. In seguito all’occupazione della Tangenziale, il corteo ha bloccato lo svincolo per la A24 all’altezza del Verano, accendendo fumogeni e facendo esplodere petardi. Intorno alle 19.30 il serpentone si è di nuovo avviato verso largo Preneste e San Lorenzo per la fine del corteo.

TENSIONE CON I GIORNALISTI – Anche al corteo di Roma si sono verificati incidenti con giornalisti e operatori televisivi. Aggredita una troupe di Rainews. La telecamera è stata spaccata. Chiara Romano, cronista di La7 per il programma «In onda» di Luca Telese e Nicola Porro, è stata al centro di un episodio ostile. «Mi hanno tirato acqua e colla in testa – ha spiegato – solo per aver osato fare il mio mestiere, e cioè rivolgere una domanda». Romanao aveva chiesto che cosa fosse il manifesto che alcuni militanti stavano attaccando. Qualche spintone poi la cosa si è ricomposta. Sono comunque i media i bersagli delle frange più estreme che proprio attraverso il web hanno avvertito chi va in piazza: «Niente telecamere».

«LIBERATE ARRESTATI IN VAL DI SUSA» – Alla manifestazione hanno partecipato diverse realtà: dai movimenti per i beni comuni ai precari e ai lavoratori autoconvocati. E ancora: dalle reti degli studenti medi ai collettivi universitari. Gli attivisti No Tav hanno chiesto: «Libertà per gli arrestati in Val Susa».

Il Sole 24 Ore, invece, sente odore di muro contro muro che porta consensi al movimento. Alcuni sondaggi, condotti persino da alcuni reazionari berlusconiani di Mediaset, hanno dato risultati giudicati “preoccupanti”. Ovvero ottimi, dal nostro punto di vista. E quindi Confindustria preferisce giocare la carta della “divisione tra i valligiani”, prendendo ad esempio, e incoronandoli come “veri rappresentanti”, alcuni sindaci che vengono però “prudentemente” lasciati anonimi. Se è informazione, questa…

No Tav, dopo i blocchi alla circolazione molti sindaci della Val di Susa bocciano la violenza

Dalla Val di Susa a Roma, Milano, Perugia, Catania e ad altre città. La protesta contro la linea ferroviaria ad Alta Velocità Lione-Torino è dilagata in mezza Italia, in un sabato di cortei e manifestazioni.

Innanzitutto in Val di Susa, epicentro della contestazione, dove i manifestanti hanno divelto i new jersey che avevano chiuso l’accesso all’autostrada A32 dalle rampe di Chianocco, e poi si sono mossi verso la statale 24.

L’autostrada in direzione sud, invece, è stata riaperta intorno alle 21. L’arteria era stata chiusa circa due ore prima – all’altezza di Avigliana -per la presenza di manifestanti No Tav.

Intanto, in Val di Susa esce allo scoperto il fronte dei sindaci «no-violenza»: quelli, cioè, che non vogliono la Tav, ma non sono disposti ad accettare la violenza. «Non possiamo più accettare in silenzio, stanno distruggendo l’economia e il turismo della Valle», dicono. E ci sono anche i sindaci favorevoli alla Tav, come Renzo Pinard, primo cittadino di Chiomonte.

A Roma invece i manifestanti hanno bloccato la tangenziale e l’ingresso dell’autostrada per L’Aquila. A Perugia si sono seduti sui binari della stazione, interrompendo il transito dei treni per mezz’ora. E poi hanno manifestato nelle strade: da un presidio a Catania al corteo che si è chiuso in piazza Duomo a Milano.

In risposta al premier Mario Monti, che ieri ha confermato «con piena convinzione» l’impegno del Governo «per realizzare tempestivamente» l’opera, i No Tav hanno protestato non solo in Val Susa, ma in mezza Italia. E anche all’estero, sostengono i comitati.

Laddove la protesta è stata più vivace, come a Roma, la forma ha sostanzialmente ricalcato quella delle manifestazioni dei giorni scorsi – e di sabato – in Val Susa, dove è stata di nuovo bloccata la A32.

La contestazione nella capitale
A Roma, sulla scia dello slogan «Fermeremo questo treno» alcune migliaia di persone hanno occupato prima la Tangenziale e poi l’ingresso dell’autostrada Roma-L’Aquila, bloccando il traffico sia in direzione dell’autostrada sia del Grande raccordo anulare. Durante il corteo sono stati esplosi petardi e fumogeni ( La cronaca minuto per minuto della protesta di Roma ).

Poco prima della partenza, è stata aggredita una troupe di Rainews: è stata spaccata una telecamera e l’operatore è rimasto ferito ad un dito. Alla troupe è arrivata la solidarietà del direttore generale e del presidente della Rai, Lorenza Lei e Paolo Garimberti.

Una cinquantina di attivisti ha fatto anche un’incursione simbolica nella sede di Repubblica, per «parlare con Repubblica.it e fare sentire la loro voce attraverso la rete», ha raccontato il vicedirettore Dario Cresto-Dina, che è sceso per incontrarli: «È stato un blitz molto pacifico», ha spiegato.

Le manfestazioni in varie città

In mattinata, i comitati avevano annunciato «una nuova giornata di mobilitazione», con iniziative ad Alessandria, Avellino, Catania, Imperia, Mantova, Pisa, Pesaro, Sestri Levante (Genova) e Trieste. E anche all’estero: Londra (sotto il consolato italiano), Parigi, Dublino, Ginevra (davanti alla sede Onu), Budapest (con un presidio musicale vicino all’ambasciata) e San Sebastian, nei Paesi Baschi. C’è stato pure un fronte virtuale: hacker che si firmano ‘Anonymous’ hanno sostenuto di aver attaccato i siti di alcune istituzioni piemontesi.

A Milano, alcune centinaia di persone hanno sfilato per le vie della città, fino al Duomo. La protesta contro la Tav si è fusa con un’iniziativa per la libertà dei popoli. Il corteo era aperto da delegazioni dei Paesi Baschi, della Colombia e del Kurdistan, e da lo striscione: Libertà per i No Tav! La valle non si arresta! Tanti popoli, un’unica lotta.
Protesta vivace ma pacifica a Perugia. Una cinquantina di attivisti ha bloccato per mezz’ora la stazione ferroviaria. La circolazione è stata interrotta per precauzione.

In piazza Duomo, a Trento, è iniziato un presidio permanente in solidarietà ai No Tav. A organizzarlo sono stati i No Bbt, gli attivisti contrari al tunnel di base del Brennero, anch’esso parte di una grande opera ferroviaria.

Oltre a quelle organizzate, ci sono state le iniziative isolate. Come quella di don Vitaliano Della Sala, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Mercogliano (Avellino), che ha esposto la bandiera No-Tav nella chiesa. «Un territorio appartiene soprattutto a chi lo abita – ha spiegato ai fedeli – e nemmeno i rappresentanti dello Stato possono arrogarsi il diritto di decidere da soli».

Anche a Grosseto, in occasione dell’incidente probatorio per l’inchiesta sul naufragio della nave Concordia, si sono presentate tre persone con al collo un cartello «No Tav

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