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Tav e Romea. Dal Picconatore al Trivellatore…

Una volta c’era il Picconatore: così si definì uno dei peggiori Presidenti della Repubblica che il paese abbia mai avuto, quel Francesco Cossiga che approfittò del suo mandato per appunto ‘picconare’ la Costituzione e la democrazia. Contro di lui le sinistre, radicali e non, fecero le barricate, provando anche a cacciarlo con una procedura di ‘impeachment’. Non fu sicuramente un presidente tra i più amati.

Altro destino per Giorgio Napolitano, che in molti già definiscono ‘Re Giorgio’. Altra storia politica, altra cultura, altro appeal sull’opinione pubblica anche progressista. Che sia il vero e decisivo puntello politico di un governo tecnico sempre più politicamente di destra ormai è senso comune, e di questo in molti lo ringraziano. Protagonista della scena nonostante i suoi scarsi poteri, Napolitano si sta spendendo per sostenere una modernizzazione autoritaria del paese e per sostenere leggi e provvedimenti indigeribili. Ieri è voluto andare a Torino a sostenere che il dialogo è auspicabile, ma la violenza no. Che tradotto suona così: mentre gli operai vi devastano la valle e vi traforano la montagna, spargendo uranio e amianto ovunque e prosciugando le vostre falde acquifere, continuate pure a spiegarci perché siete in disaccordo, a patto però di non intralciare i lavori. Una concezione del dialogo a senso unico, unidirezionale. E una ancora più strana idea di democrazia: non partecipazione, non dibattito aspro e documentato, ma decisione irreversibile da una parte e pura testimonianza senza effetti dall’altra. A tal punto che un manipolo di attempati e tranquilli no Tav – non certo i fantomatici ‘black bloc’ – che ieri si erano civilmente presentati all’ingresso del convegno del CSM a Torino per ‘incontrare’ il Presidente si sono visti allontanare e impedire l’avvicinamento in una piazza blindata da transenne e cordoni di Polizia. Niente dialogo, Re Giorgio non riceve. Per evitare i contestatori rinuncia a quel bagno di folla che pure ha caratterizzato buona parte della sua carriera presidenziale finora (tanto c’è il meno rischioso bagno di folla mediatico a reti e quotidiani unificati). Ma l’atmosfera ieri a Torino era così surreale che se ne è accorta pure l’agenzia Ansa:

“Un dispiegamento di forze dell’ordine impressionante. Piazza Castello, in pieno centro a Torino, è deserta: tutti i suoi accessi sono chiusi dalle camionette della polizia e dalle transenne. Soltanto ad una scolaresca viene concesso di oltrepassarle: sono un centinaio di bambini che sotto poche gocce di pioggia cantano ordinatamente l’inno di Mameli per accogliere Giorgio Napolitano. (…) Napolitano partecipa ad un convegno organizzato dal Csm sul ruolo della Magistratura proprio nel processo di unificazione della nazione. Ma tutta l’attenzione (e la preoccupazione delle forze dell’ordine) è per le possibili proteste del popolo no-Tav. Una preoccupazione eccessiva. Nessun incidente, nessuna manifestazione. L’unica nota è l’arresto del folkloristico militante Turi Vaccaro fermato mentre, solitario, si arrampicava su un cancello nei pressi della piazza. Arresto che gli vale però la notifica del foglio di via e del divieto di ritorno in sette comuni della Val di Susa. Le parole del presidente della Repubblica, pronunciate da Roma alla vigilia del viaggio, facevano temere una reazione da parte degli ‘irriducibili’ valligiani. Napolitano ha annunciato che non intendeva né poteva incontrare gli «amministratori» no-Tav che gli avevano chiesto un confronto. E così è stato: fermo nella sua posizione «in coerenza con la natura del mandato e del ruolo» che non concede ad un presidente della Repubblica di entrare «nel merito di contrasti politici». Ad incontrare i sindaci ci pensa il governatore piemontese Roberto Cota, ma sono quelli a favore del progetto. Napolitano sceglie di non intervenire, di non tornare su una questione che «non compete» a lui”.

Anche perché sulla questione il governo ha già deciso. Punto e basta.

Continua l’interessante e irriverente lancio dell’Ansa: “Opta per il silenzio anche per non dare futili pretesti a contestazioni immotivate. Il presidente, impressionato dalle immagini degli scontri del luglio scorso e delle ultime settimane, pur riconoscendo il « sacrosanto diritto al dissenso» ritiene intollerabile «il ricorso a violazioni di legge, violenze e intimidazioni» come quelle «che si sono purtroppo verificate» in Val di Susa”.

Oltre alla linea Torino Lione, il Presidente Trivellatore starebbe adoperandosi per sdoganare anche un’altra inutile e costosissima, oltre che devastante grande opera. La cosiddetta Nuova Romea: 400 km di sottopassi, sovrappassi, ponti e svincoli per un valore di quasi 10 miliardi di euro. Quasi tutti a scapito dell’erario pubblico, naturalmente.

A parlarne oggi è il Fatto Quotidiano. Buona lettura!

 

Non solo Val Susa: il Presidente vuole anche la Romea

Autore: Ferruccio Sansa  – Il Fatto Quotidiano, 7 marzo 2012

In molti ricordano come una doccia fredda le parole che Napolitano pronunciò durante una visita a Venezia nel 2007: “Pare anche a me incontestabile l’importanza – in una visione unitaria responsabile delle priorità da osservare e delle scelte da compiere sul piano nazionale, in materia di grandi opere e di trasporti – del corridoio autostradale Civitavecchia-Venezia come naturale integrazione del corridoio europeo numero 5 da Lisbona a Kiev. Il progetto, anche come project financing, che è stato apprestato, merita una tempestiva valutazione di impatto ambientale, cui consegua senza indugio un avvio dei lavori”. 

Insomma, anche la Mestre-Civitavecchia ottenne l’appoggio del Capo dello Stato addirittura con un invito alla valutazione di impatto ambientale e l’indicazione che doveva conseguirne l’avvio dei lavori. Mattia Donadel dei Cat, Comitati Ambiente e Territorio del Veneto, non nasconde la sua perplessità: “A Torino il presidente della Repubblica ha fatto un richiamo al rispetto della legge. Ci chiediamo se ci sia altrettanta attenzione alle regole da parte di chi realizza i grandi progetti”.
La Mestre-Civitavecchia sembrava destinata a restare nei cassetti, complice la crisi economica. Ma ecco che, con l’arrivo del governo Monti, ritorna sulla cresta dell’onda. Nelle prossime settimane il Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) dovrebbe approvare il progetto preliminare. Donadel spiega: “L’autostrada ha già superato l’esame della Via, la Valutazione di Impatto Ambientale. Ma il comitato ha chiesto che diversi punti siano riesaminati. Secondo noi, questo vuol dire che l’opera, con le necessarie modifiche, dovrebbe ripassare l’esame della Via. Invece, approderà lo stesso al Cipe. Questo significa rispettare le regole come chiede Napolitano?”, si domandano i Cat.
La Mestre-Civitavecchia toccherebbe mezza Italia: si parte dal Veneto, sfiorando Laguna di Venezia e Riviera del Brenta. Poi giù a due passi dal Delta del Po, attraversando l’Emilia Romagna, toccando Marche e Toscana, in alcune tra le zone più belle del Paese. Siamo a una manciata di chilometri dalla Valmarecchia cantata dal poeta Tonino Guerra. Quindi l’Umbria. Qui, secondo uno studio del Wwf, 37 siti archeologici sarebbero a meno di mezzo chilometro dall’autostrada. Tanto che il Wwf sostiene: “Il progetto, almeno nel tratto umbro, non pare conforme alla legge Galasso”. Ma i comitati indicano un altro elemento che lega la Tav con la Mestre-Civitavecchia: l’appoggio bipartisan dei partiti. Il progetto, come ha scritto Il Sole 24 Ore, è firmato da Vito Bonsignore che guida una cordata di imprese. Bonsignore è un eurodeputato Pdl noto per la sua fortuna imprenditoriale. Il suo nome ricorreva nelle intercettazioni Antonveneta: una in particolare tra Massimo D’Alema e Giovanni Consorte (numero uno di Unipol, travolto dallo scandalo).

E il centrosinistra? Pierluigi Bersani ha guidato l’Associazione Nuova Romea che si batte per l’opera. Il 28 ottobre 2008, il segretario Pd ha presentato un’interrogazione alla Camera. Un atto che pare preso con il “taglia incolla” da un dossier della Fondazione Nord-Est di Confindustria (ammesso che non sia accaduto il contrario). Bersani spiega: “La vecchia Romea ha un tasso di mortalità di 97,22 morti ogni mille incidenti… In cinque anni si contano 5.950 feriti e 37 persone che hanno perso la vita. È la strada più pericolosa d’Italia”. I comitati replicano: “Vero, ma perché costruire un’autostrada invece di renderla più sicura? Con quei 10 miliardi si potrebbe risolvere il problema della sicurezza stradale in tutta Italia”.

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