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Stato di polizia. Il 41 bis applicato ai No Tav in carcere

Lo aveva denunciato l’attivista No Tav intervenuto ieri all’affollatissima assemblea di Napoli contro la repressione e in preparazione della manifestazione nazionale del 31 marzo a Milano. Oggi Mauro Ravarino su Il Manifesto raccoglie e diffonde la denuncia su questa incredibile e vergognosa vessazione a cui viene sottoposto Giorgio Rossetto, attivista No Tav arrestato nel blitz voluto dal giudice Caselli il 26 gennaio scorso e ancora detenuto nel carcere di Saluzzo.

Nel carcere di Saluzzo No Tav in cella da 41bis

Da due mesi Giorgio Rossetto è trattato come un boss mafioso e senza aria all’aperto. Motivo: il sovraffollamento


Giorgio Rossetto, uno dei No Tav arrestati il 26 gennaio scorso, da quasi due mesi detenuto nel carcere di Saluzzo, è recluso – denuncia il movimento – in uno speciale braccio di isolamento, come quello costruito per l’applicazione dell’articolo 41bis riservato ai mafiosi. È in attesa di giudizio ma l’ora d’aria «la trascorre in un cunicolo anziché all’esterno». Motivo è il sovraffollamento.
Ieri, una delegazione, composta dall’europarlamentare Gianni Vattimo (Italia dei Valori), dai consiglieri regionali Eleonora Artesio (Federazione della Sinistra) e Fabrizio Biolè (Movimento 5 Stelle) e dai volontari dell’associazione Antigone, ha visitato il carcere e ha chiesto al ministero della Giustizia un’ispezione. E che venga risolto il problema alla radice: ovvero ridurre da 430 a 200 il numero dei detenuti, visto che questi sono i posti disponibili. «Il sovraffollamento determina situazioni del tutto anormali – ha spiegato Artesio – come quella di Rossetto, ovvero di persone in attesa di giudizio che si trovano rinchiuse nel settore di massima sorveglianza, con limitazioni sulle ore di socialità. Inoltre, chi è in attesa di giudizio non può partecipare alle attività di laboratorio. E diversi detenuti hanno ribadito il problema di non poter ottenere in tempi ragionevoli delle visite mediche specialistiche».
«Insieme agli altri militanti – raccontano i compagni – Rossetto non ha piegato la testa e anche dietro le mura ha continuato a battersi per le condizioni dei detenuti». Con altri undici ha denunciato in un documento la pesante situazione: «Le gabbie degli animali – scrivono i dodici detenuti – hanno almeno le reti e le sbarre, mentre qui c’è solo un alto muro di cemento. Se in uno spazio simile ci fosse un animale con un peso superiore a 15 chilogrammi, si arrabbierebbe persino la Protezione animale. La direzione si giustifica dicendo che questa è una casa di reclusione (penale) e non una casa circondariale. Per salire nelle 6 sezioni del carcere bisogna essere ‘definitivi’. Lì ci sono laboratori, le attività in comune, la palestra, l’area per giocare a pallone».
Il movimento valsusino ha lanciato una campagna di denuncia: «Una battaglia di dignità e di resistenza». Ieri, in conferenza stampa, Alberto Perino ha sottolineato «come i governi abbiano recuperato i 168 milioni di euro destinati al tunnel geognostico di Chiomonte, tramite una delibera del Cipe, da fondi destinati e vincolati all’edilizia scolastica e, ironia della sorte, all’edilizia carceraria». In chiusura, Lele Rizzo, comitato di lotta popolare di Bussoleno, ha ricordato «come tutti i No Tav abbiano da subito lottato per denunciare la situazione carceraria loro e di tutti i detenuti».
Intanto, in piazza Castello continua il digiuno pubblico a staffetta «Ascoltateli!» (www.ascoltateli.org), con l’aiuto e l’assistenza del Centro Studi Sereno Regis: un’azione collettiva e nonviolenta per la riapertura del dialogo sulla vertenza Tav. Hanno aderito intellettuali, politici e cittadini.

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