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Promesse fumose e dolori certi

Tra promesse e dolori certi

Francesco Piccioni

Un documento previsionale e programmatico – per natura – presenta il rischio di prendere lucciole per lanterne, indicando obiettivi e risultati che in genere vengono facilmente smentiti dai fatti. Stavolta ci sono dei «tecnici» in cabina di regia e ci si aspetterebbe un bel po’ di rigore in più.
Il rigore c’è, ma solo sul versante degli strumenti usati per ridurre la spesa pubblica e soprattutto la sua componente sociale (come abbiamo verificato grazie alla «riforma delle pensioni»). Per il resto si immagina, si spera, si esorta. E non si investe un euro.
Il Def 2012 (Documento di economia e finanza, presentato ieri) ha lo sguardo allungato sulla fine decennio, per il quale promette molte cose; mentre sul presente e l’immediato futuro garantisce più sangue che lacrime. Un po’ come il paradiso dopo l’inferno sulla terra…
La premessa di Corrado Passera, ministro dello sviluppo economico e frontman della conferenza stampa, è fin troppo semplice: la crescita dovrà essere possibile attraverso misure «a costo zero», perché in cassa lo Stato non ha soldi da investire (i 22 miliardi per le infrastrutture costituiscono un sblocco di risorse già stanziate). E quindi «non esistono né singole misure, né singole idee, né singole ‘ideone’ che possano risolvere il problema della crescita. Bisogna lavorare con determinazione e pazienza, ma anche con umiltà, su tutti i motori che fanno la crescita. L’Agenda per la ripresa economica e la crescita è fatta di decine di programmi».
Il senso è chiaro: le «riforme» fatte (pensioni e liberalizzazioni), in cantiere (mercato del lavoro) o in via di preparazione (quella fiscale, fondamentalmente) serviranno a far muovere l’agognata crescita. O almeno dovrebbero. Qui l’ottimismo propagandato in altre occasioni è stato molto ridimensionato: dall’insieme di queste «riforme epocali», infatti, il governo stima possa venire un contributo pari appena al 2,4% del Pil. Tenetevi forte: «nel 2020».
Nell’immediato, come si diceva, si proverà a non affogare. Il Pil per quest’anno dovrebbe diminuire dell’1.2%, con una revisione drastica delle cifre dichiarate in dicembre (-0,4). Ed è una stima molto più ottimistica di quelle Ocse (-2,2), Fmi (-1,9), Bankitalia (1,5), Commissione europea (-1,3). Un’inversione di tendenza è attesa soltanto per la fine del 2013, che si spera possa portare un «crescita» appena dello 0,5%. Questo, del resto, è l’orizzonte massimo cui può spingersi una previsione prima di entrare nel campo della speculazione metafisica. Basti dire che l’Fmi prevede invece ancora recessione per l’anno prossimo, sebbene un po’ meno grave (-0,3).
In questo scenario gelido, che sconta una riduzione dello 0,6% dei lavoratori attivi e un tasso di disoccupazione atteso al 9,3, Mario Monti sceglie comunque di andare a tappe forzate verso il «pareggio di bilancio». Già nel 2013, visto anche che «ormai ce l’abbiamo in Costituzione» da appena 24 ore. Per riuscirci, verrà aggredito il deficit con una riduzione del 3,2%, in modo da arrivare all’1,7 per il 2012 e toccare il «quasi» pareggio nell’anno successivo. L’obiettivo è ambizioso perché dipende – al denominatore – dall’andamento del Pil: se le previsioni si riveleranno troppo ottimistiche (insomma, se avrà avuto ragione l’Fmi) salterà.
L’assurdo arriva però con la stima del debito pubblico, che continuerà a salire anche nel 2012, toccando il record del 123,4% rispetto al Pil. Come mai? Sono gli «impegni europei», che costringono l’Italia a versare 29,5 miliardi come quota di «aiuti» alla Grecia nel fondo Efsf; ad aumentare la quota per costituzione dell’organismo permanente Esm (5,6 miliardi). Ecc.
Le speranze per il futuro si concentrano dunque su un’ulteriore riduzione dello spread e quindi della spesa per interessi sul debito; che per il momento però sale (dal 5,3 al 5,8 del Pil). Ma soprattutto viene richiesta una pressione fiscale in aumento: l’anno scorso era arrivata al 42,5% del Pil, ma nel 2012 salirà al 45,1 e continuerà così almeno fino al 2014 (45,3). Sempre che il Pil tenga, naturalmente…
L’altra voce «virtuosa» è come sempre la «riduzione della spesa pubblica», che si affida ora alla «spending review», ovvero all’analisi puntuale delle singole voci, abbandonando il criterio tremontiano dei «tagli lineari»; e alla «gestione efficiente del patrimonio pubblico» (un’altra ondata di privatizzazioni). Nonostante questo – per effetto di impegni europei e del servizio sul debito – crescerà ancora un po’. Non certo per colpa dei poveri dipendenti pubblici, visto che la «spesa per il personale scenderà al di sotto del 10% del Pil», mentre «in termini reali, sta già diminuendo dal 2011 ben oltre gli obiettivi fissati dal Six Pack».
Ma non basta, e il limite non si vede. Andando avanti così, tra promesse e salassi, come diceva ieri Giuseppe Roma, direttore del Censis, «l’asino con troppi pesi sulla schiena finirà per schiantarsi».
 
da “il manifesto”
 
Il documento del governo:, la prima parte
 
Ma anche Il Sole 24 Ore mostra diverse perplessità sullo schema, anche se naturalmente questo non basta a mettere in discusione l’appoggio totale al governo.
 

Per la crescita un’agenda in dieci mosse
Carmine Fotina
ROMA – Cifre, provvedimenti da approvare, settori prioritari sui quali investire. Il documento del ministro Corrado Passera sull’«Agenda per la crescita sostenibile» è la traduzione operativa dei principi fissati dal Programma nazionale di riforma, con l’inevitabile corollario sulla difficoltà di reperire risorse e la necessità di procedere gradualmente con le riforme senza misure “shock”.

Sono dieci i provvedimenti – tra decreti legge, disegni di legge, decreti ministeriali – che il governo si prepara ad adottare tra maggio e presumibilmente la fine dell’anno: infrastrutture, merito nella Pa e nel settore privato, riforma degli incentivi, nascita dell’Agenzia per l’Agenda digitale, interventi per la stessa Agenda digitale (un testo a parte), definizione della pianta organica del nuovo Ice, certificazione dei debiti della Pa, recepimento della direttiva sui pagamenti futuri, sviluppo della filiera della green economy, spinta alle start up innovative.

«Da almeno 15 anni – è la premessa del documento presentato ai leader della maggioranza nel vertice di martedì sera – l’Italia cresce in modo insufficiente e più lentamente dei principali Paesi europei con i quali si confronta». Le previsioni sulla dinamica del Pil e il disagio occupazionale preoccupano ma «non ci sono scorciatoie di breve periodo in una situazione caratterizzata da una limitatissima disponibilità di risorse pubbliche». Si punta a mobilitare fondi, anche privati, «con taluni effetti anche di breve periodo ma il tutto senza mai mettere a rischio l’equilibrio dei conti pubblici». L’obiettivo, tra infrastrutture, pagamento scaduto della Pa, riordino incentivi è attivare 60 miliardi tra effetto diretto e indiretto degli investimenti che si possono rivitalizzare. In particolare alla voce «investimenti», tra piano casa, scuola, housing sociale, città, innovazione e ricerca, si pensa di mettere in circolo 5 miliardi. Ad ogni modo, «l’efficacia degli interventi nazionali sarà funzione anche della capacità dell’Unione europea di gestire la crisi del debito pubblico a livello continentale».

Pagamenti e infrastrutture
È il tema più caldo. Proprio oggi il vertice tra Passera, Abi e imprese dovrebbe portare a un primo accordo. Si parte da quanto disposto dal Dl di semplificazione fiscale che facilita la cessione dei crediti anche nella forma pro solvendo e dalla piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti che sarà varata con un apposito decreto ministeriale dell’Economia. Per le infrastrutture è allo studio un disegno di legge per introdurre in Italia un sistema simile al francese Débat publique per la discussione sulle grandi opere. La trasparenza online consentirà di seguire l’evoluzione delle singole delibere Cipe. Nascerà un Comitato di ministri con funzioni di coordinamento, monitoraggio e propulsione e arriverà un piano città per interventi di riqualificazione urbana. È inoltre allo studio, si legge nel documento, la «costituzione di un fondo immobiliare per la valorizzazione dei beni dei Comuni».

Incentivi ed energia
Il riordino degli incentivi (si veda la pagina accanto) ha come priorità il credito di imposta alla ricerca e nuovi strumenti per il rilancio delle aree industriali in crisi. Tra le opzioni, nuovi interventi per premiare fiscalmente fusioni e consolidamenti aziendali e costituzioni di reti di imprese. Continuerà il lavoro sulla semplificazione burocratica, spiega Passera, con iniziative tagliate sui singoli settori (costruzioni, commercio, artigianato, agricoltura).

Resta una questione irrisolta il caro-energia che penalizza le famiglie e crea per le imprese un gap rispetto ai concorrenti stranieri. Ieri, al termine del consiglio dei ministri, Passera ha ammesso: «Dobbiamo fare di tutto perché la bolletta inizi a scendere». Per il governo molto potrà fare la separazione della rete gas Snam da Eni, quando sarà operativa, mentre sulle accise della benzina, ha proseguito il ministro, «appena si parlerà di sgravi fiscali con la lotta all’evasione è possibile che se ne discuta e si possa valutare se tornare parzialmente indietro». In preparazione inoltre un Ddl per lo sviluppo della filiera della green economy e la nuova strategia energetica nazionale (entro l’estate).

Internazionalizzazione
Il cda del nuovo Istituto per il commercio estero è stato appena nominato. Per dare finalmente il via libera alle nuove politiche per l’internazionalizzazione, però, occorre il Dpcm che ripartisce i dipendenti del vecchio istituto tra la nuova Agenzia e il ministero dello Sviluppo: arriverà entro giugno. L’Ice, più snello, lavorerà anche per attrarre capitali stranieri: «L’obiettivo è di far guadagnare alcune decine di posizioni all’Italia nelle classifiche per gli investimenti esteri e di raddoppiare il flusso di Ide nei prossimi tre anni come percentuale del Pil (da 1% a 2%)».

Agenda digitale e start up
L’Italia è stata sollecitata dal commissario Ue Neelie Kroes a cambiare passo per rispettare gli obiettivi dell’Agenda digitale. Passera ha in mente due interventi: uno per creare un’Agenzia ad hoc, l’altro (“DigItalia”) per mettere in pratica il lavoro dei sei gruppi di lavoro interministeriali. Entro luglio, invece, il decreto o Ddl per accelerare la nascita e lo sviluppo di start up innovative.

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