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Protagonisti o solo testimoni del conflitto sociale?

Il 5 maggio a Bologna un Forum promosso dalla Rete dei Comunisti per analizzare e discutere la “funzione di massa” di una soggettività comunista nella crisi e nei conflitti sociali.

Sabato 5 maggio a Bologna la Rete dei Comunisti terrà il suo secondo forum dedicato alla questione del partito e dell’organizzazione dei comunisti nel nostro paese. In apparenza un tema di confronto “alieno” dall’agenda politica, nella sostanza è una messa di piedi nel piatto sul convitato di pietra nell’orizzonte della sinistra di classe. “Nella rapida evoluzione degli eventi economici, sociali, politici non possiamo rimuovere una questione che rimane strategicamente centrale ovvero quella della costruzione, ruolo e funzione della organizzazione dei comunisti nel nostro paese ed in Europa” afferma il documento di convocazione di questo forum. “Una discussione non certo separata dall’aggancio con la realtà del conflitto sociale, infatti se bisogna chiamarsi fuori dal conflitto di classe in atto diventa difficile dimenticarsi che il nodo della soggettività rimane strategico dentro questo conflitto e con esso anche la questione del Partito/organizzazione dei comunisti”.

E’ una discussione che deve tenere conto e misurarsi anche con la frammentazione interna ai partiti comunisti e della sinistra nel nostro paese (ne esistono ormai almeno cinque o sei), una frammentazione non solo politica ma anche causata da diverse condizioni materiali ed addirittura locali, segni non solo e non tanto di una linea sbagliata ma di qualcosa di più profondo legato alle caratteristiche stesse dei partiti di massa ormai strutturati più come arene competitive piuttosto che come progetti generali in grado di produrre egemonia. Questa incapacità si è poi manifestata apertamente nel XXI Secolo, dove dopo aver sperperato il “capitale” politico ereditato dal PCI e dalla sinistra nata negli anni ’70, ha portato ai tracolli del 2008 ed ai trasformismi dovuti ai “si salvi chi può” elettoralistici. Una implosione che si è data proprio mentre si rendevano sempre più evidenti i sintomi di una crisi sociale delle classi subalterne di riferimento della sinistra. Paradossalmente mentre la disarticolazione produttiva aumentava ed era in atto una pesantissima e decisiva offensiva culturale dell’avversario di classe, i partiti (PdCI, Prc, Pcl, PcSp etc.) si attardavano a discutere di alleanze elettorali, di programmi governativi e su questo definivano i loro reciproci e polemici rapporti di forza. Se gli eventi attuali confermano drammaticamente tali considerazioni e previsioni non è più sufficiente la verifica empirica di un fallimento per convalidare ipotesi di organizzazione diversa, è invece necessario continuare l’approfondimento teorico ed analitico per dare a questa ipotesi quello spessore necessario a dimostrare una sua validità. Nelle elaborazioni precedenti della Rete dei Comunisti (vedi il Forum dell’ottobre 2010) si è cercato di approfondire le questioni relative al rapporto tra le trasformazioni complessive e della classe con le caratteristiche dell’organizzazione politica; in questo senso sono state evidenziate questioni quali quelle della disgregazione della produzione, la complessità sociale dei centri imperialisti ed in particolare della Unione Europea, la relazione in questo contesto tra spontaneità ed organizzazione cercando anche di rapportare tutto questo ai riferimenti teorici del movimento comunista ed in particolare di quel testo fondamentale, se lo si sa contestualizzare storicamente, che è il “Che Fare” di Lenin.

Occorre ribadire che l’organizzazione dei comunisti è un mezzo e non un fine, concezione che invece è stata ribaltata nella politica nostrana degli ultimi decenni, ciò significa capire che tale mezzo si trasforma assieme alla realtà complessiva in cui si agisce. Questo è un principio non eludibile in quanto se il “fine” rimane quello della trasformazione, ovvero della rivoluzione dei rapporti sociali, si è continuamente chiamati a verificare l’effettiva funzione dello strumento ovvero del Partito od organizzazione politica dei comunisti.

In questa direzione occorre perciò individuare quali sono i punti dove una organizzazione comunista di quadri deve comunque avere nel nostro paese quella funzione di massa, politica ed organizzativa, necessaria a ricostruire la relazione con ampi settori sociali seppure con modalità diverse da quelle precedenti. Al primo punto c’è la questione che si sta imponendo ed evidenziando sempre più cioè la questione della “Rappresentanza Politica”, prima ancora che elettorale, dei settori di classe e, più in generale, delle classi subalterne. E’ evidente che la crisi dei partiti comunisti in Italia ma anche della sinistra in genere lascia un vuoto politico enorme che produce nella migliore delle ipotesi comunque estraneità alla politica e nella peggiore crea le condizioni per la nascita di un effettivo e pericoloso, ben più di Berlusconi, movimento di massa reazionario. Ma se il “nodo gordiano” della rappresentanza politica è certamente strategico, ci sono anche altri terreni importanti su cui ragionare e lavorare concretamente. Uno di questi è ad esempio la condizione giovanile nel nostro paese e le sue prospettive reali. Questo è stato sempre un ambito di intervento per i comunisti a partire dal bisogno di idealità e di prospettiva che i giovani hanno naturalmente rispetto al tempo in cui vivono. Non è affatto casuale che il governo Monti insista molto – e strumentalmente – sui giovani in contrapposizione contro le “rigidità”  del welfare state e del movimento dei lavoratori. Sulle nuove generazioni si gioca la riuscita o meno della sua egemonia sulla società. Se per i giovani delle generazioni precedenti l’emancipazione era un obiettivo da porsi e per cui lottare, oggi tale possibilità di emancipazione scompare alla vista delle nuove generazioni attuali, le quali vengono lasciate in balìa di una visione del mondo e di prospettive che nella situazione attuale non possono che peggiorare. In sintesi si va formando una “pentola a pressione” dove si amplifica la tensione sociale e che può trovare risposte solo in una prospettiva generale di cambiamento, non condizionata dalla materialità del pragmatismo e del vertenzialismo ormai senza più interlocutori nelle classi dominanti.

Il forum si terrà dalle ore 10.00 nei locali dell’Hotel De La Gare Bologna, Sala “Garisenda”, P.zza XX Settembre 2, Stazione Centrale) con le relazioni di Mauro Casadio, Giorgio Gattei, Francesco Piccioni, Massimiliano Piccolo, Francesco Piobbichi, Luciano Vasapollo e poi con gli interventi e il dibattito.

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