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Pisa. La Siria dentro la “camera oscura” di Von Clausewitz

A Pisa ha avuto luogo mercoledì 13 al Polo Carmignani l’iniziativa “La crisi e le guerre: militarizzazione della società, keynesismo bellico, strategie del terrore. Verso l’aggressione alla Siria”. In precedenza in città c’era già stata una iniziativa nel quadro della campagna della Rete dei Comunisti su “Mediterraneo mare di guerra”, incentrata sul ruolo del nostro territorio come “portaerei della Nato”,

Durante la serata, che ha visto una buona e attiva partecipazione, è stato presentato l’ultimo numero di Contropiano rivista, “La camera oscura di Von Clausewitz”, che approfondisce i nuovi scenari di guerra imperialistica in Medioriente.

Il primo intervento, di Massimiliano Piccolo, ha chiarito il lavoro svolto attraverso la rivista, che vuole essere luogo di analisi e confronto per tutti coloro che sentono l’esigenza di aprire la “cassetta degli attrezzi” del pensiero di Marx e della tradizione marxiana in vista di un affinamento della comprensione della realtà e dell’elaborazione di strategie di lotta anticapitalista.  Alla crisi sistemica, il capitale risponde con strategie già rodate: stiamo assistendo a nuove forme di “strategia della tensione” e di terrorismo massmediatico, alla repressione sempre più feroce delle lotte e ad un attacco inaudito ai diritti del lavoro. Sono risposte radicali, cui non possiamo contrapporre soluzioni moderate di cogestione della crisi.

Ma il capitale e i gruppi politici che ne tutelano gli interessi rispondono alla crisi anche con un rilancio delle politiche di “keynesismo di guerra” e quindi con proiezioni imperialiste: un filo rosso lega le “guerre asimmetriche” dalla prima guerra del Golfo alla Libia, passando per la Jugoslavia. All’approfondimento dell’aggressione imperialista alla Siria è stato dedicato il secondo intervento, di Enzo Brandi. Dopo aver ricordato brevemente il quadro storico nel quale alcuni paesi mediorientali, tra cui la Siria e la Libia, entrarono a far parte del gruppo dei “non allineati”, avviando politiche di autodeterminazione anche mediante la nazionalizzazione dei settori strategici, l’intervento si è concentrato sulle modalità di destabilizzazione della Siria, portata avanti da una regia statunitense con la collaborazione europea. Il tentativo di creare un cuneo nel paese, facendo leva sulle divisioni religiose, si serve di bande armate ultra-fondamentaliste o mercenarie, in alcuni casi quaediste, manovrate dai migliori alleati degli USA nell’area: le petromonarchie del Golfo (Qatar e  Arabia Saudita). Al “lavoro sul campo” si affiancano i potentissimi apparati di distorsione della realtà e di manipolazione dell’opinione pubblica, che fanno capo ai grandi network occidentali e arabi (CNN, Al Jazeera) e ai presunti “osservatori per i diritti umani in Siria”.

La discussione ha posto alcuni temi importanti: l’urgenza di rimettere in moto una soggettività comunista in funzione anche di una battaglia culturale su questi temi, l’analisi delle cosiddette “primavere arabe” egiziane e tunisine, che hanno visto una fase iniziale con una “spinta dal basso” dettata dalle condizioni materiali di quella che può essere definita come un pezzo di classe operaia europea, per poi essere oculatamente gestite dalle potenze imperialiste. E tra i progetti portati avanti con l’apertura di nuovi scenari di guerra in Medioriente, sostiene Manlio Dinucci in questa intervista (http://vimeo.com/43963890#at=0) che abbiamo realizzato in preparazione dell’iniziativa del 13, vi è proprio quello di rovesciare le spinte progressiste delle rivolte nel Maghreb.

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