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Una spending review è per sempre

Dare un quadro preciso, in s
assenza di documenti ufficiali, è un esercizio improbo. Ma mettendo insieme i vari pezzi consegnati alla stampa dai protagonisti dell’incontro con il governo, ieri, qualcosa si comincia a capire. Ed è molto peggio di quanto – come al solito – era stato detto in un primo momento.
Non sottolineeremo mai abbastanza un fatto, ammesso ieri anche da Vittorio Grilli (viceministro dell’economia): questa spending review comincia oggi, ma non finirà mai. Quelli che sono soliti affrntare le tempeste mettendo la testa sotto la sabbia e aspettando che passi, stavolta sono certamente condannati alla morte per asfissia. C’è da muoversi, non da “sopportare pazientemente, poi andrà meglio”. Poi andrà peggio: o garantiscono i poteri forti.
 
Una panoramica degli articoli più attendibili consente di farsi un quadro. Nell’editoriale, a breve, il nostro commento globale.
 

Una «spending review» è per sempre
Francesco Piccioni
Sforbiciate secondo la logica dei «tagli lineari», come sotto Tremonti e Berlusconi. In cima alla lista sanità, dipendenti pubblici, enti e trasporti locali. Ma il vero «botto» verrà in agosto

Luglio è il mese delle stangate più crudeli, condite magari dagli accordi sindacali più indigeribili. Quest’anno si avrà probabilmente persino una coda agostana, cui verrebbero rinviate tutte le materie che nemmeno a fatica trovano un accordo tra i partiti che sostengono la maggioranza. È l’idea che si è fatta strada nel governo dopo molti segnali «problematici» (come lo stop alla cancellazione dei 674 uffici dei giudici di pace decisa a gennaio). Un consiglio dei ministri da tenersi entro il 13 agosto, dunque, potrebbe decidere le «norme ordinamentali» (piano per la sanità, riduzione delle province, soppressione delle sedi giudiziarie minori – 33 tribunali, 37 procure 3 220 sezioni distaccate), oltre all’Agenda digitale e la «stretta» più vigorosa per il pubblico impiego.
Dagli incontri di ieri tra governo, enti locali e parti sociali è venuta la conferma – intanto – della dimensione della «spending review». Niente «taglio mini», ma subito maxi, con il pretesto che «bisogna evitare l’aumento dell’Iva» fissato per ottobre (in realtà, con 4,5 miliardi, si riuscirebbe semplicemente a spostare la scadenza a gennaio 2013), oltre a trovare i soldi per coprire l’errore macroscopico sugli «esodati», gli interventi per il terremoto in Emilia e il rifinanziamento delle missioni militari all’estero.
Un cumulo di impegni che neppure il certosino Enrico Bondi, commissario straordinario per la spending review, sembra in grado di governare completamente. La sua analisi ha passato in rassegna 60 miliardi spesa pubblica per «beni e servizi», con un risparmio possibile valutato tra il 20 e il 60%. Se così fosse, insomma, soltanto da questo lato potrebbero esser trovate risorse molto superiori a quelle cercate (8-10 miliardi, per quest’anno).
Invece il governo si sta muovendo sulla linea Tremonti, ovvero verso «tagli lineari» che non badano al merito di quel che viene colpito, ma solo alla dimensione (sperata) del risparmio. Un metodo un tantino ottuso, che ha già dato il peggio di sé con la riforma delle pensioni, generando una massa di «esodati» molto superiore al previsto. Come altro giudicare il taglio del 20% dei dirigenti pubblici e, a seguire, del 10% dei dipendenti? Davvero queste cifre così tonde sono il frutto di un’attenta analisi dei compiti e delle piante organiche? Difficile crederlo. È lo stesso ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, a confessarlo involontariamente: «si procederà alla riduzione del personale solo dopo la verifica delle piante organiche», in modo da «modulare l’intervento attraverso la mobilità di due anni». È lampante che se l’analisi degli organici deve ancora esser fatta, quella riduzione «rotonda» obbedisce a criteri puramente contabili, non di «efficienza della macchina». Tra le poche idee accettabili, la riduzione a tre dei consiglieri di amministrazione delle socità interamente controllate dallo stato; con in più l’obbligo di prenderne almeno due tra il pesonale interno. Effetto previsto; -30% delle «poltrone».
Sul piano procedurale, la «manovra» (Monti preferisce chiamarla «provvedimento strutturale e organico») dovrebbe avvenire in tre fasi. La prima è già alle spalle ed è minima, visto che riguarda un aggiustamento della spesa per la presidenza del consiglio e il ministero dell’economia. La seconda è quella illustrata ieri, riversata in un decreto legge – subito operativo perché «siamo monitorati da tutta Europa» – da approvare entro luglio. Infine la terza, la più pesante e quindi densa di incognite parlamentari, da affidare a un altro decreto legge. Sotto Ferragosto, per l’appunto, in modo da far «metabolizzare» l’irritazione alle forze politiche e ai sindacati confederali.
Le parti sociali sono uscite da questa raffica di sforbiciate con un livello di comprensione opposto. Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha approvato il programma di «alleggerimento della spesa pubblica, invitando il governo «ad andare avanti con la semplificazione della macchina amministrativa». Susanna Camusso, invece, ha considerato «criptica e reticente» l’esposizione fatta da Monti. O dura da mandar giù senza reazioni.
È echeggiata ancora una volta la minaccia dello «sciopero generale», ma i trascorsi su pensioni e art. 18 non lasciano presagire mobilitazioni significative da parte di Cgil, Cisl e Uil, tali da mettere in dubbio la pacifica approvazione senza modifiche dei decreti legge messi sul tavolo. Al momento, l’unica mobilitazione certa è indetta dall’Usb, che già ieri mattina ha tenuto un presidio ed un’assemblea pubblica a Piazza Montecitorio; dando appuntamento a una giornata nazionale di mobilitazione, il 6 luglio.

 
 
Pubblico impiego, vittima sacrificale
20% di dirigenti e 10% di dipendenti in meno. E poi meno buoni pasto, permessi sindacali, ecc
Alla fine, come previsto e mediaticamente preparato ormai da anni, saranno i dipendenti pubblici a pagare il prezzo più alto al «necessario aggiustamento dei conti dello Stato». Il trucco c’è e si vede benissimo. Lo stesso Enrico Bondi, illustrando ieri il suo lavoro sul capitolo «beni e servizi» – appena 60 miliardi – ha trovato che si potrebbe tranquillamente risparmiare tra il 20 e il 60% (tra i 12 e i 36 miliardi) senza toccare un solo essere umano.
E invece no. Il governo ha deciso di tagliare il 20% dei dirigenti e il 10% del personale dipendente prima ancora di passare in rassegna la congruità delle «piante organiche». Come dire: tagliamo perché vogliamo farlo, anche senza sapere esattamente dove e come. Nel farlo, oltretutto, l’esecutivo piazza un accenno di discriminazione che rischia di incendiare gli animi. Ai dirigenti in esubero più anziani, infatti, verrebbe permesso di accedere direttamente alla pensione secondo le vecchie regole; ossia in deroga alla «riforma Fornero». Mentre per i dipendenti «normali» si provvederebbe secondo le linee della «riforma Brunetta», che consente di mandare le persone in mobilità per due anni – retribuite all’80% della sola «paga base» – e poi di essere licenziate tout court. Si attendono ancora smentite. La frase con cui Monti, ieri, avrebbe accompagnato l’invito ad accettare decisioni lampo in materia è stata «non si può tirare a campare». E torna alla mente il caustico genio delle battute – Giulio Andreotti – che soleva rispondere «sempre meglio che tirare le cuoia». Ovvio che se a tirarle è qualcun altro (i dipendenti pubblici, in questo caso) il dispiacere, per i governanti, è minore.
La misura del 10%, se confermata, equivale a 300.000 persone. Ma da palazzo Chigi filtrano cifre assolute molto più basse. È probabile dunque che in un primo momento la scure sia prevista solo per i «ministeriali» – i dipendenti degli enti centrali – mentre per procedere in tutto il campo del «parastato» servirà probabilmente più tempo e, in primo luogo, la collaborazione degli enti locali e del sindacato.
Una stretta vigorosa investirà anche i buoni pasto (ridotti a 5 o 7 euro), i permessi sindacali (una misura che colpisce al cuore le possibilità di funzionamento delle organizzazioni), e in ultimo anche un po’ di «consulenze» (strumento molto sfruttato negli ultimi decenni per nutrire le clientele politiche).
Il ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha tentato di addolcire la pillola garantendo che di licenziamenti si comincerà a parlare solo dopo la «verifica delle piante organiche». In fondo soltanto un mese fa aveva sottoscritto con Cgil, Cisl e Uil un accordo che fissava criteri un po’ più restrittivi rispetto a quelli illustrati ieri. La reazione di Bonanni non è stata però esplosiva: «la revisione del pubblico impiego si deve fare applicando l’accordo», anche perché «non tutte le amministrazioni sono uguali».

 
da “il manifesto”
Ma è interessante, per complementarietà, il punto di vista della stampa padronale.

 

Nella bozza del Dl sulla spending review la riduzione delle Province e la sospensione dei concorsi per i dirigenti della Pa

La spending review mette nel mirino il pubblico impiego. Stando infatti alle misure contenute nella bozza del Dl spending review che potrebbe andare venerdì in consiglio dei ministri (il testo è stato visionato dall’agenzia Agi), sono i dipendenti pubblici i più colpiti dal progetto di razionalizzazione della spesa firmato dal Governo Monti. È confermata la riduzione dell’incremento dell’Iva già da quest’anno, e il suo dimezzamento dall’anno prossimo. Arriva la riduzione delle Province.

Stretta su permessi sindacali. In arrivo ferie obbligate
La stretta sul pubblico impiego prende forma su una pluralità di canali. Tanto per cominciare, gli uffici pubblici resteranno chiusi nella settimana di Ferragosto e in quella tra Natale e Capodanno: gli statali saranno messi in ferie. I permessi sindacali a partire da gennaio del 2013 saranno ridotti del 10 per cento. Gli statali non potranno monetizzare ferie, riposi e permessi non goduti (anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni e pensionamento). Per questa categoria di lavoratori, poi, da ottobre i buoni pasto non potranno superare i sette euro. Scatta la sospensione dei concorsi per l’accesso alla prima fascia dirigenziale (non oltre il 2015). Non solo: le spese del personale della Pa vengono ridotte: le «facoltà assunzionali» sono ridotte del 20% per tutte le amministrazioni nel triennio 2012-2014, del 50% nel 2015 e del 100% a decorrere dal 2016.

Levata di scudi dei sindacati: ci sono solo tagli
Il Dl che l’Esecutivo si appresta a varare – spiega una nota congiunta di tutte le sigle del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil – «avrà come unica conseguenza l’accentuarsi delle ragioni di dissenso su scelte che intendiamo contrastare con forza, ritenendole inaccettabili».

Riduzione di tre miliardi del fondo sanitario
Sotto la lente della spending review finisce anche la sanità: Il fondo sanitario viene ridotto di tre miliardi; chiusi i piccoli ospedali. Previsto il taglio del 5% per l’acquisto di beni e servizi da parte della sanità pubblica.

Salvati altri 55mila lavoratori esodati
La bozza del decreto – che è comunque suscettibile di modifiche – prevede il blocco degli adeguamenti Istat relativi ai canoni dovuti dalle Amministrazioni per l’utilizzo di immobili in locazione passiva. Quanto agli esodati, vengono salvati ulteriori 55mila lavoratori rispetto ai 65 mila già interessati. Intanto il primo decreto sulla spending review ottiene il via libera della Camera e va al Senato in terza lettura (scade il sette luglio).

Congelato lo stipendio dei dipendenti di società pubbliche
Per due anni, dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2014, lo stipendio dei dipendenti delle società pubbliche non potrà superare quello del 2011. Ancora: uso gratuito allo Stato di beni di proprietà degli enti territoriali e viceversa. Le tariffe vengono bloccate fino al 31 dicembre 2013. Sono ridotti i compensi pagati ai Caf.

Cura dimagrante per palazzo Chigi
La Presidenza del consiglio dei ministri ridurrà le spese di funzionamento per un totale di 15 milioni al 2013. Al via anche la riduzione e la razionalizzazione delle Province. In arrivo, infine, una stangata sulle auto blu: nel 2013 la spesa per questi veicoli non dovrà superare il 50% di quanto speso nel 2011.Colpita anche l’Università: dall’anno prossimo il fondo per il finanziamento ordinario degli Atenei sarà ridotto di 200 milioni.

Per i liquidatori di enti pubblici incarico non oltre i cinque anni
I commissari liquidatori di enti pubblici – prevede la bozza del Dl – potranno avere un incarico non superiore ai tre anni, che potrà essere prorogato una sola volta per un periodo massimo di due anni, quindi per complessivi cinque anni.

Riorganizzazione del Cnr, addio all’Istituto nazionale di oceanografia
Vengono riorganizzati il Cnr, l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). La bozza prevede infatti che vengano soppressi dall’entrata in vigore del provvedimento l’Istituto nazionale di ricerca metrologica, la Stazione zoologica Anton Dohrn, l’Istituto italiano di studi germanici e l’Istituto nazionale di alta matematica sono soppressi e i relativi organi statutari decadono. Sopresso anche l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, l’Istituto nazionale di astrofisica e il Museo storico della fisica e centro di studi e ricerche «Enrico Fermi».

Più di 4,2 miliardi per scongiurare l’aumento dell’Iva
Per scongiurare l’aumento dell’Iva non bastano tagli per 4,2 miliardi. Il nodo esodati e il sisma in Emilia fanno sì che serva una cifra più alta. Lo ha spiegato il premier Mario Monti ai rappresentanti degli enti locali, nel corso dell’incontro che si è tenuto in mattinata a palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio ha avuto poi un faccia a faccia con i rappresentanti delle parti sociali. Non faremo tagli con l’accetta, ha sottolineato; gli interventi serviranno a eliminare gli sprechi senza ridurre i servizi. Per la pubblica amministrazione il Governo ha confermato il taglio del 20% dei dirigenti e del 10% dei dipendenti. Il segretario generale della Cigl Susanna Camusso ha chiesto all’Esecutivo di non gettare benzina sul fuoco e ha annunciato lo sciopero generale. Il viceministro all’Economia Vittorio Grilli: serve «un intervento urgente, entro questa settimana».

Non è una nuova manovra ma un’operazione strutturale
Ai rappresentanti di Regioni, Province e Comuni il Professore ha spiegato che non si tratta di una manovra di finanza pubblica aggiuntiva ma di un’operazione strutturale che serve a recuperare gli oltre quattro miliardi per evitare l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto a settembre.

Spending review a tre tappe
L’operazione spending review, ha chiarito Monti alle parti sociali, è in tre fasi: la prima parte, che è già partita, é dedicata ai tagli alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Economia. La seconda é l’oggetto della riunione di oggi e si concretizzerà in un decreto legge e la terza, che inizierà tra qualche settimana e porterà a un altro Dl, riguarderà i governi locali e la riorganizzazione delle amministrazioni periferiche dello Stato. Assieme a Monti, hanno partecipato all’incontro con sindacati e imprese il sottosegretario Antonio Catricalà e i ministri Piero Gnudi, Renato Balduzzi, Filippo Patroni Griffi, Corrado Passera, Piero Giarda e Vittorio Grilli, presiede l’incontro. Per i sindacati siedono al tavolo Susanna Camusso per la Cgil, Raffaele Bonanni per la Cisl, Luigi Angeletti per la Uil e Giovanni Centrella per l’Ugl. Presente al tavolo anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi e i presidenti di Rete Imprese Italia, Abi, Ania e Alleanza delle cooperative.

Patroni Griffi: taglio degli statali dopo la verifica degli organici
Il ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi ha fornito delle indicazioni a sindacati e imprese sui tagli nel settore pubblico. Si procederà alla riduzione del personale della pubblica amministrazione solo dopo «la verifica delle piante organiche e solo dopo sarà possibile selezionare e modulare l’intervento di riduzione attraverso la mobilità di due anni». La leader della Cgil Susanna Camusso ha riferito della possibilità di deroga alla riforma Fornero per gli esuberi della Pa che matureranno entro il 31 dicembre 2013 i requisiti per andare in pensione con le vecchie regole: «si è detto che si può mantenere la norma precedente per un periodo che va fino al 2013». Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha invece ricordato che «la revisione del pubblico impiego si deve fare in coerenza e applicando l’accordo che il sindacato ha siglato con il ministro Patroni Griffi un mese fa». Sulla riduzione del personale, ha continuato Bonanni, «non tutte le amministrazioni sono uguali. Negli enti pubblici c’é un dirigente ogni 50 dipendenti, nelle regioni uno ogni otto dipendenti. Bisogna stare attenti a non fare di tutta un erba un fascio».

Bondi: analizzati 60 miliardi di spesa per beni e servizi della Pa
Per la messa a punto della spending review, ha spiegato il commissario straordinario Enrico Bondi a imprese e sindacati, «sono stati analizzati 60 miliardi di spesa per beni e servizi». Su questa spesa, ha aggiunto Bondi, il risparmio possibile si aggirerebbe tra il 20 e il 60 per cento.

Confindustria: buon inizio
Confindustria condivide l’impostazione del governo sulla spending review e l’efficientamento della pubblica amministrazione giudicandola «un buon inizio». Questa la posizione espressa, a quanto si apprende, dal presidente Giorgio Squinzi al tavolo tra governo e parti sociali. Squinzi si riserva di valutare poi nel dettaglio tutte le misure.

Camusso: dal Governo informazioni criptiche, Esecutivo reticente
La comunicazione del Governo su che cosa intende fare in termini di spending review é stata «criptica» e l’Esecutivo si é rivelato «reticente» nel fornire le informazioni. È il giudizio del leader della Cgil, Susanna Camusso, al termine dell’incontro a palazzo Chigi.

Compartecipazione degli enti locali alle scelte sui tagli
Ai rappresentanti delle autonomie il premier ha assicurato la compartecipazione alle scelte sulla spending review. «Mi auguro – ha osservato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, intervenendo all’assemblea annuale dell’Unione industriale a Pisa – che dallo spending review ci sia veramente la possibilità di avere fondi disponibili per pagare i fornitori e anche per destinare quota parte di queste risorse agli investimenti che sono necessari».

Grilli: intervento urgente entro questa settimana
Sulla spending review serve «un intervento urgente, entro questa settimana». Lo ha sottolineato il viceministro all’Economia Vittorio Grilli, secondo quanto riferiscono fonti presenti all’incontro a Palazzo Chigi. A sostegno della necessità di stringere i tempi, Grilli ha ricordato che siamo sorvegliati speciali in Europa. Il viceministro ha poi anticipato la riduzione e la ridefinizione in vista per il personale della Presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia.

Le Regioni: sette settori su cui concentrare i tagli
Il Governo, secondo le indicazioni fornite dai rappresentanti delle Regioni al termine dell’incontro a Palazzo Chigi, ha individuato sette settori in cui effettuare i tagli: 1) costi dei beni e dei servizi nella Pa (sono 60 miliardi l’anno e c’é la possibilità di risparmiare in alcune categorie merceologiche fra il 20 ed il 60%). Per la sanità si pensa di tagliare i costi per i pasti e le pulizie; 2) taglio del 20% dei dirigenti della Pa; 3) taglio del 10% dei dipendenti della Pa; 4) gestione più economica del patrimonio dello Stato; 5) soppressione di alcuni enti statali e locali; 6) ridefinizione della governance delle società pubbliche che non potranno avere più di tre membri nel Cda (cinque se le società gestiscono servizi); 7) riduzione delle consulenze delle società pubbliche.

Formigoni: nel 2012 tagli a sanità e trasporto pubblico locale
Il Governo intende tagliare nel 2012 anche la sanità e il trasporto pubblico locale. Lo ha confermato il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, al termine dell’incontro con il Governo sulla spending review.
Formigoni ha poi lanciato l’allarme: «siamo insoddisfatti- ha detto uscendo da Palazzo Chigi – e preoccupati: non è un taglio agli sprechi ma un taglio ai servizi ai cittadini».

Bersani (Pd): vogliamo discutere nel merito
«Se c’è da evitare l’aumento dell’Iva – ha affermato il leader del Pd Pier Luigi Bersani – , noi siamo d’accordissimo ma vorremmo discutere nel merito perchè dopo tanto tempo siamo un po’ tecnici anche noi». Bersani ha chiesto al governo più ascolto in vista della spending review.

 

Spending review, colpo di forbice sui piccoli ospedali. Addio a 216 strutture con meno di 120 posti

 

ROMA. Addio a 216 ospedali con meno di 120 posti letto. Entro fine ottobre le mini-strutture di ricovero potrebbero dover cessare l’attività ed essere chiuse dalle Regioni, che non potranno destinare i volumi di spesa né ai privati né a policlinici universitari o ad altre strutture pubbliche.

Dalla bozza di decreto sulla spending review spuntano nuove ipotesi allo studio di tagli alla spesa sanitaria, che nei sei mesi che mancano del 2012 subirà una potatura di 1 miliardo e poi di altri 2 miliardi a regime a partire dal 2013. Portando così i tagli totali alla spesa sanitaria ben oltre 10 miliardi fino al 2014, considerato il pacchetto di 8 miliardi di riduzione della spesa già previsti dalla manovra estiva dell’anno scorso che sono solo in parte incorporati dal nuovo intervento del Governo di Mario Monti.
Ospedali e taglio di posti letto, ma non solo, nella manovra dei professori. Farmaci a dieta, brusca frenata per l’acquisto di beni e servizi, contratti dei privati al ribasso: questi i capitoli più caldi della bozza del decreto del ministero dell’Economia ancora al centro di un’accesa discussione all’interno del Governo.

Per non dire delle Regioni, che ieri sono rimaste a bocca asciutta nell’incontro a Palazzo Chigi dopo aver chiesto inutilmente cifre e contenuti della spending review. Oggi avranno un lungo incontro col ministro della Salute, Renato Balduzzi, nella speranza di trovare spazio per una mediazione sul filo di lana, a partire dal taglio al Fondo sanitario 2012 che vale 108 miliardi e che non è stato ancora ripartito.
L’ipotesi della bozza di decreto bis sulla spending review prevede ora che il Fondo 2012 sia diviso tra le Regioni entro settembre e che entro novembre sia ripartito quello per il 2013. Tutto questo mentre per il 31 ottobre dovrà essere firmato il «Patto per la salute» che si porterà appresso altri tagli miliardari dal 2013 in poi a partire dalla patata bollente dei ticket sanitari che varranno 2 miliardi in più e che Balduzzi, ma non le Regioni e neppure l’Economia, vorrebbe trasformare in pagamento a franchigia delle singole prestazioni a seconda delle fasce di reddito ancorate al nuove Isee.

L’intervento sugli ospedali è la parte inserita ex novo nella bozza di decreto, tutta da confermare, riprendendo ipotesi già allo studio col «Patto». Per i posti letto si prevede in generale una riduzione della dotazione totale al 3,7 per mille abitanti (incluso lo 0,7 per lungodegenza e riabilitazione) «adeguando coerentemente le dotazioni organiche» degli ospedali: meno personale, insomma. Ma poche righe dopo ecco spuntare il taglio entro il prossimo 31 ottobre degli ospedali con meno di 120 posti letto. Nel 2010 erano 216 quelli a «gestione diretta della Asl», ma potrebbero essere calati nel 2011 soprattutto nelle Regioni sotto piano di rientro. Anche se nelle codifiche regionali potrebbero nascondersi non poche altre piccole strutture nominalmente accorpate che insieme superano i 120 posti letto.

In testa alla classifica dei mini-ospedali è il Sud: Sicilia, Calabria, Campania, ma anche Lazio e Marche. Solo i piccoli ospedali hanno 13.591 posti letto, con diversi casi sotto i 20 e perfino i 30 posti letto. Ancora sui ricoveri non manca poi un’altra novità: un intervento in riduzione delle tariffe. Ecco poi tutte le altre misure, che riprendono, in più casi anche rafforzandole, le proposte già fatte da Balduzzi. A partire dai farmaci: nel 2012 il tetto di spesa territoriale scende al 13,1% (-0,1%) mentre dal 2013 diventa dell’11,5% al netto del prezzo di rimborso pagato dagli assistiti; il tetto della farmaceutica ospedaliera sale invece dal 2,4 al 3,2% sempre dal 2013. Ma con una nuova stangata a carico delle industrie: secondo la bozza pagherebbero il 50% (non più il 35%) dello sfondamento di spesa annuale per i farmaci forniti dagli ospedali. Ancora le industrie farmaceutiche si vedranno poi aumentare al 6,5%, ma solo nel 2012, lo “sconto” in favore del Ssn; “sconto” che verrebbe invece raddoppiato al 3,65% a partire dal 2012, ma anche per gli anni successivi, per le farmacie.

Ecco poi la stretta su beni e servizi. I contratti in vigore delle Asl per beni e servizi (farmaci esclusi) sono ridotti d’autorità del 5%, riduzione che per i dispositivi medici varrà solo per il 2012. Se spunteranno prezzi superiori al 20% ai valori medi di riferimento le Asl dovranno chiedere la rinegoziazione dei contratti, altrimenti sarà chiesto di recedere dagli accordi. Stangata anche per tutte le prestazioni dei privati accreditati per la specialistica e per le case di cura: scatterà una riduzione dell’1% nel 2012 e del 2% dal 2013 in poi, rispetto alla spesa del 2011, sia degli importi che dei volumi d’acquisto da parte del Ssn. Insieme, scatterà anche la revisione delle tariffe massime.

 

da Il Sole 24 Ore
 
 
Intimidatorio fin dal titolo il “contributo” del Corriere della sera, come sempre “termometro politico-informativo” del grande capitale italiano.
 

Tagli agli eccessi della spesa pubblica. I partiti non si mettano di traverso

Conosciamo i problemi della spesa pubblica, sappiamo che i dipendenti sono mal distribuiti e hanno un’età media elevata e che una siringa è pagata 3 centesimi da un’Asl e 65 da un’altra. Il governo ha la possibilità di agire. I partiti sbaglierebbero a mettersi di traverso.

BONDI – I problemi della spesa pubblica li conosciamo da troppo tempo, ma nessun governo è riuscito a risolverli. C’è qualcuno che possa dubitare di quello che ha detto ieri il consulente del governo, Enrico Bondi? Cioè che alla voce «acquisto beni e servizi» della pubblica amministrazione ci sono 60 miliardi di euro sui quali si potrebbero tagliare gli sprechi dal 20 al 60%, risparmiando tra 12 e 36 miliardi? C’è qualcuno pronto a giustificare che una siringa sia pagata 3 centesimi da una Asl e 65 da un’altra? O che una protesi all’anca possa variare da 284 a 2.575 euro?

POSTI FINTI – Così come tutti sappiamo che i dipendenti pubblici, pur non essendo troppi rispetto ai Paesi nostri concorrenti, sono mal distribuiti, hanno un’età media elevata e sono, spesso non per colpa loro, indietro nell’uso delle tecnologie. Risultato: abbiamo nel settore pubblico tanti posti di lavoro che potrebbero essere cancellati senza che il servizio ne risenta. «Posti finti» li definì già nel ’93 l’allora presidente del Consiglio, il socialista Giuliano Amato. Due anni e mezzo fa (governo Berlusconi) Renato Brunetta, nel pieno del suo impeto riformatore, annunciò la riduzione di 300 mila dipendenti pubblici nell’arco di un quinquennio (2008-2013). Quattro anni prima, Nicola Rossi, ex consigliere di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi, aveva proposto il prepensionamento di 100 mila statali. Ma ogni volta veti politici e resistenze sindacali hanno bloccato qualsiasi intervento. Tutti fanno a gara nel denunciare gli sprechi della spesa pubblica e nell’invocare tagli, a patto che riguardino qualcun altro.

I PARTITI – Adesso il governo tecnico ha la possibilità di agire al di sopra degli interessi di parte e delle resistenze corporative. I partiti sbaglierebbero se si mettessero di traverso. Tanto più che Monti promette una gestione non traumatica degli esuberi nel pubblico. I licenziamenti saranno evitati e, come avviene nelle grandi aziende private, giustamente interverranno gli ammortizzatori sociali e i prepensionamenti. La manovra di revisione della spesa deve però essere equilibrata e credibile. Per questo è indispensabile che il governo colpisca anche tutti gli altri sprechi già individuati: dalle auto blu ai consigli di amministrazione delle società pubbliche, dall’eccesso di province agli enti inutili.

Enrico Marro
 
 

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1 Commento


  • Stefano

    Non chiamiamola con questo termine inglese cosi bonario per favore. Spending Review? Ma quale revisione delle spese… Come se l’impiego pubblico e tutti i servizi ad esso connessi fossero una spesa capricciosa di una bambina viziata invece che una delle colonne portanti della democrazia e della civiltà…

    Si guardano bene dal farla chiamare “Macelleria Sociale” o dal fornire i veri numeri di lavoratori da licenziare.

    In Italia, numero più, numero meno, ci sono circa 3.6 milioni di dipendenti pubblici quindi diciamolo chiaro che vogliono far fuori almeno 180.000 (5%) persone per non contare dei danni causati a chi non riceverà più determinati servizi o dovrà fare più chilometri e code per riceverli (chiusura ospedali e abolizione provincie)

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