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Camusso recita a soggetto e bacia i piedi a Confindustria

Diciamo finge senza possibilità di essere smentiti, perché nell’Abc della lotta sindacale è da sempre scritto che gli scioperi generali si fanno per imporre il proprio interesse (quello dei lavoratori, se si fa sul serio) prima che determinate riforme siano decise. Dire che se ne farà uno dopo, forse e se vorranno anche Cisl e Uil, è una presa per il culo che va denunciata come tale.

In secondo luogo: la Cgil uno sciopero generale lo aveva già “proclamato” (non solo “detto” in un dibattito), ma s’è “dimenticata” di farlo. E non era su un argomento secondario, ma sulla “madre di tutte le controriforme”: la cancellazione dell’art. 18, degli ammortizzatori sociali, la conferma rafforzata della precarietà contrattuale. Anzi ha massacrato quelle componenti interne alla Cgil che premevano per effettuarlo e qualche mobilitazione l’hanno anche messa in piedi.

Soprattutto, questa uscita a beneficio di Repubblica, sanziona la subordinazione strategica del “più grande sindacato italiano” alle scelte di Confindustria. È il riconoscimento che non ci sono interessi autonomi dei lavoratori, ma solo un “remare sulla stessa barca” che le imprese guidano.

Il resoconto de La Stampa – il quotidiano della Fiat, non per caso – dà conto della soddisfazione padronale per questo esito finale di un ex avversario un tempo molto temuto. Oggi arruolato nella fila del comando sul e contro il lavoro.

 

L’asse tra leader di Confindustria e Cgil: no alla macelleria sociale

TEODORO CHIARELLI

inviato a serravalle (pt)

Se non è il “patto di Serravalle”, poco ci manca. Metti una sera d’estate il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e il neo presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, a dibattere all’ombra della torre di “Castruccio”, nel castello di Serravalle Pistoiese, e succede quello che non ti aspetti.

Il leader degli industriali che, fra gli applausi dei militanti del sindacato, dice soavemente: «Condivido tutto quello che ha detto la signora Camusso». E la segretaria della Cgil: «E’ importante quello che dice il presidente Squinzi».

E’ il loro primo incontro pubblico, ma sul palco di Serravalle le convergenze sono quasi su tutto, sicuramente più delle divergenze. Stesso giudizio sul governo Monti (largamente insufficiente per la Camusso, tra il 5 e il & per Squinzi), stessa difesa della concertazione fra le parti sociali aborrita dal presidente del Consiglio, stessa richiesta (anche se con sfumature diverse) di una patrimoniale, stesso giudizio negativo (partendo da sponde dioverse) su riforma del lavoro e pensioni, stesso ripudio della “macelleria sociale”. Con Squinzi che ribadisce il suo giudizio («una boiata») sulla riforma Fornero e prende le distanze dal «modello Marchionne di scontro: non è il mio modello».

Per la verità il leader degli industriali inizia con toni concilianti. La spending review? «E’ un primo passo nella direzione giusta». Poi però la Camusso attacca: «Non è una seria accetta che interviene su sprechi e problemi, ma è una manovra che deve fare cassa e taglia orizzontalmente su tutto».

Squinzi si sistema sulla sedia, dà un’occhiata alle sue carte, poi butta lì: «Beh, di quello che ho sentito dire dalla segretaria Camusso condivido tutto». Poi precisa: «Dico che é un primo passo perché Monti ci ha detto che gli obiettivi erano il posticipo dell’aumento dell’Iva, i fondi ai terremotati e gli esodati. Le motivazioni vanno nella direzione giusta. Ma c’é da fare ancora moltissimo».

Un attimo e Squinzi rincara, fra gli applausi della platea. «Dobbiamo evitare una macelleria sociale, ma si deve semplificare la pubblica amministrazione perché dobbiamo evitare ridondanze che vanno eliminate». Tocca al segretario della Cgil. «L’Italia non ha più tempo di aspettare. Avevamo immaginato che sulla spending review potessero esserci risposte ma non ci sono. E a tutto ciò si risponde con la mobilitazione». Sciopero generale, quindi, ma quando? Probabilmente non si farà a luglio, più probabile a settembre. «Il governo – insiste la Camusso – non ha neanche provato a trovare soluzioni condivise nelle scelte di politica economica. Una scelta miope e supponente».

Anche Squinzi insiste sulla necessità della concertazione e ricorda come lui fosse schierato sull’inutilità di una battaglia sull’articolo 18 («Ma abbiamo anche noi i nostri oltranzisti»). Monti sostiene che la concertazione è morta? Lui fa spallucce: «In questo momento storico è assolutamente fondamentale. Io ho firmato quando ero in Federchimica sei contratti nazionali, con tutti al tavolo e senza un’ora di sciopero. Non dobbiamo andare allo scontro. Siamo tutti sulla stessa barca. Ce ne vorrebbe di più di concertazione». Poi una battuta. «L’occupazione non si crea per decreto, ma con un decreto la si può distruggere».

Inevitabile il richiamo alla Fiat di Sergio Marchionne. «Io sono per un sistema di relazioni sindacali condivise – insiste Squinzi – Il modello Marchionne di scontro non è il mio modello». Eppure il fatto che il Lingotto sia fuori da Confindustria non lo lascia indifferente. «E’ un vulnus, perché Fiat è uno dei pezzi più importanti del comparto manifatturiero italiano». Ci sarà prima o poi un incontro fra Squinzi e il manager italo canadese? «Non ho mai visto Marchionne – dice sornione – Se capiterà lo incontrerò. Ma è lui che non mi vuole parlare».

Il moderatore, Massimo Giannini di Repubblica, butta lì la provocazione: e una patrimoniale? Scontato il sì della Camusso. Squinzi sembra tentennare («Solo se fossimo in emergenza»), ma poi aggiunge: «Io sostengo il detto “famiglia povera, impresa ricca”, e nella mia azienda tutti gli utili sono reinvestiti nel gruppo. Se la patrimoniale non tocca le imprese, ma i grandi patrimoni personali, mi sta bene». E ancora: «Comunque la patrimoniale l’abbiamo già, è l’Imu, la paghiamo tutti. Penso inoltre che bisognerà considerare la Tobin Tax a livello europeo».

E allora che voto dare al governo Monti? Susanna Camusso parla di grave insufficienza, in pratica un bel 4. Squinzi è un po’ meno drastico, ma comunque severo: «Direi 6 meno meno. No, meglio tra il 5 e il 6». E spiega: «Il mio giudizio è ancora un po’ sospeso, perché da un governo tecnico mi sarei aspettato cose che non sono state ancora fatte. Ad esempio nel sostegno alla ricerca».

Identica, fra Cgil e Confindustria, l’opinione sul governo dei tecnici: «E’ una parentesi, si deve tornare alla politica. La buona politica». Spiega ancora Squinzi: «Sono molto perplesso per il fatto che siamo rientrati nel pareggio di bilancio prima degli altri Paesi europei. E’ stato decisamente esagerato, perché si sono depressi drammaticamente i consumi accentuando la recessione. Siamo veramente sull’orlo del baratro».

Il governo non ha neanche provato a trovare soluzioni condivise è comunque una scelta politica e c’è supponenza nel pensare che noi non saremmo stati in grado di dare un contributoNell’esecutivo c’è un’idea di supremazia del tecnico rispetto a tutti gli altri soggetti In qualche caso c’è anche una qualche idea di rivalsa come se fosse il lavoro il colpevole dei grandi problemi che ha il Paese e che quindi è meglio non interloquire col lavoroL’Italia non ha più tempo di aspettare A luglio non ci sono le condizioni per dare vita ad uno sciopero generale ma probabilmente sarà organizzata una grande iniziativa legata ai tagli che il governo ha deciso di fare alla san

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