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Strage di Brescia: un fascista di Ordine Nuovo fornì l’esplosivo

Per la strage di Piazza della Logga del 28 maggio 1974 (8 morti e un centinaio di feriti) emerge forse un brandello di verità. I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia il 14 aprile hanno assolto, confermando la sentenza di primo grado, gli ex ordinovisti veneti Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi, l’uomo legato ai servizi Maurizio Tramonte e l’ex generale dei carabinieri Francesco Delfino. Ma nelle  motivazioni hanno individuato due persone che a loro dire hanno sicuramente avuto un ruolo nella strage, ribaltando così alcune determinazioni dei giudici della Corte d’Assise.

Secondo la corte, presieduta da Enzo Platé, é accertato che l’esplosivo per la strage venne consegnato da Carlo Digilio, il pentito nei processi per le stragi di piazza Fontana e di piazza della Loggia, a Marcello Soffiati. Il primo, denominato ‘zio Otto’ e considerato l’artificiere di Ordine Nuovo, é morto dopo una lunga malattia il 12 dicembre del 2005 mentre Soffiati, estremista di destra, é deceduto nel 1988. La convinzione dei giudici parte dall’analisi di un’intercettazione ambientale tra Roberto Raho e Pietro Battiston del 26 settembre 1995: ”…Marcello Soffiati, il giorno prima della strage di Brescia … era partito per Brescia con le valigie piene di esplosivo. Soffiati é morto …”. I due, che sapevano che Digilio stava collaborando con i magistrati di Milano e di Brescia, avevano anche affermato: ”Speriamo si dimentichi di noi”. Del viaggio di Soffiati con l’esplosivo dalla trattoria Scalinetto di Venezia a Brescia, Raho e Battiston l’avevano appreso nel 1986 proprio da Digilio, il quale, però, ha sempre negato di aver fatto quella rivelazione. I giudici della Corte d’assise d’appello nelle motivazioni della sentenza spiegano nel dettaglio la credibilità di Raho e di Battiston precisando che Digilio ha negato di aver fatto quella confidenza perché: ”Temeva in tal modo di accreditare la versione dei fatti raccontata a Battiston: che, cioè, Soffiati fosse partito con l’esplosivo dallo Scalinetto per andare a Brescia. Poiché Scalinetto significa esplosivo a disposizione non soltanto di Maggi, ma anche di Digilio, si scorge l’interesse di Digilio a smentire Battiston”. E’, secondo i magistrati, lo stesso interesse che Digilio ha avuto nel raccontare che l’esplosivo sarebbe stato prelevato a Spinea-Mirano da Zorzi. Inoltre sottolineano che la descrizione di un ordigno male assemblato con una grossa sveglia come improbabile temporizzatore e’ inattendibile: ”Digilio – scrivono – infatti doveva prendere le distanze da tutto cio’ che avrebbe potuto indurre un sospetto circa il proprio coinvolgimento nell’attentato e, dunque, non poteva riferire che nell’ordigno in questione sarebbe stato impiegato un più sicuro timer”. I giudici, comunque, in quella che l’avvocato di parte civile Federico Sinicato definisce ”burocrazia processuale” non legano mai le azioni di Digilio a Maggi e a Zorzi: ”E’ questa – spiega il legale – la parte più debole perché Digilio era l’artificiere di Ordine Nuovo e Maggi il capo. Appare improbabile che Digilio agisse da solo”. Per la strage di piazza della Loggia, dunque, nessun colpevole ma una verità storica e giudiziaria anche se i presunti responsabili non sono più processabili in quanto deceduti. Un esito simile a piazza Fontana per la quale i giudici della Cassazione, pur assolvendo gli imputati, hanno individuato Franco Freda e Giovanni Ventura, come organizzatori ma non più processabili per il principio del ‘ne bis in idem’, cioè che un imputato che stato assolto con sentenza passata in giudicato non può essere processato un’altra volta per lo stesso fatto. 

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