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Legge elettorale: Udc, Pdl e Lega si ritrovano

Gli era già successo con il crollo di Berlusconi, quando rinunciò a elezioni già vinte per “respnsabilità nazionale”, dando così il via libera al porimo governo non nazionale della storia italiana. Un vero colpo da grandi strateghi…
Il gioco si sta ripetendo con la legge elettorale a sei mesi da elezioni che non poteva – sembrava – non vincere. Se le manovra di Udc, Lega e berlusconiani sono quelle anticipate qua sotto da Repubblica (peraltro preoccupatissima per il suo “cavallo da corsa” che preferisce star fermo), per il Pd le elezioni rischiano di trasformarsi in una corsa a perdere.
Col proporzionale e sbarramento, infatti, tutti i “cespugli” disposti ad accodarglisi (Vendola e forse anche Diliberto, e naturalmente i Verdi) richiano di restar fuori; a meno di complicati apparentamenti che li obbligherebbero a scomparire anche come simbolo. Fuori da questi giochi, per Idv, Rifondazione, ecc, il problema si ripete (non possono andare con lo stesso simbolo; non conviene a Di Pietro e nemmeno al Prc). I collegi piccoli favoriscono invece i leghisti, laddove sono riusciti a mantenere un po’ di presa dopo gli scandali bossiani. E l’accoppiata Pdl-Udc nel mezzogiorno più opaco.
Ah, già… Tanto il programma di governo ce l’ha Monti e la troika. Per il resto, divertitevi pure, ragazzi!

Un blitz in aula per cambiare la legge elettorale. Un patto di ferro già siglato tra i centristi di Casini e gli uomini di Berlusconi. Per mettere all’angolo e stanare il Pd. Obiettivo: mandare in soffitta il Porcellum e introdurre anche a colpi di maggioranza un sistema proporzionale. Il modello è quello tedesco. Con sbarramento e preferenze. Nella bozza, l’ipotesi di collegi elettorali ridotti alla Camera e ancor più piccoli al Senato. Soluzione che troverebbe in aula il sostegno dei leghisti. L’accelerazione delle ultime ore segue il colloquio avvenuto venerdì sera, al fresco di Chianciano, mentre sul palco della festa Udc Ciriaco De Mita stava presentando il suo ultimo libro. In un angolo, a pochi metri, si intrattengono Fabrizio Cicchitto, Pier Ferdinando Casini e Luciano Violante. “Non possiamo attendere all’infinito, il Porcellum va cancellato, non possiamo tirarla ancora per le lunghe dopo i richiami del capo dello Stato: la soluzione migliore è il sistema tedesco con preferenze” è l’amo lanciato dal leader Udc. Cicchitto lo aggancia al volo. È una via d’uscita che stuzzica adesso più che mai i pidiellini.
Addio alle velleità maggioritarie. I contatti telefonici tra gli sherpa impegnati nelle trattative sono proseguiti nel fine settimana. Manca una convocazione ufficiale del comitato ristretto al Senato, ma non viene esclusa per oggi una ripresa dei confronti tra Verdini, Quagliariello, Cesa e il luogotenente della segreteria Bersani, Maurizio Migliavacca.

Già, il Pd.

I democratici tacciono e guardano con sospetto ai movimenti in corso. Rischiano di ritrovarsi in un angolo. Un contraccolpo che rischia di avere ripercussioni anche sugli equilibri della maggioranza che sostiene Monti. Tanto più che centristi e Pdl lavorano per un passaggio in aula da qui a breve. “Vogliamo imprimere una svolta, lavoreremo fino all’ultimo per raggiungere le più larghe convergenze – premette il capogruppo Udc al Senato, Gianpiero D’Alia – Ma è chiaro che non possiamo attendere oltre, al massimo entro la prossima settimana la partita deve essere chiusa. Il Pd purtroppo è diviso al suo interno”.

Il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini, si prepara a riconvocare il comitato ristretto per la riforma e avverte: “Occorre un compromesso politico alto e il tedesco rappresenta una mediazione possibile, a patto che ognuno faccia un passo indietro”.I democratici sentono puzza di bruciato. La sensazione è che dentro il Pdl l’abbia spuntata chi puntano a una legge che non garantisca alcun vincitore dopo il voto “per contare all’indomani delle elezioni”, per dirla con Migliavacca. La stessa corsa alle preferenze appare al braccio destro di Bersani “uno specchietto per le allodole”. Al Largo del Nazareno insomma hanno alzato la guardia. Casini certo non intende rompere l’asse costruito a fatica col segretario Pd.
Il leader Udc è anzi convinto che con l’accelerazione impressa farà il gioco proprio di Bersani, dato che un proporzionale senza indicazione del premier renderebbe inutili le primarie. “Alla fine – ragiona l’ex presidente della Camera con i suoi – con questa mossa do una mano al mio amico Pier Luigi”.

Ma è davvero così? Il Pd punta quanto meno a un premio di maggioranza che garantisca la governabilità. Un corposo 15 per cento da destinare al primo partito, bocciato ieri dal capogruppo Pdl Cicchitto: “Troppa grazia”. Come se non bastasse, Bersani è stretto dal pressing della minoranza “rumorosa” dei prodiani, pronti alle barricate contro proporzionale e preferenze: i vari Parisi, Santagata, Zampa, Barbi artefici della proposta per il ritorno al Mattarellum. Berlusconi dirà la sua venerdì davanti ai giovani di Atreju, al ritorno dal Kenya. Ma reintrodurre le preferenze è l’obiettivo dichiarato anche di un drappello di pidiellini, non solo ex An, che a decine hanno sottoscritto un loro ddl, dalla Meloni a Brunetta, da Crosetto alla Beccalossi. Per il Cavaliere, il ritorno al proporzionale con preferenze è l’ultima chance per evitare l’esplosione del Pdl. 

da Repubblica

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