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“Questa Europa non è riformabile”


Qui di seguito un resoconto dell’incontro nazionale del Comitato No Debito

Il 21 e 22 settembre si è svolto a Roma un seminario nazionale del Comitato No Debito dove si è cominciato ad affrontare nel merito le questioni che attengono al suo programma e alle proposte con le quali intende essere soggetto attivo del conflitto politico e sociale nel paese.

Il seminario è stato preparato sulla base di alcune schede preparate dalla commissione che era stata incaricata di mettere sul piatto le questioni da affrontare: la genesi, la composizione e l’iilleggittimità del debito; la natura e le misure strutturali approntate dall’Unione Europea; il rapporto con il blocco sociale di riferimento e con la sinistra; lo Stato e la democrazia; la formazione e la scienza; gli obiettivi politici e il programma del movimento No Debito.

Nelle schede, volutamente, non era presente la questione che da tempo veniva sollecitata ad essere messa all’ordine del giorno della discussione: l’uscita o meno dall’euro e dall’eurozona che è stata in gran parte al centro del dibattito e degli interventi del seminario. Una scelta questa che si è rivelata utile per una discussione non ingessata da posizioni pregiudiziali ma accompagnata nel trovare una sua sintesi sulla base del confronto tra le varie valutazioni.

Al seminario hanno partecipato rappresentanti dei Comitati No Debito di Milano, Roma, Napoli,Terni, Pisa, Padova, Firenze, Bologna, Trieste e del coordinamento nazionale. La sollecitazione alla partecipazione purtroppo non è stata raccolta da tutti i comitati che pure sono sorti o stanno sorgendo in altre città.

La discussione è stata introdotta da due interventi che hanno brevemente illustrato le schede approntate per il seminario e seguiti da un dibattito che si è volutamente realizzare liberamente con l’obiettivo di portare alla luce le questioni senza la pretesa di arrivare o fare proprie sintesi che non corrispondano alla necessità di approfondimento o al carattere plurale e unitario del Comitato No Debito. Complessivamente ci sono stati ben 25 interventi tra venerdi pomeriggio e sabato mattina con possibilità di replica e precisazioni.

Complessivamente la discussione è stata positiva creando le condizioni per un confronto di merito e un clima di “elaborazione collettiva” che è diventata moneta rara negli incontri degli ultimi anni, soprattutto a fronte di una realtà come il No Debito dove convivono identità politiche, sindacali e soggettive consolidate. Il fatto che Il Comitato No Debito – ad un anno dalla sua nascita – sia l’unica coalizione politica e sociale ancora attiva, conferma che, nonostante le evidenti difficoltà complessive, esso rappresenti una esperienza anomala ma positiva nel panorama politico italiano.

L’attivazione della manifestazione nazionale del prossimo 27 ottobre – con la nascita di un comitato promotore più ampio – da un lato è un importante segno di vitalità politica, dall’altro il seminario conferma che non si intende procedere sul piano del movimentismo passando da una manifestazione all’altra ma consolidare passo dopo passo un percorso capace di indicare alternative e controtendenza rispetto alla frammentazione e disgregazione che ipotecano la sinistra politica e i movimenti sociali e sindacali nel nostro paese.

I temi intorno ai quali è ruotata la discussione nel seminario hanno messo i piedi nel piatto su diverse questioni sulle quali da tempo c’era aspettativa. A partire dalla questione se l’uscita dall’euro dovesse diventare il perno dell’iniziativa del Comitato No Debito. Una discussione non facile perchè in essa convivono esigenze di identità (insidiate dalla demagogia della destra sul ritorno alla moneta nazionale), problemi di credibilità rispetto alle ripercussioni economiche (sulle quali pesano gli stimoli e i difetti di una visione economicista o “tecnica” che divide ferocemente anche gli economisti a noi più prossimi), ma anche di credibilità delle proposte rispetto al “senso comune” che l’egemonia della borghesia europea sulla intoccabilità dell’euro è riuscita ad imporre con ogni mezzo (dal terrorismo psicologico ai risultati elettorali) anche nei settori popolari.

La discussione è ruotata – con posizioni assai diverse – sui temi del ritorno alla sovranità nazionale rispetto alla moneta unica europea o, diversamente, della proposta di una rottura con l’euro attraverso una visione “internazionalista” che prevede una nuova e diversa area monetaria dei paesi Piigs e mediterranei.

Il dibattito non ha dato ovviamente risposte definite ma ha chiarito opportunamente come in qualsiasi caso l’uscita dall’euro non possa essere la premessa ma la conseguenza di un programma di rottura con la schiavitù del debito pubblico che rimetta radicalmente in discussione il debito e -con le nazionalizzazioni delle banche e della banca centrale –  il sistema di unificazione politico-economica dell’Europa costruito dalla borghesia europea in trenta anni. La rottura quindi non può che essere tutta politica piuttosto che economica.

Specularmente la discussione ha affrontato la natura dell’Unione Europea sottolineando l’illusiorietà delle proposte di “riformabilità dell’UE” così come si è venuta configurando. La UE e l’euro sono nati come strumenti delle oligarchie europee (alcuni l’hanno declinata già come borghesia europea o borghesia imperialista europea) che si va definendo come tale superando la dimensione nazionale e assumendo un carattere sovranazionale che oggi spinge anche per una forma statuale corrispondente sul piano politico e decisionale a questa dimensione. In questo senso l’Italia non va ritenuta un paese “commissariato” ma un paese che la classe dominante intende integrare dentro questo progetto ai livelli più alti (nonostante i costi sociali che tutto ciò comporta) e come parte integrante del processo di gerarchizzazione messo in campo dalle oligarchie europee. Evitare quindi un approccio economicista o riformista sembra essere un passagio non eludibile per rimettere in campo una prospettiva alternativa da presentare al nostro blocco sociale di riferimento e non solo nella dimensione strettamente nazionale del nostro paese. 

E’ evidente che la dimensione europea del conflitto sia lo scenario da praticare e da perseguire ma è altrettanto evidente che il rafforzamento e il radicamento sociale sul piano nazionale ne è una condizione preliminare per essere credibili e propositivi anche nei confronti dei movimenti negli altri paesi.

Sollecitazioni ci sono state anche per una lettura più profonda della natura della crisi che attanaglia il sistema capitalista dominante. In questo senso diversi interventi hanno sollecitato una messa a punto del rapporto tra la battaglia strategica sul No Debito con gli effetti concreti della crisi, soprattutto per quanto riguarda le fabbriche in crisi e a rischio chiusura dove le lotte di resistenza dei lavoratori stentano a trovare i terreni di ricomposizione su un terreno e programma comune. Su questo si registra un arretramento pesante della “coscienza di per sé” della classe lavoratrice nel nostro paese che pure non solo esiste ma si estende attraverso la proletarizzazione di una parte di ceti medi investiti e devastati dalla crisi. Un dato soggettivo quindi che non può essere eluso e che mette il Comitato No Debito di fronte alla ricerca di obiettivi, strutturazione,modalità di intervento e azione che consentano di intercettare i settori sociali con i qual costruire un fronte e una ipotesi di conflitto.

Nella discussione, non ci sono stati interventi che possano dirsi contenere “una tesi prevalente sulle altre” ma elementi di verità che possono e devono trovare una sintesi che non sulla base di una mediazione di linguaggio quanto una convergenza sugli elementi comuni a livello più avanzato possibile nel contesto di un organismo plurale e unitario come il Comitato No Debito.

Il seminario è stato dunque utilissimo per visualizzare le questioni superando le insufficienze dei cinque punti che sono stati alla base della prima assemblea del 1 ottobre del 2011 (un’altra fase storica con Berlusconi al governo e il progetto Monti che doveva avviare concretamente la sua micidiale tabella di marcia).

Il dibattito è stato un confronto vero e per molti aspetti corretto anche tra valutazioni diverse, creando un clima e uno spirito giusto per arrivare nei prossimi mesi ad una sorta di conferenza di programma del Comitato No Debito che sistematizzi la piattaforma con la quale intende entrare in campo nel delineare una alternativa necessaria alla crisi di civiltà del capitalismo, una crisi dalla quale il sistema dominante potrebbe uscire più indebolito ma può uscire anche più forte. 

L’invito è quello di replicare e articolare la discussione anche nei comitati No Debito locali sui temi affrontati nel seminario nazionale del 21 e 22 settembre magari con seminari nelle varie città dove siamo presenti.

A tale scopo la sistemazione di questioni programmatiche poste nelle schede prepatorie insieme agli elementi emersi dal dibattito vengono assunti come base della discussione dei prossimi mesi.

L’azione soggettiva nel nostro come negli altri paesi dell’Unione Europea deve giocarsi le sue carte e le sue soluzioni, a partire però dal presupposto che questa Europa non è riformabile e che senza organizzazione non si produce autonomamente un conflitto sociale più avanzato delle singole vertenze o lotte di resistenza.

Comitato No Debito

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